jim dine

UN MARZIANI A ROMA – I CELEBRI CUORI, LA SALA TUTTA DEDICATA AI PINOCCHIO (CON DUE POEMI COMPOSTI APPOSITAMENTE), LA BLACK VENUS DEL 2001 E DUE AUTORITRATTI: IL GIGANTE DELLA POP ART JIM DINE IN MOSTRA AL PALAEXPO’ - "IL SUO VIAGGIO È PARTITO DA UNA CRAVATTA E UNA SCARPA (TRA I PRIMI SOGGETTI POP DI DINE) E CERCA DA SEMPRE NUOVI ARCHETIPI CHE TENGANO AL CENTRO L’ESSERE UMANO" – VIDEO

 

Gianluca Marziani per Dagospia

 

 

JIM DINE

Per noi Marziani la vostra arte anni Sessanta è motivo di stupore felice, prova provata di un cervello collettivo che funzionava ad una velocità e veggenza fuori dal comune, sperimentando idee su piani condivisi, stravolgendo senza distruggere, creando avanguardie longeve e prismatiche. Se osservo il presente più fluido e performativo, ritrovo radici che parlano di happening ed environment, tutta roba che prese forma matura tra il 1960 e il 1978, talmente innovativa da diventare oggi la grammatica di molti nuovi talenti, un manuale d’uso e consumo che sta alimentando la moda, reinventando la musica elettronica, ampliando la vita del design, oltre a generare artisti visivi dal linguaggio inclusivo.

 

Questa favolosa mostra su Jim Dine (a cura di Daniela Lancioni) mi ha confermato il valore di una corrente direzionale nel Dopoguerra, un comune sguardo sugli oggetti, sul consumismo da banco, sul modo di usare il corpo, sul legame tra idee e azioni. In fondo, se è ancora tanto esteso l’arco d’influenza, significa che il solco degli anni Pop era profondo e detonante, il primo tratteggio sociale che mescolava arte e vita sul filo dei linguaggi contaminati, della ribellione ideologica, dei costumi scostumati, della tecnologia implementabile.

 

JIM DINE

Noi Marziani, scoprendo il vostro Novecento culturale, abbiamo capito subito che la Pop Art non significava cazzeggio estetico e superficialità da arredo, semmai si stavano asciugando le lingue futuriste e dadaiste, con aggiunta di merci e valore morale, feticci e ragion pratica del giudizio. New York era il posto migliore per accelerare lo sguardo: metropoli laica e meticcia, zona franca per spiriti radicali, laboratorio urbano in cui l’artista instillava valore al consesso sociale.

 

Qui bazzicavano Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Andy Warhol, Roy Lichtenstein, James Rosenquist, Jim Dine appunto, uno dei primi a cimentarsi con azioni parossistiche e metaforiche, happening di primogenitura spontanea che disegnavano un underground d’eccellenza, generatore sinaptico d’influenze che oggi elettrizza Alessandro Michele, Demna Gvasalia e Virgil Abloh (tre fashion designer che pensano e agiscono per archetipi artistici).

 

JIM DINE

Nel 1960, con “The Smiling Workman”, Dine indossò un mantello rosso, si verniciò la faccia di rosso e nero, iniziò a fare versi e grugniti, scrivendo parole su una grande tela da tre metri. Con “A Shining Bed”, sempre nel 1960, impersonò un Babbo Natale primitivo che, in una camera buia, inscenava un rito di catarsi selvaggia e onanistica. Due esempi per comprendere il clima creativo del momento e le radici antagoniste di coloro che, per comodità libraria, furono inclusi nel bosco magico del Pop. In realtà Dine era un inquieto visionario tra sciamanesimo, cultura mediterranea e modernità americana, un crogiolo vivente di apparenze “facili” che nascondevano drammaturgia e urgenza semantica. Anche i suoi celebrati quadri pop giocavano e ancora giocano tra evidenza e nascondimento: le bretelle rosse su pittura rossa o la vanga nera su pittura nera sembrano contratti ironici tra artista e merci, in realtà pulsano di simbologie esistenzialiste, tra autobiografia distopica e temi filosofici, assenza e parzialità, energia superficiale e antipolitica militante.

 

JIM DINE

Visti assieme, i quadri degli anni Sessanta mantengono alta la loro coerenza energetica, definendo un’archeologia urbana che somiglia ad un continuo presente: il pezzo con gli elementi volumetrici di un bagno (White Bathrooms del 1962), quello coi quattro riquadri di colore e altrettante saponette con scomparto (Four Soap Dishes del 1962), il polittico in quattro elementi con poltrona e doccia reali (Four Rooms del 1962), esempi di un periodo ad altissima fertilità cosciente, sorta di estasi intellettuale che stava teatralizzando il quadro, come una quinta tra veggenza e nuova metafisica. Il clima pop stabiliva un’apparenza e una serie di stratigrafie concettuali, a riprova di un movimento complesso che leggeva il proprio tempo dentro un tempo secolare.

 

JIM DINE

Pensiamo alla successiva ossessione di Dine per il cuore, primo archetipo del disegno elementare, che si è trasformato in un mantra pittorico su cui inserire colori, materiali e temi sempre diversi, ribaltando la retorica da diario adolescenziale. O la recente passione per Pinocchio, archetipo collodiano che Dine immagina per varianti scultoree, cambiando posture e colori, tratteggiando un esercito pacifico che osserva, muto e beckettiano, l’eccessiva velocità del presente. 

 

Il cuore e Pinocchio sono casi esemplari di un autore che, non fermandosi alla sua intuizione duchampiana, cerca da sempre nuovi archetipi che tengano al centro l’essere umano, i suoi sentimenti più o meno difettosi, le imperfezioni delle forme vissute, la bellezza di un lento consumarsi per rigenerarsi. Echeggiano l’arte greca e romana nel suo sottofondo, la pittura rinascimentale e la letteratura dei modelli morali, il teatro della prima tragedia e il palcoscenico del modernismo surrealista, echeggia l’arte italiana dei maestri classici, la filosofia esistenzialista dei francesi, il pragmatismo degli americani: tanti temi che si amalgamano in una miscela complessa che è solo dei maestri, un’alchimia cognitiva che porta l’arte oltre le sue origini, oltre le definizioni comode, oltre la superficie degli eventi.

JIM DINE

 

Mi piace congedarmi dal testo con il rimando ad un altro testo: mi riferisco a Jim Dine che scrive le sue poesie sul muro (ne trovate di bellissime nella sala su Pinocchio), dando alla calligrafia in stampatello una natura arcaica e al contempo futuristica, una scia densa che avvolge i suoi happening, le sue tele ambientate, le sue sculture, i suoi cuori… un viaggio che è partito da una cravatta e una scarpa (tra i primi soggetti pop di Dine) per attraversare i riti del corpo selvaggio, la natura moderna della civiltà, la complessità del consumismo, le ambiguità del Capitale, il tema della memoria, senza mai perdere coscienza del battito come emozione (cuore), della verità come ricerca (Pinocchio), della scrittura come coscienza, dell’arte come universo di vita.

 

JIM DINE JIM DINE

Ultimi Dagoreport

la scala opera attilio fontana ignazio la russa daniela santanche santanchè matteo salvini

A PROPOSITO DI… QUANTO PIACE LA MATRICIANA ROMANA - IL FORFAIT DELLE ISTITUZIONI ALLA PRIMA DELLA SCALA, IVI COMPRESO LA SECONDA CARICA DELLO STATO, IL SICULO-MILANESE IGNAZIO LA RUSSA, HA SPINTO IL GOVERNATORE DEL PIRELLONE LOMBARDO, ATTILIO FONTANA, INDOSSATI I PANNI DI NOVELLO ALBERTO DA GIUSSANO A DICHIARARE: “ANCHE SE TUTTI APPREZZIAMO LA MATRICIANA, IL NORD DÀ FASTIDIO” – DÀ COSÌ FASTIDIO CHE NEL GOVERNO DELLA “PULZELLA” DELLA GARBATELLA, SIEDONO BEN 6 MINISTRI “LUMBARD” SU 24. E BEN 5 SONO DELLA LEGA – A RISPONDERE A FONTANA, CI HA PENSATO IL RODOMONTE DEL CARROCCIO, SALVINI: “TRA UNA MATRICIANA E UNA CARBONARA TROVI I SOLDI PER SISTEMARE LE CASE POPOLARI”…

pam bondi

DAGOREPORT - COME MAI L’INFORMAZIONE ITALICA SI È TOTALMENTE DISINTERESSATA DELLO SBARCO A ROMA DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, LA FOSFORESCENTE SESSANTENNE PAM BONDI, ARRIVATA CON TANTO DI AEREO DI STATO IL 10 DICEMBRE? - EPPURE LA FEDELISSIMA DI TRUMP NON SI È TENUTA NASCOSTA: HA ALLOGGIATO ALL’HOTEL ST. REGIS, SI E’ ATTOVAGLIATA AL BOLOGNESE DI PIAZZA DEL POPOLO, HA INCONTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DI VIA ARENULA CARLETTO NORDIO, HA AVUTO L'INESPRIMIBILE GIOIA DI CONOSCERE IL VICEPREMIER MATTEO SALVINI A UN RICEVIMENTO DELL'AMBASCIATORE USA IN ITALIA, TILMAN J. FERTITTA. E, FORSE, LA BEN DOTATA DALLA NATURA PAMELONA HA PURE INCOCCIATO IL MINISTRO PIANTEDOSI - MA DELLA “VACANZA ROMANA” DELL'ITALOAMERICANA CARISSIMA A TRUMP, NON SI REGISTRA MANCO UNA RIGA SUI GIORNALONI DE' NOANTRI - VABBE', A NATALE BISOGNA ESSERE BUONI: MAGARI ERANO TUTTI TROPPO IMPEGNATI A SEGUIRE LA FESTILENZA DI ATREJU DEI FRATELLINI DI GIORGIA…

john elkann theodore kyriakou leonardo maria del vecchio

DAGOREPORT - L’OSTACOLO PIÙ TOSTO DELLA TRATTATIVA IN CORSO TRA IL MAGNATE GRECO KIRIAKOU E JOHN ELKANN NON E' L'ACQUISIZIONE DEL GRUPPO GEDI BENSÌ COME “RISTRUTTURARE” UN ORGANICO DI 1300 DIPENDENTI, TRA TAGLI ALLE REDAZIONI LOCALI, PREPENSIONAMENTI E “SCIVOLI”, DI CUI CIRCA 280 GIORNALISTI FANNO CAPO A “REPUBBLICA” E ALTRI 170 A “LA STAMPA” - LA PARTITA SUL FUTURO DEL QUOTIDIANO TORINESE, ASSET CHE NON RIENTRA NEL PROGETTO DI KYRIAKOU, NON ACCELERA CON LA CORDATA VENETA MESSA SU DA ENRICO MARCHI - NEL CASO LA TRANSIZIONE ELLENICA NAUFRAGASSE, LEONARDINO DEL VECCHIO HA CONFERMATO DI ESSERE PRONTO: “NOI CI SIAMO” - “NOI” CHI? ESSENDO “QUEL RAGAZZO'' (COPY ELKANN), DEL TUTTO A DIGIUNO DI EDITORIA, I SOSPETTI DILAGANO SU CHI SI NASCONDE DIETRO LA CONTRO-OFFERTA CON RILANCIO DELL’AZIONISTA DELL’IMPERO DEL VECCHIO, IL CUI CEO MILLERI È STATO ISCRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI CON CALTAGIRONE E LOVAGLIO, PER LA SCALATA DI MPS SU MEDIOBANCA-GENERALI - E DA TORINO, AVVISANO LE REDAZIONI IN RIVOLTA DI ROMA E TORINO DI STARE ATTENTI: DALLA PADELLA GRECA RISCHIANO DI FINIRE NELLA BRACE DI CHISSÀ CHI...

nietzsche e marx si danno la mano venditti meloni veneziani

VIDEO! “ATREJU E’ IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO, COME DIREBBE ANTONELLO VENDITTI” – GIORGIA MELONI CITA “COMPAGNO DI SCUOLA”, IL BRANO DATATO 1975 DEL CANTAUTORE DI SINISTRA. OVVIAMENTE MARX E NIETZSCHE NON SI DIEDERO MAI LA MANO, NÉ AD ATREJU NÉ ALTROVE. CIÒ È STATO ANCHE IMMAGINATO NELL’ULTIMO LIBRO DI MARCELLO VENEZIANI “NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO”. LO SCRITTORE IPOTIZZA COME MISE EN SCÈNE CHE LA SERA DEL 5 MAGGIO 1882 I DUE SI SIANO TROVATI IN UNA LOCANDA DI NIZZA (DOVE ENTRAMBI PASSARONO). NON SI CAPISCE BENE SE LA MELONI CI ABBIA CREDUTO DAVVERO – VIDEO

giorgia meloni balla ad atreju

GIORGIA, ER MEJO TACCO DI ATREJU! - ZOMPETTANDO COME UN MISIRIZZI, LA MELONI CAMALEONTE HA MESSO IN SCENA CIO' CHE SA FARE BENISSIMO: IL BAGAGLINO DI CORBELLERIE (''QUESTO È IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DANNO LA MANO'') E DI SFOTTO' SU ELLY SCHLEIN: "IL CAMPO LARGO L'ABBIAMO RIUNITO NOI... CON IL SUO NANNIMORETTIANO 'MI SI NOTA DI PIÙ SE VENGO O STO IN DISPARTE O SE NON VENGO PER NIENTE' HA FATTO PARLARE DI NOI" -UBRIACA DI SE' E DEI LECCAPIEDI OSPITI DI ATREJU, HA SCODELLATO DUE ORE DI PARACULISSIMA DEMAGOGIA: NULLA HA DETTO SU LAVORO, TASSE, SANITA', ECC - IDEM CON PATATE SULLA GUERRA RUSSIA-UCRAINA, SUL CONFLITTO STATI UNITI-EUROPA, SUL RUOLO DEL GOVERNO SU DIFESA E IL RIARMO EUROPEO - IN COMPENSO, HA STARNAZZATO DI VITTORIE DEL GOVERNO MA  GUARDANDOSI BENE DI CITARE MINISTRI O ALLEATI; SI E' INFERVORATA PER IL PARTITO MA NON RICORDA CHE L’HA FONDATO CON CROSETTO E LA RUSSA ('GNAZIO E' STATO DEL TUTTO OSCURATO AD ATREJU) - "GIORGIA! GIORGIA!", GRIDA LA FOLLA - OK, L'ABBIAMO CAPITO: C’È UNA PERSONA SOLA AL COMANDO. URGE UN BALCONE PER LA NUOVA MARCHESA DEL GRILLO - DAGOREPORT+VIDEO 

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

NAZARENO, ABBIAMO (PIU’ DI) UN PROBLEMA - L’ASSEMBLEA PD DI DOMANI RISCHIA DI TRASFORMARSI IN UN BOOMERANG PER SCHLEIN: I DELEGATI DISERTANO, A RIDOSSO DI NATALE, NESSUNO SPENDE SOLDI E TEMPO PER VENIRE NELLA CAPITALE AD ASCOLTARE UNA RELAZIONE SENZA DIBATTITO – LA MOSSA DEI PRETORIANI DI ELLY PER SCONGIURARE LA SALA VUOTA ED EVITARE IL CONFRONTO IMPIETOSO CON MELONI CHE CONTEMPORANEAMENTE FARA’ IL PIENO A ATREJU – SORGI: “BONACCINI ENTRERA’ IN MAGGIORANZA MA SE I RIFORMISTI NON DOVESSERO RICEVERE RASSICURAZIONI SULLE LISTE ELETTORALI, IL RISCHIO DI UNA EVENTUALE SCISSIONE, SI FAREBBE PIÙ CONCRETO…”