F.A.Z. AMARI PER FAZIO - PER L'AUTOREVOLE QUOTIDIANO FRANKFURTER ALLGEMEINE ZEITUNG, "L'UNICA POSSIBILITÀ CHE RIMANE AL PIO ANTONIO È DI DIMETTERSI, LASCIANDO SPONTANEAMENTE IL CAMPO AD UN NUOVO GOVERNATORE A VITA."
LA CRISI DELLA BANCA D'ITALIA
Tobias Piller per il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung
Il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio è ora al centro di chiacchiere e pettegolezzi, che compromettono non solo la reputazione della Banca d'Italia, ma anche il ruolo dell'Italia all'interno del Consiglio della Banca Centrale Europea. Le voci che coinvolgono Fazio vanno ben oltre le normali critiche a cui è solitamente sottoposto ogni coerente governatore di una qualsiasi Banca Centrale. Non si tratta delle questioni classiche della politica monetaria, ma dei poteri di Antonio Fazio nelle sue vesti di organo supremo per la vigilanza sulle banche d'Italia. I rappresentanti delle organizzazioni dei consumatori o il Ministro del Tesoro Giulio Tremonti accusano Fazio di avere almeno una corresponsabilità morale nella serie di scandali finanziari italiani.
Nello scandalo del gruppo industriale alimentare Cirio, numerose banche italiane hanno potuto trasferire indisturbate i loro rischi creditizi sui piccoli investitori, vendendo loro obbligazioni che, per mancanza di prospetto ufficiale d'ammissione alla quotazione in borsa o di rating, avrebbero dovuto essere destinate solo ai professionisti del settore. In seguito, Fazio lasciò senza risposta le domande scritte del Ministro del Tesoro in merito alla prassi di sfrenata emissione di bond nel gruppo Parmalat.
Di recente, la procura di una piccola città della Puglia ha comunicato di voler procedere contro Fazio per favoreggiamento nella truffa contro gli investitori. È stato infatti accertato che un accreditato istituto bancario regionale aveva ingannato ignari piccoli investitori con un "imbroglio di etichette". In questa occasione, Fazio si sarebbe limitato ad avvertire la banca riguardo ai rischi connessi con prodotti complessi e altamente speculativi, presumibilmente senza imporre ulteriori condizioni.
Eppure, anche con grandi enti creditizi e con potenti banchieri il modo di relazionarsi di Fazio è stato sempre piuttosto risoluto, se non addirittura brusco. Ha vietato o disposto fusioni bancarie, è intervenuto nei piani di risanamento della Fiat e ha anche vietato l'emissione di alcune obbligazioni. Perché, ci si chiede allora, il governatore non ha applicato quel potere esercitato con tanta forza e decisione anche a favore degli investitori?
Il fatto che la Banca d'Italia e il suo governatore siano stati continuamente coinvolti nelle voci sugli scandali finanziari ha lasciato segni profondi nell'immagine finora specchiata della Banca Centrale. Se nell'Italia del dopoguerra i governi si sono alternati al ritmo di uno ogni dieci mesi, la Banca d'Italia poteva vantarsi di aver avuto un avvicendamento di governatori ancor meno frequente di quello dei Papi al Vaticano.
Insieme a questa stabilità la Banca d'Italia offriva anche un campo di lavoro eccellente per economisti altamente qualificati, stipendi invidiabili in confronto al resto dei pubblici impiegati, molte borse di studio per università americane d'élite ed inoltre mezzi di lavoro moderni dai computer alla biblioteca, che per molto tempo il Ministero del Tesoro si poteva solo sognare. Sebbene i governatori della Banca d'Italia non abbiano potuto esercitare una politica monetaria indipendente, la loro reputazione è stata sempre così autorevole, che il loro bilancio annuale - e la critica annuale - sulla politica economica italiana sono stati sempre tenuti in alta considerazione.
Quando infine, nel 1993, i partiti della "Prima Repubblica" vennero spazzati via dalla scena politica in seguito alle inchieste sulla corruzione, nessuno sembrò più adatto a ricoprire il ruolo di "caretaker" della nazione nella carica di Presidente del Consiglio dell'allora governatore della Banca Centrale Carlo Azeglio Ciampi. Tuttavia, la carriera politica di Ciampi, culminata con la carica di Presidente della Repubblica italiana, ha fatto crescere le ambizioni politiche all'interno della Banca Centrale, come è apparso evidente, già da lungo tempo, nel caso di Antonio Fazio.
Non a caso Fazio è stato considerato per molto tempo - all'interno dei numerosi partiti, nati dal frazionamento della Democrazia Cristiana, presenti sia al governo che all'opposizione - come possibile rimpiazzo del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Mentre in passato i precedenti Governatori della Banca Centrale si ritenevano estranei a qualsiasi collusione politica, Fazio sembra talvolta esserci dentro fino al collo. Queste ambizioni, unite alle sempre più inflazionate comparse sulla scena pubblica, hanno degradato la Banca Centrale da un ruolo un tempo di spicco ad una istituzione tra le tante.
Dopo i recenti scandali finanziari, anche l'ultimo baluardo del potere della Banca d'Italia, ovvero la vigilanza esclusiva sul sistema bancario, verrà probabilmente smantellato. Finora Fazio poteva considerarsi l'architetto del sistema bancario italiano del futuro e favorire o impedire, a sua discrezione, le fusioni di istituti bancari. I recenti scandali, tuttavia, hanno evidenziato che la concentrazione di molteplici competenze nelle mani di un'unica persona (la vigilanza sulla stabilità, la competenza come autorità per la concorrenza nel sistema bancario, l'analisi della politica monetaria e, in più, anche il mandato costituzionale per la "tutela del risparmio") hanno portato a conflitti di obiettivi irrisolvibili. Quando poi tali conflitti si vengono addirittura a mescolare ai legami personali di Fazio proprio con il banchiere che più di tutti è invischiato nella melma dello scandalo finanziario, la politica del Governatore della Banca Centrale diventa non solo difficilmente comprensibile, ma addirittura discutibile.
Che ora la Banca d'Italia si trovi a perdere il suo ruolo di dominio assoluto sul sistema bancario è la logica conseguenza di questa situazione. Se poi, contemporaneamente, venisse limitata nel tempo la carica, finora a vita, del Governatore della Banca Centrale o ne venisse ridotto il potere illimitato all'interno della Banca d'Italia, ciò comporterebbe, oltre ad una perdita di autorità, anche formalmente il prevalere del mercimonio della politica sul baluardo, fino a questo momento inattaccabile, della razionalità economica. L'unica possibilità che rimane a Fazio per evitare tutto questo, è di dimettersi, all'età di 67 anni e dopo aver trascorso undici anni al vertice della Banca d'Italia, lasciando spontaneamente il campo ad un nuovo Governatore a vita.
Dagospia 05 Aprile 2004
Tobias Piller per il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung
Il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio è ora al centro di chiacchiere e pettegolezzi, che compromettono non solo la reputazione della Banca d'Italia, ma anche il ruolo dell'Italia all'interno del Consiglio della Banca Centrale Europea. Le voci che coinvolgono Fazio vanno ben oltre le normali critiche a cui è solitamente sottoposto ogni coerente governatore di una qualsiasi Banca Centrale. Non si tratta delle questioni classiche della politica monetaria, ma dei poteri di Antonio Fazio nelle sue vesti di organo supremo per la vigilanza sulle banche d'Italia. I rappresentanti delle organizzazioni dei consumatori o il Ministro del Tesoro Giulio Tremonti accusano Fazio di avere almeno una corresponsabilità morale nella serie di scandali finanziari italiani.
Nello scandalo del gruppo industriale alimentare Cirio, numerose banche italiane hanno potuto trasferire indisturbate i loro rischi creditizi sui piccoli investitori, vendendo loro obbligazioni che, per mancanza di prospetto ufficiale d'ammissione alla quotazione in borsa o di rating, avrebbero dovuto essere destinate solo ai professionisti del settore. In seguito, Fazio lasciò senza risposta le domande scritte del Ministro del Tesoro in merito alla prassi di sfrenata emissione di bond nel gruppo Parmalat.
Di recente, la procura di una piccola città della Puglia ha comunicato di voler procedere contro Fazio per favoreggiamento nella truffa contro gli investitori. È stato infatti accertato che un accreditato istituto bancario regionale aveva ingannato ignari piccoli investitori con un "imbroglio di etichette". In questa occasione, Fazio si sarebbe limitato ad avvertire la banca riguardo ai rischi connessi con prodotti complessi e altamente speculativi, presumibilmente senza imporre ulteriori condizioni.
Eppure, anche con grandi enti creditizi e con potenti banchieri il modo di relazionarsi di Fazio è stato sempre piuttosto risoluto, se non addirittura brusco. Ha vietato o disposto fusioni bancarie, è intervenuto nei piani di risanamento della Fiat e ha anche vietato l'emissione di alcune obbligazioni. Perché, ci si chiede allora, il governatore non ha applicato quel potere esercitato con tanta forza e decisione anche a favore degli investitori?
Il fatto che la Banca d'Italia e il suo governatore siano stati continuamente coinvolti nelle voci sugli scandali finanziari ha lasciato segni profondi nell'immagine finora specchiata della Banca Centrale. Se nell'Italia del dopoguerra i governi si sono alternati al ritmo di uno ogni dieci mesi, la Banca d'Italia poteva vantarsi di aver avuto un avvicendamento di governatori ancor meno frequente di quello dei Papi al Vaticano.
Insieme a questa stabilità la Banca d'Italia offriva anche un campo di lavoro eccellente per economisti altamente qualificati, stipendi invidiabili in confronto al resto dei pubblici impiegati, molte borse di studio per università americane d'élite ed inoltre mezzi di lavoro moderni dai computer alla biblioteca, che per molto tempo il Ministero del Tesoro si poteva solo sognare. Sebbene i governatori della Banca d'Italia non abbiano potuto esercitare una politica monetaria indipendente, la loro reputazione è stata sempre così autorevole, che il loro bilancio annuale - e la critica annuale - sulla politica economica italiana sono stati sempre tenuti in alta considerazione.
Quando infine, nel 1993, i partiti della "Prima Repubblica" vennero spazzati via dalla scena politica in seguito alle inchieste sulla corruzione, nessuno sembrò più adatto a ricoprire il ruolo di "caretaker" della nazione nella carica di Presidente del Consiglio dell'allora governatore della Banca Centrale Carlo Azeglio Ciampi. Tuttavia, la carriera politica di Ciampi, culminata con la carica di Presidente della Repubblica italiana, ha fatto crescere le ambizioni politiche all'interno della Banca Centrale, come è apparso evidente, già da lungo tempo, nel caso di Antonio Fazio.
Non a caso Fazio è stato considerato per molto tempo - all'interno dei numerosi partiti, nati dal frazionamento della Democrazia Cristiana, presenti sia al governo che all'opposizione - come possibile rimpiazzo del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Mentre in passato i precedenti Governatori della Banca Centrale si ritenevano estranei a qualsiasi collusione politica, Fazio sembra talvolta esserci dentro fino al collo. Queste ambizioni, unite alle sempre più inflazionate comparse sulla scena pubblica, hanno degradato la Banca Centrale da un ruolo un tempo di spicco ad una istituzione tra le tante.
Dopo i recenti scandali finanziari, anche l'ultimo baluardo del potere della Banca d'Italia, ovvero la vigilanza esclusiva sul sistema bancario, verrà probabilmente smantellato. Finora Fazio poteva considerarsi l'architetto del sistema bancario italiano del futuro e favorire o impedire, a sua discrezione, le fusioni di istituti bancari. I recenti scandali, tuttavia, hanno evidenziato che la concentrazione di molteplici competenze nelle mani di un'unica persona (la vigilanza sulla stabilità, la competenza come autorità per la concorrenza nel sistema bancario, l'analisi della politica monetaria e, in più, anche il mandato costituzionale per la "tutela del risparmio") hanno portato a conflitti di obiettivi irrisolvibili. Quando poi tali conflitti si vengono addirittura a mescolare ai legami personali di Fazio proprio con il banchiere che più di tutti è invischiato nella melma dello scandalo finanziario, la politica del Governatore della Banca Centrale diventa non solo difficilmente comprensibile, ma addirittura discutibile.
Che ora la Banca d'Italia si trovi a perdere il suo ruolo di dominio assoluto sul sistema bancario è la logica conseguenza di questa situazione. Se poi, contemporaneamente, venisse limitata nel tempo la carica, finora a vita, del Governatore della Banca Centrale o ne venisse ridotto il potere illimitato all'interno della Banca d'Italia, ciò comporterebbe, oltre ad una perdita di autorità, anche formalmente il prevalere del mercimonio della politica sul baluardo, fino a questo momento inattaccabile, della razionalità economica. L'unica possibilità che rimane a Fazio per evitare tutto questo, è di dimettersi, all'età di 67 anni e dopo aver trascorso undici anni al vertice della Banca d'Italia, lasciando spontaneamente il campo ad un nuovo Governatore a vita.
Dagospia 05 Aprile 2004