diego maradona nel documentario di asif kapadia

DIEGO VE LO SPIEGO - IL REGISTA DI ''AMY'' E ''SENNA'' SFORNA UN DOCUMENTARIO SU MARADONA A NAPOLI: ''È LÌ CHE DIVENTA DIO. CON LUI È PIÙ DIFFICILE, PERCHÉ È VIVO, TRA CONTINUE CADUTE E RESURREZIONI. NON SI FERMA MAI'' - I DUE SCUDETTI, LA VENERAZIONE DEI TIFOSI, L'ABBRACCIO FATALE DI CARMINE GIULIANO, LE DONNE, LA COCA, LA ROTTURA DOPO LA NOTTE MONDIALE DEL 3 LUGLIO 1990 AL SAN PAOLO, CON IL RIGORE… - VIDEO

 

 

 

1 - MARADONA A NAPOLI, LE NOTTI FOLLI E LA ROTTURA DOPO IL RIGORE

Stefania Ulivi per il “Corriere della sera

 

diego maradona nel documentario di asif kapadia

Diego, il ragazzino della bidonville di Villa Fiorita che grazie al pallone sogna di comprare una casa ai genitori: primo provino a nove anni, a diciannove già cento gol segnati. E Maradona, l' eroe latino capace di riscattare una nazione, l' Argentina, e una città, Napoli. Il genio, la divinità cannibale che mangia se stessa. È tutto giocato nel dualismo tra le due anime di uno dei più grandi giocatori della storia Diego Maradona che Asif Kapadia ha presentato fuori concorso al festival (da noi in settembre). Ultimo capitolo con Senna e Amy (premio Oscar) di una trilogia di miti. «Ma più complesso, perché Maradona è vivo. A modo suo, tra continue cadute e resurrezioni. Complicato decidere dove mettere la parola fine: non si ferma mai».

 

Più facile concentrarsi sul cuore di quella parabola straordinaria, gli anni napoletani («è lì che diventa Dio»). L' arrivo il 5 luglio 1984 in una città sofferente e desiderosa di riscatto. I due scudetti, la venerazione dei tifosi, l' abbraccio fatale di Carmine Giuliano e il clan di Forcella, le donne, la dipendenza dalla cocaina, la rottura dopo la notte mondiale del 3 luglio 1990 al San Paolo, con il rigore che permette all' Argentina di battere l' Italia. «Tutti sapevano quello che c' era da sapere», commenta il suo ex preparatore atletico Fernando Signorini.

 

diego maradona nel documentario di asif kapadia

Ora nessuno lo copre più: il processo, la squalifica, il doping. La paternità, negata fino al 2003, del figlio avuto da Cristina Sinagra. «La nascita di Diego jr. è una data chiave - sostiene Signorini -, l' inizio del cataclisma. Aver negato la sua esistenza lo ha destabilizzato». Concorda il regista che, racconta, durante la lunga preparazione lo ha incontrato quattro o cinque volte. «Mi dava appuntamento a Dubai, poi a Mosca, anzi in Argentina... Ma poi abbiamo parlato di tutto: non ha più motivo di nascondere nulla».

 

E, anzi, ha permesso di pescare a piene mani dal suo archivio personale, cinquecento ore di materiale prezioso (in parte girato dal primo manager Jorge Cyterszpiler). Immagini pubbliche e private come quelle dei vhs forniti dall' ex moglie Claudia.

 

Un puzzle dove Maradona rincorre Diego. Un dualismo che lo accompagna sempre, plasticamente fissato nei due gol con cui regalò all' Argentina la Coppa del mondo 1986 contro l' Inghilterra: la mano di Dio, furba e letale, e il secondo gol, capolavoro di genio e rabbia. Lo aspettavano qui per la prima, ha dato forfait. «Meglio che lo veda da solo». O, meglio, con tutti e due: Diego e Maradona.

 

 

2 - QUEI SETTE ANNI AL NAPOLI DEL SEMIDIO MARADONA

diego maradona nel documentario di asif kapadia

Gloria Satta per “il Messaggero

 

Oggi passa in concorso Once Upon A Time In Hollywood di Quentin Tarantino, il film più atteso di questo 72mo Festival. E nel clima già surriscaldato della Croisette, il regista (avvistato con la moglie Daniella a cena al Carlton, in camicia a scacchi da agricoltore in mezzo a smoking e abiti da sera) sui social scongiura il pubblico dell' anteprima di non spoilerare, cioè non spifferare la trama quattro mesi prima dell' uscita, prevista il 19 settembre. «Sono eccitato all' idea di essere a Cannes», ha postato Quentin. «La troupe e io abbiamo lavorato duramente per creare qualcosa di originale e chiedo a tutti di non rivelare ai futuri spettatori cose che potrebbero rovinare la loro scoperta».

diego maradona nel documentario di asif kapadia

 

ASCESA E DECLINO

In attesa di Tarantino e del suo supercast (Brad Pitt, Leonardo DiCaprio, Margot Robbie), la scena del Festival è stata tutta di Diego Maradona, un personaggio larger than life più grande della vita che fa parlare di sé anche quando non è fisicamente presente. L' ex Pibe de Oro, 58 anni, oggi vive in Messico allenando una squadra di serie B, sta per operarsi a una spalla e quindi non ha accompagnato a Cannes l' avvincente documentario Diego Maradona a lui dedicato e presentato fuori concorso dal regista anglo-indiano Asif Kapadia, premio Oscar per Amy.

 

In compenso ha parlato di lui, e tanto, il film (nelle sale il 23 settembre) che attraverso filmati, i momenti salienti delle storiche partite, testimonianze e commenti, ripercorre i sette anni napoletani del fuoriclasse argentino.

ASIF KAPADIA

 

Dal 1984, l' anno dell' ingaggio stellare da parte del Napoli, al declino: in mezzo i trionfi come i due scudetti conquistati dalla squadra, la Coppa Italia, la Coppa Uefa, la Supercoppa, il delirio dei tifosi, ma anche la dipendenza dalla cocaina, l' amicizia con i camorristi, la squalifica, la partenza. In una parola, la storia di un uomo nato in una favela poverissima, diventato l' idolo del mondo intero, poi stritolato dalle proprie debolezze e rinnegato perfino dai napoletani che l' avevano considerato un semidio, arrivando a trafugare il suo sangue per metterlo accanto a quello di San Gennaro.

 

MITO A DUE FACCE

«Per realizzare il film, ho visionato 500 ore di materiali e ho poi scelto di mettere a fuoco il periodo napoletano perché riassume la parabola del protagonista, un mito a due facce: Diego, cioè il ragazzo tutto calcio e famiglia, e Maradona che ha dovuto fare i conti con la propria immagine pubblica», spiega Apadia, 47, inglese. «Ho inseguito l' ex campione attraverso mezzo mondo: a Dubai, in Russia, in Colombia, in Argentina, in Messico. La sfida più grande è stata proprio incontrarlo per farmi raccontare la sua storia: mi dava un appuntamento e poi ci ripensava. Ho dovuto avere pazienza per cogliere i momenti in cui era di buon umore e diventava l' uomo più affascinante e comunicativo del mondo».

 

Maradona ha visto il film? «Non ancora e vorrei che lo vedesse da solo: è una ricostruzione molto dura della sua vita, non gli abbiamo fatto sconti».

MARADONA E IL BOSS LUIGI GIULIANO

 

PATERNITÀ RIFIUTATA

Il documentario parla anche di Diego Armando jr, nato nel 1986 dalla relazione del calciatore con una ragazza napoletana e riconosciuto solo nel 2007: «Quel figlio ha rappresentato un cataclisma nella vita di Maradona», rivela Fernando Signorini, ex preparatore atletico del campione, «gli ci sono voluti più di 20 anni per accettarlo». Anche Emir Kusturica, nel 2008, dedicò al Pibe de Oro un documentario: Maradona di Kusturica.

 

«L' ho visto solo alla fine delle riprese del mio che sceglie un punto di vista diverso», spiega il regista. Quale? «Raccontare l' uomo in tutta la sua complessità».

Lati oscuri compresi: «Proprio quelli», conclude Signorini, «che ci portano a parlare ancora di lui. Se Diego avesse rigato dritto come Michel Platini, la sua storia non appassionerebbe nessuno».

diego armando maradona col figlio diego junior (4)diego armando maradona col figlio diego junior (1)nunzia pennino col marito diego armando junior maradona (2)

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…