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HUAWEI MA NON POSSO - IL COLOSSO CINESE DOPO L’INCHIESTA DI IACOBONI HA INVIATO UNA MAIL MOLTO CORDIALE A UNO DEI WHISTLEBLOWER CHE HA RIVELATO CHE LA DIRIGENZA CHIEDEVA DI COPIARE LE TECNOLOGIE DI CISCO: “CONDIVIDI QUANTI PIÙ DETTAGLI” - DE VECCHIS (PRESIDENTE DI HUAWEI ITALIA): “QUANDO LA CINA ERA LA FABBRICA DEL MONDO, IN OCCIDENTE NESSUNO AVEVA NULLA DA DIRE. ORA CHE FA INNOVAZIONE, E LA FA MEGLIO DEGLI ALTRI, IL CLIMA È CAMBIATO. LA GEOPOLITICA CI PENALIZZA”

1 – HUAWEI, MANO TESA DOPO LA DENUNCIA "MA DATECI I DETTAGLI"

Jacopo Iacoboni per "La Stampa”

 

huawei

Dopo la denuncia dei whistleblower provenienti dal German Research center di Huawei a Monaco di Baviera, raccontata in un' inchiesta su La Stampa, ieri, di primissima mattina, alle ore 7,52, i vertici del lab di Huawei a Monaco hanno scritto una mail molto cordiale a uno dei whistleblower, quello che ha deciso di rivelare pubblicamente a La Stampa la sua identità.

 

HUAWEI

Mail riassumibile così: caro Daniele, aiutaci con più dettagli possibili a chiarire, e eventualmente prendere misure, sulle accuse contenute nelle vostre denunce.

Prima di raccontare il succo di questa mail, conviene però riassumere la storia: alcuni ingegneri e fisici che lavorano o hanno lavorato nel lab di Huawei a Monaco hanno fornito chat tra loro, ma anche mail provenienti da top manager dell' azienda, dalle quali sembrano emergere due cose.

 

Uno: a marzo aprile del 2019 sarebbe stato chiesto agli ingegneri del Test Design Engineering lab di fare reverse engineering su un prodotto di Cisco, Cisco Nso, l' orchestrator dei network, prodotto per cui Cisco è leader nel mercato, strategico, tra l' altro, anche per dispiegamento e esecuzione dei servizi del 5G.

luigi de vecchis presidente huawei italia

 

Poiché il reverse engineering è una pratica border line, vietata dalla stessa Huawei, che può in determinate condizioni (e legislazioni) essere illegale (per esempio, in Ue, dinanzi a prodotti coperti da specifica licenza, come è il caso appunto di Cisco Nso), abbiamo chiesto ai whistleblower come spiegare ai profani il senso di «reverse engineering», per far comprendere ai lettori esattamente cosa sarebbe stato chiesto loro di fare. La risposta che ci hanno scritto è inequivocabile: «Spiare e copiare» (il prodotto di Cisco).

 

cisco nso

La seconda denuncia riguarda invece presunte discriminazioni, su base razziale o religiosa, in particolare dentro uno dei team di lavoro (quello guidato da N. Y.), con scarsa sensibilità mostrata dalle Risorse Umane (nella persona di A.K.) per indirizzarle e eventualmente sanzionarle. Esiste un carteggio interno all' azienda che va avanti da alcuni mesi, e che qui non riproduciamo. A chi, come Daniele Di Salvo, si è rifiutato di copiare Cisco, è stato detto - da un top manager cinese - «ti rispediamo dalla mamma». Ti licenziamo.

 

Usiamo il condizionale (e naturalmente proteggiamo l' identità dei manager Huawei, top e intermedi, citati in questi documenti) anche perché l' azienda ha dichiarato alla Stampa di avere in atto un sistema di compliance che potrebbe essere già in corso, e si basa su un blind trust di revisori esterni in caso di irregolarità o illeciti da parte del management o dei dipendenti.

huawei 2

 

Quel che è interessante è però che i vertici stessi del centro in Germania si sono mossi, in anticipo, e hanno deciso di contattare Di Salvo, con toni assai collaborativi. «Caro Daniele, sono felice di parlarti in qualunque momento tu ti senta a tuo agio. Potrei non avere ancora il quadro completo (della situazione), ma ho notato che alcune delle accuse che hai condiviso con me non hanno ancora il set completo di dettagli necessari (...) Capisci bene che se prendiamo azione contro dipendenti basandoci su queste denunce, dobbiamo fondarci su basi solide abbastanza da poter essere difese».

 

cisco nso

La conclusione è questa: «Alcune delle accuse che fai sono davvero gravi, e comportano conseguenze, da parte di Huawei, se risulteranno confermate. Per questo, se puoi, condividi quanti più dettagli puoi con me».

 

La mail è ricca di richieste di collaborazione al whistleblower sul fronte delle accuse sulle presunte discriminazioni razziali. Ma è notevoli che glissi sul cuore della denuncia: la presunta richiesta di copiare il prodotto di Cisco. Abbiamo chiesto una reazione anche alla multinazionale americana, che ci ha risposto di non voler fare commenti in questo momento.

 

2 – LUIGI DE VECCHIS PRESIDENTE DI HUAWEI ITALIA: "PER RUBARE QUEI DATI BISOGNEREBBE FARE LA GUERRA"

Gabriele De Stefani per “La Stampa”

luigi de vecchis foto di bacco (2)

 

«La verità è che quando la Cina era la fabbrica del mondo, ad Occidente nessuno aveva nulla da dire. Ora che fa innovazione, e la fa meglio degli altri, il clima è cambiato. È chiaro che le considerazioni geopolitiche pesano, ma noi siamo un' azienda privata e indipendente, che ha già saputo prendere le distanze dal governo di Pechino, e come tale dobbiamo essere trattati».

 

Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia, ospite di The European House Ambrosetti, quasi si scusa, alla fine del suo intervento nel dialogo con Massimo Giannini, direttore de La Stampa. La sua è un' arringa accalorata in difesa di un' azienda «leader perché investe, non perché ruba brevetti».

 

HUAWEI

Non entra troppo nel merito dell' inchiesta pubblicata ieri dal nostro giornale, che ha riportato le accuse di ingegneri di Huawei che lamentano di aver subito forti pressioni per spiare i concorrenti americani di Cisco e copiare i loro prodotti: «Chi conosce il mondo delle telecomunicazioni - è la posizione del presidente - sa che il controllo dei dati è così ferreo che per sottrarli e farli uscire da un' azienda bisognerebbe fare davvero la guerra».

 

xi jinping con il ceo di huawei ren zhengfei

Il ragionamento allora si fa più largo e mette al centro il ruolo di Huawei in un settore di rilevanza strategica nell' epoca in cui vince chi controlla i dati: «La nostra leadership tecnologica nasce per due motivi - prosegue De Vecchis -. Da una parte l' arretramento delle grandi aziende occidentali delle telecomunicazioni, che negli ultimi dieci anni hanno ridotto gli investimenti. Dall' altra, Huawei è la creazione di un imprenditore che ha sfruttato questo vuoto e, partendo nel 1985, è cresciuto investendo il 10-15% all' anno».

huawei

 

L' immagine restituita da De Vecchis, in sostanza, è quella di una Huawei campione sui mercati che rischia di ritrovarsi penalizzata dalle tensioni tra Cina e Stati Uniti. La geopolitica che fa del male a un' impresa privata: «Abbiamo condiviso 60 mila osservazioni nei comitati internazionali di standardizzazione ai quali non ci siamo mai sottratti, come ci ha riconosciuto di recente il ceo di Ericsson - aggiunge De Vecchis-. La nostra trasparenza è anche contabile: basta leggere i bilanci, certificati da Kpmg, per capire che non riceviamo finanziamenti pubblici. Investiamo 5 miliardi e mezzo all' anno in Europa e 600 milioni in Italia: vorremmo essere considerati per questo ed essere lasciati liberi di competere».

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