UCCI UCCI… QUANTO VI PIACE GUCCI – LA GRIFFE E BARILLA DOMINANO LE CLASSIFICHE SUL VALORE E LA REPUTAZIONE DEI MARCHI, IL PRIMO PER VALORE ASSOLUTO, IL SECONDO PER AVER REGISTRATO IL MAGGIOR INCREMENTO SULL'ANNO PRECEDENTE - CHE COSA DICONO QUESTE CLASSIFICHE? CHE IL COVID HA CAMBIATO L'ORDINE DELLE PRIORITÀ, MA NON HA SOVVERTITO I VALORI: I GRANDI MARCHI, ANCHE QUANDO HANNO PERSO (GUCCI -16% IN VALORE COMPLESSIVO), NON HANNO FATTO UN PASSO INDIETRO…

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Stefano Carli per "Affari & Finanza - la Repubblica"

 

gucci by alessandro michele 1 gucci by alessandro michele 1

Guida la classifica di Brand Finance per valore ma nell' anno della pandemia, che premia i prodotti più legati a esigenze essenziali come il cibo, è Barilla a crescere di più. Il mercato è cambiato e la qualità da sola non basta più. Gucci e Barilla capeggiano le classifiche di Brand Finance sul valore e la reputazione dei marchi, il primo per valore assoluto, il secondo per aver fatto registrare il maggior incremento sull' anno precedente. E questi due nomi dicono molto di come il settore dei grandi marchi sia passato sotto il rullo compressore della pandemia.

 

BARILLA BARILLA

Perché Gucci conferma il suo primato anche se ha perso un 16% di valore complessivo, mentre a guidare la lista dei marchi che hanno avuto performance controcorrente ci sono due realtà del largo consumo alimentare, Barilla, appunto e Nutella. L' analisi è di Brand Finance, che ogni anno a inizio primavera pubblica i risultati delle sue analisi su oltre 5 mila brand mondiali da cui distilla la Brand Finance Global 500, dove quest' anno la leadership è di Apple, che ha scavalcato in un colpo solo Amazon e Google.

 

GUCCI FA PARTE DEL GRUPPO KERING GUCCI FA PARTE DEL GRUPPO KERING

Che cosa dicono queste classifiche? Che il Covid ha cambiato l' ordine delle priorità ma non ha sovvertito i valori. I grandi marchi, anche quando hanno perso valore complessivo, non hanno però perso in reputazione, in capacità di guidare le scelte dei consumatori. Solo che il valore complessivo di un marchio, nella formula chimica messa a punto e perfezionata da 25 anni in qua da Brand Finance, è dato da un calcolato mix di fattori, in cui rientrano parametri come il valore delle royalty, il costo medio ponderato del capitale, il "valore del trademark", che tiene conto delle prospettive di fatturato, dei margini, dell' impatto delle marche nel settore specifico e della forza con cui il brand influenza le scelte dei clienti (dove vengono computati la gestione del marketing, i relativi ritorni in immagine e reputazione e le conseguenti business performance).

la campagna di valentino la campagna di valentino

 

Insomma, il valore dei grandi marchi quest' anno è sceso perché comunque i fatturati sono calati. E la cosa è particolarmente evidente in Italia dove il 25% del valore finanziario dei marchi fa capo al settore moda, l' 11% all' auto, il 9% all' alimentare e alle utility e via scendendo. E se Gucci ha mantenuto la sua prima posizione nonostante il calo del 16%, Enel ha confermato la seconda avendo perso solo il 5%, mentre Ferrari, pur con un meno 4%, ha scavalcato Eni al terzo posto. Per questo tra i marchi che invece crescono c' è alimentare, le cui vendite, sia interne che in termini di export, sono cresciute.

 

Con l' eccezione, come Valentino al terzo posto per crescita. «Questo è però l' effetto della sostanziosa perdita di posizioni di Valentino lo scorso anno», spiega Massimo Pizzo, managing director Italia di Brand Finance.

 

Dove la classifica di Brand Finance dice di più è nel confronto internazionale e nell' andamento globale dell' Italia, che sconta una sua debolezza strutturale.

GUCCI FEST GUCCI FEST

«Nella classifica mondiale - continua Pizzo - l' Italia ha solo 7 brand, che valgono l' 1% del totale: è poco, e siamo lontani da Francia e Germania, che ne hanno rispettivamente 32 e 22. È un effetto della dimensione media troppo piccola delle imprese italiane».

Il grosso del valore dei marchi spetta agli Usa, che pesano per il 46% («Ma erano sopra il 70% dieci anni fa», sottolinea Pizzo) Subito dopo segue la Cina, che persa il 20% del totale, e poi Giappone Francia, Germania Uk, Corea e il resto. «La grande sorpresa degli ultimi anni sono i marchi cinesi - afferma Pizzo - E questo dimostra quanto sbagli di grosso chi ancora pensa alla Cina come a un' industria di copie e di prodotti low cost.

 

enel enel

I marchi cinesi sono ormai competitivi a ogni livello ». Un campanello d' allarme da non sottovalutare per tutto il Made in Italy, perché se è vero che i prodotti del Bel Paese hanno ancora una reputazione di qualità indiscutibile, è altrettanto vero che questa qualità non è più appannaggio solo dei produttori tricolore. «La Global 500 ci dice che il valore dei marchi è ovunque in crescita - continua Pizzo - e che tutti sono cresciuti in qualità. Ciò fa una grande differenza perché vuol dire che la qualità è oggi diventata una commodity ». Un requisito generale imprescindibile per tutti e non più un fattore distintivo. Sulla qualità, insomma, l' Italia è stata raggiunta. E ora la differenza la fanno altri fattori.

GUCCI FEST - ALESSANDRO MICHELE GUCCI FEST - ALESSANDRO MICHELE

 

«L' esperienza della pandemia ha accelerato l' esigenza in tutti noi di cercare motivazioni più profonde in tutto ciò che facciamo - continua Pizzo - Si sceglie ciò che acquistiamo non solo per soddisfare una nostra esigenza ma anche per raggiungere uno scopo più generale, o per affermare valori. L' esempio classico è ancora una volta Apple: questo brand pur non avendo una tecnologia realmente superiore ai concorrenti, è in grado di ispirare i clienti e quindi produrre ampi ricavi e margini grazie al motto e alle relative implicazioni di "Think Different".

 

eni gas e luce eni gas e luce

Si chiama Brand Purpose, lo scopo di un marchio, il suo senso». Attenzione, è qualcosa che va anche oltre l' etica e la sostenibilità. Come per la qualità di un prodotto, che non è più vista come un valore aggiunto perché il prodotto deve comunque funzionare bene, anche la sostenibilità o l' etica, sono ormai caratteristiche necessarie ma non più sufficienti. per fidelizzare i clienti. «Oggi l' esperienza della pandemia ha accelerato l' esigenza in tutti noi nel cercare motivazioni più profonde in tutto ciò che facciamo - conclude Pizzo - e i consumatori premiano per questo i brand che hanno sposato una causa sociale».

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