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PIANTI E RIMPIANTI - LUCA BEATRICE DÀ IL BENSERVITO AL DYBALA FRIGNONE: "L'ULTIMA MODA NEL CALCIO È DISPERARSI QUANDO SI LASCIA UN CLUB. PAULO PERÒ HA AVUTO 7 ANNI PER DIVENTARE PRIMATTORE ALLA JUVENTUS SENZA RIUSCIRCI: SE VOLEVA PIÙ SOLDI DOVEVA MERITARSELI SUL CAMPO. MA DA QUELLA PARTITA CONTRO IL BARCELLONA NEL 2017 IN CUI TUTTI GRIDAMMO AL NUOVO MESSI, NELLE SFIDE IMPORTANTI LA 'JOYA' O SI ECLISSAVA O LE SALTAVA PER INFORTUNIO…"

Luca Beatrice per "Libero Quotidiano"

 

LUCA BEATRICE

Il gusto della lacrima in primo piano, avrebbe detto Giorgio Gaber. Dopo il mondo dello spettacolo e della tv anche il calcio è invaso da pianti incontrollati per gli addii dai verdi campi, dai monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo, versione manzoniana dell'abbandono contemporaneo.

 

bonucci dybala

Non sono tra i qualunquisti capaci di parlare solo di soldi, importanti ma non rappresentano tutto nella vita dove invece esistono i sentimenti, per fortuna.

 

La penultima giornata di serie A è stata contrassegnata dal pianto: ha cominciato Lorenzo Insigne a Napoli - ma forse erano più tristi i tifosi del Genoa retrocesso in serie B - e ha finito Paulo Dybala, inconsolabile, vittima di una società crudele che ha deciso di non rinnovargli più il contratto.

 

dybala

In mezzo, dignitoso e dritto, il congedo di Giorgio Chiellini, capitano della Juventus e della Nazionale, penultimo eroe del ciclo vincente bianconero, uno che la storia l'ha scritta davvero ma il fisico non gli regge più come un tempo e quindi ha pensato a una possibile esperienza americana, poi si vedrà. Giusto il tributo che si deve a un capitano per il valore simbolico: toccò a Del Piero, a Buffon ora a Chiello, fu ed è commozione vera.

 

bonucci dybala

L'ULTIMO LAMPO

Stesso stadio, stessa partita, Juve-Lazio con i soliti bianconeri sciagurati di questa stagione e l'ex Maurizio Sarri sulla panchina romana, ultimo a vincere lo scudetto a Torino da mal sopportato e forse unico allenatore a capire qualità e limiti di Dybala.

 

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Che nella Juve ha avuto sette anni di tempo per recitare il ruolo di primattore senza riuscirci, per un motivo o per l'altro. L'ultimo suo lampo assoluto risale all'aprile 2017 quando con una doppietta e una prestazione stellare schiantò il Barcellona.

 

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Trovato l'erede di Messi, scrivemmo tutti quanti, ma non fu vera gloria perché a fronte di bellissimi gol contro squadre di seconda fascia, nelle partite importanti la Joya o si eclissava o la saltava per infortunio. Da Cardiff 2017 finale di Champions a Roma 2022 finale di Coppa Italia, sono più le lacrime versate dai tifosi per brutte sconfitte e prestazioni mediocri rispetto a quelle andate in scena lunedì.

 

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Tutto estetica e fragilità, Paulo Dybala rappresenta quella nuova specie piuttosto nutrita di giocatori che reclamano affetto e protezione come i panda. Piace infatti a ragazzini e ragazzine dalla commozione facile, cresciuti con i reality e la lacrima sempre in tasca buona per qualsiasi causa.

 

Piace perché non dimostra i 29 anni, ha la faccia da cucciolo e anche il gesto di esultanza, la famosa Dybala Mask, è un nascondere qualcosa del viso, segno molto adolescenziale. Per farlo crescere Andrea Agnelli e la dirigenza gli hanno affiancato prima il bomber Pipita Higuain poi il divino Cristiano Ronaldo ed ha patito il dualismo con entrambi.

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Con Allegri tante discussioni per quale ruolo destinargli, e sempre l'opinione pubblica dalla sua parte, volete mettere un argentino malinconico rispetto a un livornese verace?

 

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VOLTARE PAGINA

Le lacrime di Dybala non hanno origine venale. Non è stata questione di denaro, semplicemente la Juventus ha deciso di voltare pagina, come ha fatto con tanti altri, perché non ci credeva più.

 

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E lui si è ritagliato ancora una volta il ruolo di vittima designata, non con dolo ma con quella studiata ingenuità di un ragazzo non ancora cresciuto.

 

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Tutto lo stadio (non tutto) si è commosso per il suo addio, ad agosto se lo ritroverà molto probabilmente all'Inter e sarà un nemico dal quale guardarsi perché così va il mondo e non c'è proprio niente di male.

 

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Debbo dire però che al viso stravolto dalle lacrime dell'ex numero 10 preferisco la maglia bagnata dal sudore di Giorgio Chiellini. Il capitano. I finali deamicisiani lasciamoli ai meccanismi della finzione.

 

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