CHI NON MOORE (HENRY), SI RIVEDE – RIELLO: LE GOFFE E SINISTRE ARMATURE DELLO SCULTORE INGLESE IN MOSTRA ALLA 'WALLACE COLLECTION' - IL CASCO DELL'OPLITA CORINZIO, LE "BARBUTE" MEDIEVALI DI PROVENIENZA VENEZIANA, GLI APPUNTITI "BACINETTI" DEI CAVALIERI GERMANICI, LE CRUDE FATTEZZE DELL'ELMETTO BRITANNICO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE - "L'IDEA DI MOORE DI UNA TESTA UMANA VISTA COME UNA STRUTTURA FATTA DI STRATI PARZIALMENTE SOVRAPPOSTI DOVE IL VUOTO VALE ALMENO COME IL PIENO"

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Antonio Riello per Dagospia

 

Quasi nascosto nel cuore di Londra, vicino a Marylebone High Street,  c'è un piccolo museo: la Wallace Collection. Un  gioiellino che raccoglie gran parte delle collezioni personali del Marchese di Hertford e dell'eccentrico Sir Richard Wallace, accumulate rispettivamente nel corso del Settecento e dell'Ottocento. Una realtà che fa parte della rete dei Musei Nazionali fin dal 1897 ma che è per lo più ignorata dai flussi turistici e, a dire la verità, non troppo frequentata nemmeno dagli stessi londinesi.

 

E' un virtuoso esempio di quel collezionismo colto che solo certi tipi di educazione (e grandi patrimoni) potevano rendere possibile. Un'avventura che richiedeva ovviamente tempo, curiosità, dedizione e mezzi quasi illimitati.  Ci sono opere d'arte (in particolare tele), arredi (soprattutto francesi), ceramiche (molte italiane), libri rari e una collezione di armi e armature che è una delle più importanti del mondo. Una specie di incrocio, su piccola scala, tra il Victoria & Albert Museum e la National Gallery. Vengono in mente lo stile della Frick Collection di New York e le atmosfere del Museo Stibbert di Firenze.

 

Un posto insomma dove la "Grande Arte" e le più umili "Arti Applicate" convivono egregiamente in un aristocratico mix di generi. Gli abbinamenti più improbabili ed eclettici hanno l'aria di essere qui impeccabilmente al loro posto, comandati da un destino felice. Il risultato? un semi chaos ordinatissimo ed estremamente piacevole. E pure rassicurante.

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Non mancano opere di pregio di Antoon van Dyck, Thomas Gainsborough, Frans Hals, Francois Boucher, Antoine Watteau, Canaletto, Esteban Murillo, Andrea del Sarto, Peter Paul Rubens. Imperdibili sono comunque il ritratto del figlio di Rembrandt, Tito, e la celebre e gioiosa dama in altalena dipinta da  Jean-Honoré Fragonard.

 

Abbonda il mobilio di ogni foggia ed epoca. Orologi antichi, argenti e posateria a bizzeffe. Possiede perfino una piccola, ma non disprezzabile, raccolta di reliquie napoleoniche (bizzarra cosa per una città dove Bonaparte era stato considerato a lungo una reincarnazione moderna del "Flagello di Dio").

 

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L'ala che contiene i reperti militari antichi è forse la più nota perchè non ha rivali, almeno a Londra. E' uno scintillante (molte corazze letteralmente luccicano) guazzabuglio di attrezzature guerresche che provengono da vari paesi. Non manca niente in fatto di arte bellica: dall'Antica Grecia ai Samurai giapponesi, passando ovviamente per la grande stagione del Medioevo europeo. Gli oggetti più affascinanti ed eleganti rimangono quelli prodotti dagli armorari italiani, soprattutto milanesi, del Cinquecento. Erano delle dinastie artigianali (la più nota è quella dei Negroli) i cui atelier producevano, più che delle armature, dei veri e propri abiti di gala in acciaio.

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Capolavori che hanno dell'incredibile e che erano ricercatissimi da tutti i regnanti (francesi compresi!). Era come farsi fare un abito su misura da un grande stilista. L'alta moda e l'industria del lusso italiane potrebbero aver avuto le loro radici proprio in questa "Grande maniera" (come veniva chiamata al tempo dagli addetti ai lavori) e forse non è solo una coincidenza  che tutto ciò sia accaduto proprio a Milano. Caso vuole che la celebre Medusa, simbolo di una nota casa di moda milanese contemporanea che tra l'altro ha usato molto l'acciaio negli anni ottanta, la si ritrovi pari pari in uno scudo da parata fatto da Filippo Negroli nel 1570.

 

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Henry Moore (1898-1986), il "padre nobile" della scultura britannica, originario dello Yorkshire ma naturalizzato londinese, negli anni trenta era uso passare molte ore proprio nelle sale delle armi di questo museo. E ne trasse sostanziosa ispirazione. Gran parte del lavoro che ne scaturì è ospitato in questi mesi proprio alla Wallace, grazie anche alla fattiva collaborazione della Henry Moore Foundation. Nella sezione espositiva semi-interrata dell'edificio si possono ammirare circa sessanta sue opere tra bozzetti, disegni, maquettes in gesso e fusioni in bronzo.

 

Parecchie sono inedite oppure sono stati esposte solo occasionalmente. La fascinazione di Moore per gli elmi e i caschi era profonda e l'artista sembra conoscesse a memoria le caratteristiche formali di molti manufatti della collezione.

 

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Per lui, in qualche caso, le crude fattezze dell'elmetto britannico della Prima Guerra Mondiale si mescolano con il casco dell'oplita corinzio. In altri sono le "barbute" medievali di provenienza veneziana che ispirano lo scultore, oppure gli appuntiti "bacinetti" dei cavalieri germanici.

 

Le "Helmet Heads" sono appunto opere fatte di un intrico di strati che sembrano una serie di elmetti sovrapposti e sbilenchi. Il punto focale di Moore è l'idea della testa umana vista come una struttura fatta di strati parzialmente sovrapposti, dove il vuoto vale almeno come il pieno. Anzi per questo artista l'assenza di materia sembra significare più della sua presenza. Le goffe e sinistre armature della Wallace paiono in qualche modo insinuate stabilmente nella ricerca di Moore, lo si capisce osservando le sue opere anche di molto successive a questo periodo.

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I musei, come questo, con l'aria un po' vecchiotta, tranquilla e polverosa sono stati alla fine meno innocui del previsto, hanno infatti influenzato attivamente lo sviluppo delle avanguardia artistiche del secolo scorso. Una cosa abbastanza simile era successa a Parigi con il Musée de l'Homme dove le statuette della cosiddetta "Arte Primitiva" avevano avuto grandi riflessi (radicali, se non addirittura rivoluzionari) sulle poetiche del giovane Picasso e del giovane Brancusi. Aveva ragione Bertrand Russell: le grandi rivoluzioni del Novecento hanno avuto tutte la loro origine nel (noioso e borghesissimo) secolo precedente.

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PS. Una magnifica caffetteria coperta è ospitata nel cortile interno della struttura. Rifugio perfetto per una piccola pausa/ristoro confortevole e un po' démodé (e quindi automaticamente molto trendy)

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The Wallace Collection

Hertford House, Manchester Square,

Londra W1U 3BN

fino al 23 Giugno 2019

 

ANTONIO RIELLO ANTONIO RIELLO

 

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