SE NON SPII, TI CACCIO - HUAWEI LICENZIA IL ''WHISTLEBLOWER'' ITALIANO CHE AVEVA DENUNCIATO L'AZIENDA: GLI AVEVA CHIESTO DI COPIARE E SPIARE IL PRODOTTO DELLA CISCO, AZIENDA CONCORRENTE AMERICANA. UNA DIRETTIVA EUROPEA PROTEGGE GLI INFORMATORI, MA I CINESI SE NE SBATTONO. PUR AVENDO AMMESSO DI AVER CHIESTO A DANIELE DI SALVO UN 'REVERSE ENGINEERING', CIOÈ DI PRENDERE UN PRODOTTO FINITO, SMONTARLO E CARPIRNE I SEGRETI

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Jacopo Iacoboni per “la Stampa

 

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«Caro signor Di Salvo, con la presente terminiamo il rapporto di lavoro dipendente esistente, con effetto immediato. Un proseguimento del rapporto di lavoro è inconcepibile per noi, da qualunque punto di vista. Per favore, riconsegni la sua stazione di lavoro e - se non l' ha già fatto - restituisca immediatamente tutti i dati di lavoro e di business, di comunicazione e i documenti, incluse copie e registrazioni, chiavi e ogni altro oggetto di proprietà della società, o che lei ha ottenuto per lavoro, che fosse ancora in suo possesso». Firmato: Ronghua Zhong, presidente del Munich Research Center di Huawei.

La lettera di licenziamento è stata recapitata a mano due giorni fa, lunedì 7 dicembre, senza timbro né affrancatura, direttamente nella cassetta postale dell' abitazione di Daniele Di Salvo (ma è datata 2 dicembre).

 

cisco cisco

Viene mandato via senza tanti complimenti uno dei whistleblower che hanno denunciato, prima all' azienda e poi a La Stampa, presunti gravi illeciti dentro Huawei: alcuni manager in azienda - secondo questi dipendenti o ex dipendenti che ci hanno girato documenti, mail e chat interne, e abbiamo intervistato per due mesi - avrebbero chiesto a ingegneri e informatici del lab di «copiare e spiare» un prodotto concorrente dell' azienda americana Cisco, Cisco Nso, strategico anche per dispiegare i servizi del 5G. E, seconda accusa, avrebbero messo in atto o consentito comportamenti discriminatori e razzisti. Il licenziamento di Di Salvo sta spingendo altri whistleblower a venire allo scoperto con nome e cognome con La Stampa.

 

La mattina stessa in cui avevamo raccontato l' inizio di questa storia, lunedì 1 dicembre, alle ore 7,52 Di Salvo aveva ricevuto una mail molto conciliante dal vicepresidente dello Huawei Research Center di Monaco, che lo invitava a fornire «più dettagli per aiutare eventualmente a prendere provvedimenti» con chi si fosse reso responsabile di irregolarità. Sembrava l' inizio di un percorso di dialogo, corroborato anche dal fatto che l' azienda ci aveva comunicato di avere un processo di revisione esterna (tipo blind trust) contro eventuali irregolarità, e a tutela dell' anonimato dei whistleblower. Due giorni fa, invece, questo processo è stato brutalmente interrotto: i provvedimenti sono stati presi, sì, ma contro il whistleblower Di Salvo. Licenziato.

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Abbiamo chiesto a Huawei una risposta su questi nuovi fatti. L' azienda di Pechino non vuole commentare sul caso Di Salvo. Spiega però: «Ribadiamo che non abbiamo compiuto nulla di illegale o che violasse la licenza. Riguardo al presunto caso di reverse engineering, dallo scambio di email pubblicato solo parzialmente da La Stampa risulta chiaro che era stata effettuata una esplicita richiesta per ottenere approvazione legale prima di compiere qualunque tipo di analisi, per verificare se il caso fosse coperto o meno dalla legislazione vigente.

 

Le nostre attività sono sempre state effettuate nel rispetto delle normative; rifiutiamo qualunque speculazione o accusa riguardo al fatto che siano state attuate, pianificate o suggerite violazioni della proprietà intellettuale. Inoltre, all' interno dei limiti stabiliti ad esempio dalla Direttiva Europea sul Software 2009/24/EG e dalla Direttiva Europea sui Segreti Commerciali 2016/943 il reverse engineering è permesso, ad esempio per scopi di interoperabilità (fra i prodotti)».

 

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Sostiene Di Salvo invece, e le date del carteggio mail - che La Stampa ha visionato integralmente - sembrano confermarlo, che la richiesta di parere legale sarebbe avvenuta solo dopo che il whistleblower si era rifiutato di compiere una pratica a suo giudizio illecita. Quanto al reverse engineering, l' Ue lo ammette solo se non esplicitamente vietato da licenze proprietarie (e Cisco ha una licenza che lo vieta; come Di Salvo obiettò ai manager Huawei). Ma la storia ora si è avvitata in un' altra: il 23 ottobre 2019, con la Direttiva 2019/1937, l' Unione europea ha vietato negli Stati membri il licenziamento di un whistleblower, sancendo «la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell' Unione».

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Cina ed Europa, in questo, adottano standard un po' diversi.

 

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