DOPO SEDICI GIORNI DI CELLA, FABRIZIO CORONA FA SAPERE CHE È PRONTO A DIRE TUTTO: "NON ERA MICA LA PRIMA VOLTA, AD ESEMPIO, CHE BERLUSCONI COMPRAVA LE FOTO DELLA SUA FAMIGLIA." - E MINACCIA UNA CHIAMATA DI CORREITÀ PER TANTI ALTRI PAPARAZZI.

Francesco Grignetti per "La Stampa"

Fabrizio Corona non ce la fa più. Dopo sedici giorni di cella, il super-paparazzo scalpita per uscire. E' teso. Oggi si discute il suo caso davanti al Tribunale della libertà e lui spera ovviamente di uscire dal carcere. Ha quindi deciso di presentarsi davanti ai giudici per illustrare le sue ragioni. Più o meno velatamente, fa sapere che è pronto a dire tutto. Qualche segnale di che cosa potrebbe dire già filtra.

La questione dei fotoricatti? «Non esiste. Non è reato». Tanti hanno comprato scatti compromettenti. E più volte. «Non era mica la prima volta, ad esempio, che Berlusconi comprava le foto della sua famiglia...». Minaccia una chiamata di correità per tanti altri paparazzi. «Sono come me, se non peggio. Il sistema di vendere le foto mica l'ho inventato io».

I difensori di Corona, gli avvocati Francesco e Giuseppe Strano, stanno preparando la difesa tecnica. Cercheranno di smontare seicento pagine di ordinanza tutte imperniate sul ruolo del «malvagio» Fabrizio. Dice l'avvocato Giuseppe Strano: «Ma quale associazione a delinquere... Erano spesso i diretti interessati che si preoccupavano di contattare Corona per comprare le foto. Come ha detto Della Valle? Lui le compra tutte perché gli dà fastidio che circolino. E siccome quelle foto hanno un valore di mercato, è giusto che venga dato al fotografo un corrispettivo».



La difesa tecnica - Corona e i suoi avvocati cercano insomma di ridimensionare la questione delle compravendite di foto imbarazzanti a una prassi. Addirittura citano il caso di Berlusconi perché l'ex premier ha una assistente, Miti Simonetto, addetta soltanto a curare l'immagine della famiglia Berlusconi. Ed è per questo motivo - spiegano - che tutte le agenzie fotografiche di Milano, e calcano la voce su «tutte», mostrano innanzitutto a lei le foto che riguardano il leader di Forza Italia e i suoi congiunti. «Ma non è mica detto che alla fine le acquisti in blocco».

Ridimensionare sembra la parola d'ordine dei penalisti. L'avvocato Renato Borzone, difensore di Marco Carboni, un altro indagato, ha spiegato ieri ai giudici che se il suo assistito ha mai organizzato qualche incontro «a luci rosa» per manager di società con cui faceva affari, lui si preoccupava soltanto di rimediare qualche bella ragazza disponibile. Che cosa poi poteva accadere dopo cena, non era affar suo. «Come si evince dalle intercettazioni - spiega Borzone - non era Carboni che cercava le ragazze per poi girarle a Corona, ma il contrario. E che razza di capo dell'associazione a delinquere sarebbe mai, allora, se le ragazze non sa dove trovarle?».

I dischetti - Intanto la procura di Potenza procede. Gli investigatori hanno cominciato a esaminare le famose memorie elettroniche sequestrate negli uffici della «Corona's». Sono ben 1600 dischetti più un server da 500 gigabyte. Milioni di foto. Se dovessero interrogare tutti quelli beccati dai paparazzi non basterebbero anni di interrogatori. Qualche caso più sospetto di altri, però, è all'attenzione del magistrato. Ieri sono stati sentiti l'attore Giorgio Pasotti, il deejay Ringo, il calciatore Pancaro. Hanno tutti negato.

Ascoltata anche la soubrettina Cecilia Capriotti, della scuderia di Lele Mora, indagata per l'estorsione ai danni di Francesco Coco. E oggi è la volta di Leila Virzì, l'attrice che aveva annunciato clamorose rivelazioni a proposito di una crociera a luci rosse al largo di Capri con a bordo un famoso uomo politico. La ragazza sta facendo il giro dei talk show televisivi per dire che è tutto un errore e lei non sa niente. In Procura c'è grande irritazione per questa vicenda.


Dagospia 28 Marzo 2007