AMARO CARIGE – DOPO MPS, ABBIAMO UN’ALTRA BANCA CHE RESTA ORFANA, SUO MALGRADO: LA HOLDING TRENTINA “CASSA CENTRALE BANCA” NON ESERCITERÀ L’OPZIONE CALL SULL'80% DI CARIGE – COME NEL CASO SIENA, IL LIMBO DELLE GESTIONI DISSENNATE DEL PASSATO COMPROMETTONO FORSE PER SEMPRE L’ATTRATTIVITÀ – CARIGE PERDE 252 MILIONI NONOSTANTE LA DRASTICA CURA SUI COSTI NEL 2020 E NESSUNO CREDE A UN BALZO DEI RICAVI A DOPPIA CIFRA NEL 2021

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Fabio Pavesi per www.affaritaliani.it

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Dopo Mps, un’altra banca resta orfana suo malgrado. Il niet di Cassa Centrale Banca, la holding trentina del credito cooperativo, a esercitare l’opzione call sull’80% del capitale di Carige, in mano al Fondo interbancario dei depositi, lascia la banca ligure (per ora) senza compratori.

 

Il Fondo interbancario rimarrà azionista di controllo fino a che non si troverà un nuovo acquirente. Una situazione di stallo che mostra, come nel caso di Mps, come sia difficile ritrovare appetibilità per quelle banche finite nel limbo delle gestioni dissennate del passato che hanno compromesso forse per sempre la loro attrattività.

vittorio malacalza vittorio malacalza

 

Il passo indietro della holding delle cooperative segnala che al di là del Covid, la situazione resta, pur dopo quattro aumenti di capitale dal 2013 in poi, difficile in quel di Genova.

 

PERDITA DI 252 MILIONI SUPERIORE ALLE ATTESE

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I risultati del 2020, dopo che la banca è uscita dal commissariamento, non sono certo lusinghieri. La perdita consolidata è stata di 252 milioni, dopo il maxi-rosso del 2019 di 870 milioni. Una nuova perdita che supera di un centinaio di milioni le previsioni del piano industriale. Una perdita inaspettata che ha messo in allarme la promessa sposa CCb che ha preferito rinunciare all’acquisizione. Già ma da dove arriva il nuovo passivo di bilancio? Non dai ricavi del margine d’interesse rimasti stabili sull’anno precedente. Il nodo dolens è un altro.

mario sartori cassa centrale banca mario sartori cassa centrale banca

 

SULLE COMMISSIONI PERSO IL 15% IN 12 MESI

Viene dai ricavi commissionali dove Carige ha lasciato sul terreno 33 milioni di incassi sui 220 milioni registrati a gennaio del 2020. Un crollo del 15% in soli 11 mesi sulla seconda voce fondamentale della gestione ordinaria. Segno che la strategia di fare della nuova Carige una banca orientata al wealth management per ora non funziona.

 

A tenere su i ricavi complessivi, i proventi da cessione positivi per 44 milioni contro la perdita di 28 milioni alla fine della gestione commissariale. Non si può però contare per fare i bilanci negli anni successivi sui proventi da operazioni straordinarie che non sono strutturali.  Certo, la banca si è pulita dalle sofferenze tanto che la perdita da svalutazioni dei crediti malati è scesa da 461 milioni di inizio 2020 a solo 91 milioni a fine anno.

 

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SUI COSTI GIA’ RASCHIATO IL BARILE

Ma il dato che deve aver messo in allarme le banche cooperative trentine e ora anche futuri compratori è che Carige sui costi ha già raschiato completamente il barile. E nonostante la drastica cura sui costi ha comunque chiuso in perdita per 252 milioni.

 

Infatti, nel conto economico 2020 la spesa per il personale è scesa di ben 177 milioni, da 394 a 217 milioni e quelli degli altri costi amministrativi di altri 41 milioni. Totale in soli 11 mesi del 2020 la cura sui costi ha visto risparmi per la bellezza di oltre 250 milioni. Senza quest’apporto il buco sarebbe stato di oltre mezzo miliardo.

mario draghi mario draghi

 

Il problema è che sul fronte dei costi quel che andava fatto è già stato fatto nel primo anno del nuovo piano industriale. Ora per ripresa e il ritorno agli utili (probabilmente non prima del 2022) il vertice di Carige si affida come unica leva rimasta a un forte incremento dei ricavi. Quest’anno il margine d’intermediazione, secondo le previsioni della banca ligure, dovrebbe salire tra 430 e 450 milioni di euro con un balzo a doppia cifra rispetto ai 378 milioni con cui è stato archiviato il 2020.

 

NESSUNO CREDE A UN BALZO NEL 2021 DEI RICAVI A DOPPIA CIFRA

È plausibile un incremento in soli 12 mesi delle entrate di oltre il 15%? Sembra una cifra impossibile, dato che le migliori banche italiane in media vedono crescite dei ricavi stabili o nell’ordine del 3-4% massimo.

 

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E soprattutto Carige ha già nel primo anno di gestione ordinaria bucato l’obiettivo sulle commissioni nette perdendo per strada il 15% delle entrate in un anno. E pare che non basti a Ccb e agli acquirenti futuri neanche la ricca dote da 1 miliardo di Dta (imposte differite) che il compratore si porterebbe a casa. Più che la ritrovata pulizia di bilancio e la dote fiscali in regalo,  pesa sull’appetibilità e sul valore di Carige la difficoltà a fare nuovi ricavi tali da riportare finalmente in utile la banca.

 

QUEL MEZZO MILIARDO COSTATA CARIGE AL FITD

Anche perché finora dall’avventura in Carige il Fondo interbancario e quindi il complesso del sistema bancario italiano, ci ha solo smenato. Il Fondo ha svalutato le azioni Carige in bilancio. Ora rispetto ai 615 milioni di valore, la banca Carige vale nei bilanci del Fondo e dello schema volontario solo poco più di 100 milioni. Una perdita di quasi l’80% in poco più di 24 mesi.

 

Ora il Fondo non può che tenere duro avendo svalutato in modo massiccio la partecipazione dell’80% in Carige. In attesa di un nuovo spasimante che pare non essere ancora all’orizzonte.

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