RENZI HA PERSO IL TOCCO MAGICO - CDP, ENI, ENEL, LEONARDO, FINCANTIERI: COL 4% E UNA PERSONALITÀ DEBORDANTE PUOI ANCORA OCCUPARE GIORNALI E TV, MA NON LE PARTECIPATE. IL RITORNO DI GORNO TEMPINI, DA LUI DEFENESTRATO DA CDP, È UN IMPORTANTE SEGNO DI DECLINO - IL SUO ''LICENZIAMENTO'' DI PROFUMO, CON SPINTA PER LA FUSIONE LEONARDO-FINCANTIERI? PERSINO BONO, CHE IL PIANO LO VOLEVA, NON È COSÌ CONVINTO - DESCALZI, DA LUI STIMATO, È STATO IMPALLINATO DA BUFFAGNI…

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Michele Arnese per www.startmag.it

 

Matteo Renzi sta innervosendo il premier Giuseppe Conte con il forcing poco democrat sulle misure fiscali, tanto che in simbiosi con il pentastellato Luigi Di Maio sta facendo riscrivere in parte la manovra (il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, prende nota).

Ma se il leader di Italia Viva è un protagonista della politica economica, sulla partita in corso delle nomine il suo attivismo al momento non produce risultati. Anzi, nel caso della Cassa depositi e prestiti (Cdp), si profila una squillante sconfitta.

 

giuseppe conte roberto gualtieri 9 giuseppe conte roberto gualtieri 9

In queste ore le fondazioni bancarie azioniste di Cdp (controllata dal Tesoro) stanno decidendo il successore di Massimo Tononi alla presidenza. L’ex banchiere di Goldman Sachs, già sottosegretario al Tesoro e già presidente di Mps, ha deciso di dimettersi: scarsa sintonia con il capo azienda Fabrizio Palermo e poca propensione a svolgere il lavoro istituzionale di raccordo tra soci e con le istituzioni, si dice nella maggioranza.

 

Nel fine settimana Francesco Profumo, presidente dell’Acri (l’associazione che riunisce le fondazioni bancarie) ha indicato — parlando con il Sole 24 Ore — le caratteristiche del prossimo presidente della Cassa. Profumo non ha fatto nomi ma l’identikit di fatto corrispondeva a quello di Giovanni Gorno Tempini: profilo istituzionale, esperienza del mondo bancario e finanziario, relazioni ad alto livello, conoscenza del mondo Cdp.

 

Gorno Tempini è stato infatti amministrazione delegato di Cdp quando la società controllata dal Tesoro era presieduta da Franco Bassanini. La nomina a presidente della Cdp per Gorno Tempini sarebbe una sorta di rivincita, ha scritto il Foglio con Alberto Brambilla: Gorno Tempini fu defenestrato in maniera brusca per volontà dell’ex premier, che volle ai vertici della Cassa Fabio Gallia come amministratore e Claudio Costamagna come presidente (che fu di fatto imposto alle fondazioni, invece per statuto gli enti esprimono il presidente).

Giovanni Gorno Tempini Giiseppe Guzzetti Paolo Morerio e Carlo Messina Giovanni Gorno Tempini Giiseppe Guzzetti Paolo Morerio e Carlo Messina

 

Renzi non ha avuto maggior fortuna — almeno finora — sulla sua idea ripetutamente caldeggiata di una fusione tra Leonardo (ex Finmeccanica) e Fincantieri. Un campione nazionale che non è nei progetti di Palazzo Chigi (come disse il premier Conte durante il governo giallo-verde). Non solo: il piano ha avuto il no di Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo (qui l’approfondimento di Start con la posizione di Profumo), al quale si è accodato per certi versi a sorpresa il numero uno di Fincantieri, Giuseppe Bono (“Io la penso come Profumo.

 

alessandro profumo matteo renzi alessandro profumo matteo renzi

 Bisogna capire cosa metti insieme, noi siamo molto forti nel civile, Leonardo pure, e poi abbiamo tutte e due una presenza nel settore della difesa, per altro in modo diverso”).  Bono, secondo le indiscrezioni giornalistiche, è da anni un fautore del progetto (sposato politicamente da Renzi). E un po’ non lo rinnega visto che poi ha aggiunto: “L’unico punto unificante è il discorso elettronico. Tutto si può fare, basta capire se c’è la volontà di assistere, ci vuole la volontà e gli investimenti”.

 

 

Non è finita. Nelle sue prime sortite da leader del movimento Italia Viva, Renzi oltre a invocare la fusione tra Leonardo e Fincantieri ha voluto elogiare alcuni capi azienda di gruppi partecipati dal Tesoro e che lui apprezza, avendoli tra l’altro scelti o confermati quando era presidente del Consiglio: Francesco Starace di Enel e Claudio Descalzi di Eni.

 

zingaretti di maio zingaretti di maio

“Quasi tutti i manager nominati al tempo del governo Renzi possono ragionevolmente disfare le valige, chi l’aveva già fatta, e rimettere gli effetti personali nei cassetti, chi aveva cominciato a svuotarli — ha scritto Sergio Rizzo su Repubblica — L’amministratore delegato dell’Eni, nominato nel 2014 in continuità con il suo predecessore Paolo Scaroni dal governo Renzi e riconfermato tre anni dopo da Gentiloni, è l’unico che balla davvero. Balla al punto da poter escludere che la sua riconferma sia all’ordine del giorno”.

 

Il pentastellato Stefano Buffagni, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel Conte 1 e ora viceministro allo Sviluppo economico, ha detto a fine settembre, il giorno dopo la notizia dell’avviso di garanzia a Descalzi: “Secondo me qualcosa in quell’azienda va cambiato… Dopodiché ci saranno i tempi necessari in cui si ragionerà di questo tema”. Il pentastellato — che viene considerato come un uomo delle nomine ai vertici del Movimento capeggiato da Luigi Di Maio — aveva premesso che il manager è innocente fino a prova contraria: “Il punto è il piano di Eni, non sono i nomi… il governo nei prossimi mesi ragionerà sui piani di sviluppo”.

buffagni alessandro profumo buffagni alessandro profumo

 

Anche le parole puntute di un altro esponente di spicco del Movimento sono arrivate nei giorni scorsi. Per le nomine ai vertici delle aziende partecipate il governo punterà su “merito e capacità”, “la politica sceglierà nelle prossime settimane e se ne prenderà la responsabilità”, ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, vicinissimo come Buffagni a Di Maio e con un ruolo crescente su questi dossier. Parole che possono essere lette come una scelta di discontinuità con le scelte fatte in passato? “Una nuova generazione di manager che inizino a fare esperienza nelle grandi aziende di Stato è importante crearla”, ha risposto Fraccaro.

 

danilo toninelli gianfranco battisti danilo toninelli gianfranco battisti

Ci sono invece inedite e parziali sintonie fra renziani e alcuni grillini nel giudicare l’operato di Gianfranco Battisti, capo azienda del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane. Dopo una velenosa interrogazione di Italia Viva, per difendere anche l’azione del predecessore di Battisti, Renato Mazzoncini (qui l’approfondimento di Start sull’interrogazione dei renziani), su Battisti — per il dossier Alitalia — si sono abbattute le critiche del senatore grillino Elio Lannutti che ha scritto su Facebook: “Niente offerta: Fs e Atlantia chiedono proroga. Perplessità di Mise e commissari. Battisti va cacciato al più presto dalle Ferrovie”.

 

Ma le nomine nella galassia delle società controllate o partecipate direttamente o indirettamente dallo Stato sono tante e le aspirazioni dei renziani saranno certamente esaudite in qualche modo dal premier Conte (che nel frattempo come attestano gli ultimi report di Swg cala nel gradimento degli italiani, così come il governo quadripartito M5s-Pd-Leu-Iv).

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