Francesco Spini per “La Stampa”
fabrizio palenzona foto di bacco
Cosa pensa degli sviluppi nella torinese Crt? «Non ne so niente di Torino». Fabrizio Palenzona spunta a sorpresa a Palazzo Parigi, l'hotel milanese preferito da Madonna e Lady Gaga. È qui per un convegno di finanza.
Circolano poteri sparsi e dunque nuota nel suo acquario: fa cose, vede gente. Tutto come prima, quando era il potente presidente della Crt, la terza fondazione del Paese. Un trono da cui è caduto, male, al termine di un blitz di palazzo.
Il consiglio, prima che lui si dimettesse, ha sfiduciato il segretario generale dell'Ente, Andrea Varese, suo fedelissimo. «Il suo giornale ha dato tutte le informazioni in un certo modo. Era molto informato. A modo suo, ma molto informato», dice Palenzona a proposito delle cronache di quei giorni caldi.
Forse, gli chiediamo, si aspettava qualche mossa più rapida da parte del ministero dell'Economia. Chissà, un commissariamento che è sempre lì lì, ma poi ti nominano un presidente sotto il naso: Anna Maria Poggi, la giurista torinese designata per la successione. L'ex dominus di Crt resta impassibile dietro la barba bianchissima: «Io sono istituzionale», dice.
La lunga notte
Eppure la storia di quella notte, di quel consiglio che lo vedrà finire in minoranza, la storia di un re senza più corona, si vede che lo urta. Lo urta perché troppe volte si è immaginato la stessa scena a parti invertite.
«La storia non si fa con i se e con i ma – premette Palenzona -. Ma facciamo un'ipotesi facile: se invece di essere io presidente, fossi stato io gli altri quattro. E nella stessa situazione, come Palenzona, nella sera stessa, mi fossi preso due cariche io, due cariche le avessi date al mio amico... Non avrei potuto nemmeno uscire di casa». Invece, nello specifico, «nessuno ha banfato… zitti, come se fosse una cosa normale. A me avreste tolto la pelle di dosso!».
Che non si sia trattata di una scena edificante, quella che ha visto i quattro congiurati (Caterina Bima, Davide Canavesio, Antonello Monti, Anna Di Mascio) spartirsi poltrone, questo giornale lo ha denunciato e lo ha rimarcato.
Ma a Palenzona, leone ferito e indomito, non basta. Perché non se ne capacita: «Io non ho mai vantato questo: ma più che farlo gratis, non prendere nemmeno un rimborso spese...
Non ho chiesto o voluto mai un incarico, quando tutti erano pieni di incarchi, e se ne accumulavano uno con l'altro. E questo non vale niente. Bisogna denigrare Palenzona? Va bene, ragazzi, ma ci vuole un limite, vedere qual è la situazione…».
FABRIZIO PALENZONA - MAURIZIO IRRERA - CATERINA BIMA - DAVIDE CANAVESIO - ANNA MARIA DI MASCIO - ANTONELLO MONTI
Piccola consolazione. Ora «han preso posizione i magistrati – fa notare -, i quali erano quelli che han scritto la lettera che non mi volevano». Vorrebbe congedarsi, Palenzona, ma una curiosità in più del suo interlocutore lo trattiene. Perché quella sera in consiglio ha deciso non già di andare a Torino e combattere, ma di rimanere a Roma, rendendo così più semplice il lavoro ai "congiurati"?
«Ho provato tutto il week end per dire: "Facciamo una riunione prima e parliamoci". La risposta è stata una lettera di quattro che dicono: convoca subito il consiglio». Morale: «Andate tutti a quel paese!». Palenzona non dice proprio così, ma il senso lo avete capito. Insomma: sta a Roma, perché capisce che la causa è persa.
Poi prosegue: «Uno sta lì un anno, fa delle cose che passano tutte all'unanimità. Non con problemi o altro: tutto all'unanimità. Un bel momento il consiglio dice: "Sfiduciamo il segretario"». L'ex presidente di Crt ricostruisce quello che succede, con lui che reagisce stupito: «Ma che cosa dite? Tanto le cose che addebitate a lui (a Varese, ndr), ossia di aver fatto l'esposto eccetera, le ho fatte io, quindi la responsabilità è la mia. Niente.
LE PRINCIPALI PARTECIPAZIONI DELLA FONDAZIONE CRT
"Collegio sindacale!", dice un altro. Convoco l'avvocato che si collega e dice loro che sono fuori strada». Insomma, nella sua ricostruzione sostiene che, dopo un battibecco, fosse divenuto evidente che Varese aveva fatto quanto in suo potere. «Quindi riprende la parola la Bima e dice: "Allora lo licenziamo perché tratta male i dipendenti". E vabbè, ma allora non c'è storia!», esclama.
A un certo punto Palenzona interrompe il racconto: «La diffido dallo scriverlo, guai a lei. Però si ricordi: io sono uno qualsiasi, ho tante cose da fare e continuerò a farle, però mi dispiace. Anche perché se la fondazione è quella roba lì, non è un caso.
Torino (intesa come la ex Cassa di risparmio, che nel 2002 fu incorporata in Unicredit, ndr) non era la terza banca italiana, si informi bene. Adesso è la terza fondazione, non certo per quei signori lì… Ma lasciamo perdere: chi si loda si imbroda...», dice ricordando la lunga liaison con la Fondazione iniziata nel 1995 come consigliere (spedito lì da se stesso, fresco di elezione a presidente della Provincia di Alessandria) e mantenuta anche quando non ha avuto incarichi ufficiali, per terminare con la presidenza.
Ora quel filo si rompe e restano i cocci di una storia con mille sfaccettature. «Però Torino – osserva - fa questa fine perché Torino è quella gente lì, è quella dirigenza lì. E difende, il sindaco, quella gente lì. Quindi non ha speranza, non c'è classe dirigente. Chi viene (da fuori, ndr), viene espulso. Questo è il tema».
L'inizio della fine
Una crisi, quella tra Palenzona e la Crt, di cui il "camionista", come viene soprannominato per la sua lunga storia al vertice dell'associazionismo legato all'autotrasporto, ritiene di conoscere l'anatomia.
«Sapete quando inizia la mia fine, ragionando con il senno di poi? Scade la Fondazione per l'arte contemporanea. Lo vedo che erano tutti mezzi di loro… Dico: mettiamoci qualcuno che capisce di arte contemporanea. Non è che ho fatto una scelta… era scaduto. Invece si mettevano tutti tra loro: gli emolumenti sono cumulabili.
patrizia sandretto re rebaudengo 6
Cosa faccio? Chiamo uno, esperto di arte contemporanea, e chiedo: "A Torino c'è qualcuno che capisce di arte contemporanea?". Dice: "Sì, a Torino c'è una delle trenta donne più famose al mondo nell'arte contemporanea". Chi è? "Patrizia Sandretto Re Rebaudengo". Io non la conosco, conosco il marito per altri motivi. Chiamo il marito, mi faccio dare il numero della moglie. Lei corre subito, mi dice: "Dottore la ringrazio. Erano 25 anni che aspettavo questa telefonata".
Fa il presidente? Sì, gratis. E si sceglie un consiglio di persone che lo fanno gratis. E sta programmando una mostra con Pinault alla Chambre de Commerce di Parigi. Una roba che non se la sono mai sognata, ma non gliene fregava niente, perché non ci guadagnano».
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Dicono che ora la Crt diventerà un'altra cosa, molto più tranquilla, lontana dallo scacchiere del potere. Palenzona pensa a prima che lui diventasse presidente: «Due anni fa alle Generali la fondazione Crt ha fatto una figura di palta (no, Palenzona non dice proprio così, ma il senso lo avete capito, ndr). Me la sono inventata io?». Fine delle trasmissioni. «Non scriva niente, ha capito?», intima il potente Palenzona. Dimenticando, però, che il nostro non è il mestiere dei parroci.
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