DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - L’AMMIRABILE RIFACIMENTO DI “DEMON’S SOULS”, CAPOLAVORO GERMINALE, TERRIBILE E MERAVIGLIOSO DEL 2010, INAUGURA IL SORGERE DI PLAYSTATION 5 DIMOSTRANDO LE POTENZIALITÀ LUDICHE, VISIONARIE E SONORE DELLA NUOVA CONSOLE DI SONY. UN REMAKE STRAORDINARIO PER “VIVERE E MORIRE” MILLE VOLTE IN UN’OSCURA EPOPEA FANTASY OSTICA ED ESALTANTE - VIDEO

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Federico Ercole per Dagospia

 

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Mi inerpico per le vie impervie di un abisso corrotto. Ogni passo può precipitarmi nel verde e tossico vuoto mentre ghignanti deformità cercano di accoltellarmi e avvelenarmi. Non dovrei essere qui, almeno non ancora, perché non sono ancora abbastanza forte, nella mia opaca armatura, per affrontare questa terra infernale; tuttavia procedo, una morte e un trasfigurazione dopo l’altra, verso il fondo del baratro, giungendo infine ad un ampio acquitrino melmoso. Qui mi attende un abnorme ammasso di sanguisughe e devo sconfiggerlo perché mi serve a tutti i costi la sua anima. Muoio e torno al principio dell’orrido, ma ormai conosco la strada e la posizione dei suoi nemici. Ogni volta è più facile. Infine sconfiggo la putrescente creatura e ottengo il suo acido spirito.

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Dopo di ciò mi attendono gli orrori e le follie della Torre di Latria, manicomio e galera per folli osannanti dove vigilano micidiali guardie dalla testa di seppia che possono massacrarmi con uno o due attacchi magici. Ma riesco veloce nel mio obiettivo: liberare il saggio Freke dalle sue amare prigioni così che torni nell’atemporale sicurezza del Nexus.

 

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Qui il saggio può insegnarmi un incantesimo, utilizzando l’anima del demone-sanguisuga, un incanto velenoso e utilissimo. Ed ecco la chiusa di questo lento, faticoso peregrinare tra l’oscurità che non è che il preludio alla mia personale epopea virtuale: con la magia posso sconfiggere il tremendo re Duran nei pressi della sua decadente chiesa tra le mura del castello di Boletaria, un nemico che con la mia esperienza attuale mi può eliminare con un solo fendente; quindi lo avveleno e restando a distanza lo vedo estinguersi lentamente con la sua triste regalità. La spada di Duran è mia, l’unica e potentissima Demonbrandt.

 

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Ora Demon’s Souls, remake del capolavoro del 2010 in esclusiva per PlayStation 5 diventa più facile, non troppo ovviamente, anzi, perché mi aspetteranno altre spaventose prove, ma posso almeno sperare di sconfiggerlo. E alla fine ci riuscirò dopo oltre cinquanta ore di imprese cupe e meravigliose. Non temete dunque questo videogioco così punitivo ed esaltante, perché sebbene io abbia una consuetudine pluriennale con il genere non sono certo un campione,  e la paura delle sue ferree meccaniche, delle sue difficoltà e della sua ermetica vi farebbero perdere un’opera straordinaria e appagante, senza dubbio memorabile, in una forma nuova e magnifica.

 

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Bisogna accostarsi a Demon’s Soul simulando la mentalità di un jedi, senza paura ma con rispetto e impegno. Così potreste arrivare a batterlo con grande soddisfazione. E come tutti i grandi videogiochi, come Super Mario Bros o Tetris, Demon’s Souls è come uno strumento musicale, bisogna prima imparare a suonarlo con semplici accordi d’esercizio anziché buttarsi inconcludenti sullo spartito di una sonata di Beethoven. 

 

GLI SPLENDENTI ORRORI DI UNA TERRA MORTA

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Gioco di ruolo d’azione che preludiò il sorgere di Dark Souls e Bloodborne, anche Demon’s Souls ha una storia solo accennata, suggerita dallo spazio che attraversiamo più che da una narrazione convenzionale. Un cavalleresco mondo fantasy è ammorbato da una maledizione definitiva, divenuto luogo di demoni, mostri e uomini senza più anima.

 

Tocca a noi che giochiamo estinguere gli arci-demoni delle cinque macroregioni che compongono il mondo solenne e tetro di Boletaria. Si tratta di luoghi che nel remake rigoroso di Blue Point mantengono pressoché identica la struttura dell’originale di Hidetaka Miyazaki e acquistano una nuova dimensione di meraviglioso orrore, dimostrando con le loro luci, le forme e i colori, la potenza visionaria della nuova console di Sony.

 

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Ma non è solo una questione di estetica, il sentore di essere in una nuova epoca del videogioco è determinato anche dalla velocità fulminea, quasi inesistente, dei tempi di caricamento che snelliscono in maniera drastica l’esperienza e dall’audio tridimensionale che se ascoltato con le cuffie fornisce un panorama sonoro travolgente, all’altezza di quello visivo, facendoci percepire la posizione dei nemici e agghiacciandoci con mille variazioni di suoni terrificanti. Inoltre Demon’s Souls gira a 60fps stabili (se settate nelle opzioni la modalità “prestazione”) garantendo una migliore e più preciso “lavoro” del giocatore.

 

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Demons’ Souls si può affrontare con spade, lance, scuri, archi o magia, meglio alternando queste risorse, e offre un’avventura che può essere molto personale e soggettiva grazie alle diverse possibilità di interpretazione dei suoi spazi e dei suoi eventi. Risulta ancora valida, sebbene all’inizio di difficile interpretazione (ma ci sono ormai guide e riflessioni ovunque), la dinamica delle tendenze del mondo nere e bianche e di quella del protagonista. Cambiare l’orientamento etico-cromatico delle regioni verso i loro estremi provoca la comparsa di personaggi che altrimenti non si incontrerebbero mai, fra i quali i micidiali Fantasmi Neri, “boss” opzionali che offrono sfide complesse e gratificanti.

 

L’ALBA NERA DELLA NUOVA GENERAZIONE

Sebbene modellato per essere identico al classico originale, Demon’s Souls non ha la struttura di un gioco “vecchio” rivestito da una brillante nuova forma. Questo perché l’opera del 2010 è tuttora rivoluzionaria nel suo spirito germinale, il puro inizio di una drastica mutazione del gioco di ruolo d’azione e avventura, laddove ci sono fatica, turbamento, rabbia e  anche gioia, sentimenti di trionfo, la confortante illusione di avere compiuto una grande impresa lasciandoci alle spalle travolto dal nostro coraggio qualcosa che dapprima sembrava insormontabile.

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Con quest’opera dall’epica nera e disperata Sony inaugura vincente la nuova generazione di PlayStation, dimostrando non solo le qualità (peccato che quelle del controller Dual Sense non siano sfruttate al massimo potenziale) della sua quinta console domestica, ma l’importanza dei contenuti ludici sopra quella della macchina.

 

E come sempre dopo un Souls alla fine ci sentiamo vagamente malinconici, svuotati dell’anima, almeno quella ludica, come i cavalieri maledetti di Hidetaka Miyazaki dal loro spirito vitale. Succede quando finisce ogni cosa bella e Demon’s Souls Remake, oltre i suoi orrori e la sua terra morente, lo è. Qualcosa di bello in una maniera così profondamente diabolica da non escludere un antico splendore angelico.

 

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