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GROSSO GUAIO A CHINA INTER! SABATINI SALUTA SUNING: “NON SONO UN CIARLATANO...AVREI VOLUTO COSTRUIRE UNA STORIA PIÙ CONSISTENTE” – DIETRO LA ROTTURA I TROPPI PALETTI E LA SCARSA AUTONOMIA – ALL’INTER POTREBBE TORNARE BRANCA - ANCHE CAPELLO MOLLA SUNING E LASCIA LO JIANGSU

Guido De Carolis per il Corriere della Sera

SABATINI ZHANG

 

L’impero cinese si sgretola e perde due architetti della ricostruzione. Walter Sabatini, coordinatore tecnico di Suning e gestore del mercato dell’Inter, ha presentato le dimissioni (non ancora accolte) e Fabio Capello, scelto proprio da Sabatini, ha risolto il contratto con il Jiangsu di cui non è più allenatore. Esplode così il caos in casa nerazzurra. A inizio marzo, il 62enne Sabatini ha comunicato al patron Jindong Zhang la volontà di lasciare l’incarico e a oggi attende risposta.

 

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«Stiamo discutendo, ma non sono un ciarlatano: devo rispetto all’Inter e ai suoi tifosi. Sarebbe stato bello costruire una storia un pochino più consistente», ha detto il coordinatore tecnico parlando già al passato, quando ieri è uscito dalla sede del club. Non c’erano altri dirigenti nerazzurri. Steven Zhang è in Cina, il direttore sportivo Ausilio è in vacanza, l’amministratore delegato Antonello e il direttore generale Gardini erano a Roma per impegni con l’Eca, il vicepresidente Zanetti in Argentina. I cinesi stanno valutando se accettare le dimissioni, sembra però impossibile sanare una frattura amplificata dall’ultimo mercato. Il rapporto tra Suning e Sabatini, sotto contratto fino a dicembre 2018 con opzione per altri due anni, è andato in crisi a inizio agosto: troppi paletti e poca autonomia. Il proprietario Jindong Zhang si è via via disinteressato dell’Inter. Da oltre un anno non si vede a Milano, ma ha posto rigorose linee guida: rispetto del fair play finanziario e delle rigide direttive del governo cinese, contrario a esportare capitali da investire nel calcio. Così sono andate in fumo le promesse dello scorso maggio, quando arrivarono Sabatini e Luciano Spalletti.

 

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L’idea di creare un network di squadre di Suning in giro per l’Europa è abortita e pure la chance di un progetto di lungo respiro. Due fattori pesano sulla volontà di Sabatini: la reale volontà di costruire e l’asfittica catena di comando della galassia Suning e dell’Inter. Le lungaggini su ogni decisione hanno portato alla resa Sabatini, costrettoaessere più un politico che un guerriero.

 

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Allontanarsi dall’Inter è una scelta sofferta, i segnali però c’erano come pure le voci di un possibile ritorno dell’ex ds Marco Branca e dello sbarco dell’ad del Bologna Claudio Fenucci. Non aver potuto creare una squadra tutta sua, e i rifiuti di Suning all’arrivo di Ramires e Pastore, hanno fatto saltare il banco. «Andare in Champions sarebbe una consolazione per un’esperienza non esaltante», ha chiosato Sabatini, che ha rassicurato sul futuro di Spalletti: «Spero resti l’allenatore dell’Inter per un quinquennio». Chissà. Comunque sia, Suning esce con l’immagine distrutta dopo l’addio di Capello e Sabatini. Se due figure di spicco del nostro calcio lasciano di loro spontanea volontà significa una sola cosa: il progetto cinese non è credibile, ma è solo di un’allarmante fragilità.

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Mirko Graziano e Luca Taidelli per la Gazzetta dello Sport

 

Poche ore di bufera vera ieri mattina hanno di fatto ribaltato il mondo Suning. Walter Sabatini e Fabio Capello hanno chiesto la risoluzione del contratto. In tempi diversi: quindici giorni fa il 62enne dirigente di Marsciano (Perugia), settimana scorsa don Fabio. Ma le notizie sono emerse appunto solo ieri. I legali di Capello sono già a Nanchino per formalizzare l' addio allo Jiangsu sotto i vari punti di vista: in mattinata è atteso un comunicato ufficiale del colosso cinese. Sul fronte Sabatini bisognerà invece prima attendere il faccia a faccia fra le parti, con Zhang junior che potrebbe incontrare il dirigente nel giro di 24-48 ore.

 

Nulla va dato per scontato, appare comunque obiettivamente difficile pensare a un qualcosa di diverso dal divorzio. Solo con reali pieni poteri in mano Sabatini potrebbe infatti cambiare idea. «Stiamo parlando in un clima molto sereno - conferma l' indiscrezione lanciata ieri mattina su Gazzetta.it -, ma non fatemi altre domande, perché aspettiamo gli eventi.

 

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Stiamo discutendo, ripeto, in un clima di totale comprensione reciproca. Sarebbe stato bello costruire una storia un po' più consistente...». Parole che sembrano lasciare pochi dubbi... «Capello? Scarsa identità di vedute sulle cose fatte - continua Sabatini -, quindi Fabio ha chiesto e ottenuto la risoluzione del contratto. Il tutto senza polemiche o toni particolari, perché Suning ha apprezzato il lavoro fatto dal tecnico, la sua maestria e la sua esperienza nel tirare fuori la squadra da una situazione di classifica inizialmente difficile. Tutto si è svolto nel rispetto dei ruoli e della storia».

 

INCOMPATIBILITÀ A Milano ha lasciato in realtà il segno il burrascoso mese di gennaio, quello del mercato di riparazione, che poi non è stato tale. Facile immaginare che a «innescare» Sabatini siano state soprattutto le grandi difficoltà incontrate nel muoversi con la giusta autonomia in sede di trattative. Insomma, Walter non se la sente più di andare avanti senza poter incidere a modo suo su un mercato reso già molto difficile dai paletti del fair play finanziario e dalle restrizioni del governo cinese, senza trascurare il complicato meccanismo di comunicazione Milano-Nanchino anche in sede di normale amministrazione. Mal digeriti, anzi per nulla metabolizzati gli stop in particolare alle operazioni Ramires, Pastore e Texeira, con i due brasiliani di proprietà proprio dell' altro club di Suning.

 

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Si parla anche di uno scontro durissimo con la proprietà nelle ultimissime battute di mercato, ma a Sabatini è forse dispiaciuto di più il mancato concreto «appoggio» - o perlomeno vissuto come tale da lui - di alcune componenti italiane del club. E in questo senso scarso «aiuto» sarebbe arrivato anche da Spalletti, tanto che i due, si dice, si sarebbero sentiti poco o niente da inizio febbraio ad oggi. Sabatini e Ausilio erano stati chiari:

 

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«Se non ci rinforziamo, il quarto posto è a rischio, e senza Champions si svaluta ogni cosa, soprattutto la rosa, e quindi addio plusvalenze sicure, e paletti del fairplay finanziario più difficili da neutralizzare». Strategia però seccamente bocciata da Suning, segno di un feeling evidentemente mai sbocciato, di una fiducia mai cresciuta nei confronti del dirigente che più di tutti si è esposto in questi mesi.

 

STRATEGIA CINESE? La «lunga freddezza» cinese potrebbe oggi anche essere letta come una tattica ben studiata per logorare lentamente ma definitivamente un rapporto nel quale più nessuno credeva nei piani alti del colosso cinese. E un simile atteggiamento sarebbe figlio, fra le altre cose, dei risultati sul campo, sia dell' Inter sia dello Jiangsu. Partiamo dal club di Nanchino, affidato a Capello lo scorso giugno: contratto fino a dicembre 2018, circa 8 milioni a stagione. Don Fabio, chiamato in corsa, centrò l' obiettivo portando la squadra alla salvezza. Male invece nelle coppe. Una vittoria e due sconfitte nelle prime tre giornate dell' attuale Chinese Super League.

ZHANG JINDONG ZANETTI

 

Risultati evidentemente ritenuti inadeguati rispetto all' investimento fatto per uno staff tecnico scelto appunto da Sabatini. L' inizio del 2018 è obiettivamente deludente, ma gli alibi non mancano: mercato in entrata anonimo (austerity anche qui), ceduta la «stella» Roger Martinez, mai a disposizione finora Boakye e Ramires, i due più importanti stranieri in rosa.

 

Dal canto suo, l' Inter sta faticando non poco a «blindare» il quarto posto, obiettivo che Zhang ha posto come obbligatorio a inizio stagione. E al di là di un mercato più o meno a «ostacoli», i cinesi si aspettavano probabilmente di più anche con il budget messo a disposizione la scorsa estate. Bonus compresi, Vecino e Dalbert sono complessivamente costati più di 50 milioni in cartellini: sovrastimati, certo, operazioni però concluse prima del «blocco governativo». A pesare ancora oggi come macigni ci sono in verità le operazioni Joao Mario e Gabigol, e qui Sabatini e parte dell' anima italiana del club c' entrano poco.

 

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SPALLETTI E AUTARCHIA Secondo Sabatini, il suo probabile addio «non avrà ripercussioni su Spalletti. E' l' allenatore dell' Inter e auspico che possa rimanere per un quinquennio almeno. Luciano è un grande professionista e merita di vincere grandi trofei in nerazzurro». Il futuro del tecnico rimane ovviamente legato ai risultati, leggi zona Champions. Uno spartiacque anche per i piani futuri del club. Il divorzio da Capello e Sabatini infatti è la conferma della fine del progetto globale cinese in cui si credeva che Suning avrebbe riversato milioni e milioni sui top player.

 

capello

Ma il cambio di rotta lo si era capito già nella scorsa estate, con il freno imposto da Pechino. L' era dell' autarchia e dell' autofinanziamento comunque non inizia certo sotto cattivi auspici. Lo testimoniano le operazioni che hanno portato a Lautaro Martinez (miglior prospetto argentino, già in nazionale a 20 anni) e al parametro zero Stefan de Vrij, con Asamoah e Bernard molto vicini.

 

 

 

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