GRAMELLINI: LA MUMMIA DI LENIN A ROMA, IL "MUMMIO" D'ALEMA A MOSCA - GALLI DELLA LOGGIA: VELTRONI L'ANTICOMUNISTA, MA A ROMA C'È VIA LENIN - MESSINA: SE GARIBALDI FOSSE NELL'UNIONE (MA ERA UN DITTATORE, PER FORTUNA).

1 - LENIN IN PIAZZA RISSA.
Massimo Gramellini per "La Stampa"

Ieri le menti più fertili della politica si sono cimentate intorno a un tema di lancinante attualità: trasferire la mummia di Lenin dalla Piazza Rossa di Mosca, dove non la vogliono più, a una piazza italiana. Magari quella del Senato: alla maggioranza, di questi tempi, un voto fa sempre comodo. L'autore della proposta è stato il compagno Diliberto, dalla Russia con amore per i 90 anni della Rivoluzione. Era solo una battuta - anche se la migliore resta «il comunismo è fonte di felicità» - quindi l'hanno presa molto sul serio: a destra e a sinistra, inesorabilmente attratte da ogni dibattito che abbia sapore cimiteriale.

Numerose le dichiarazioni rese alla stampa, ma qui vi segnaliamo le più segrete. Al pensiero dell'ennesimo slavo in arrivo, sia pure defunto, Calderoli ha ribadito l'intenzione di chiudere le frontiere ai migranti da Est, comprese le rondini, a meno che dimostrino di avere già un lavoro. Bertinotti, che da una vita si occupa di ideologie sepolte, dopo il teschio di Tutankhamon vorrebbe vedere quello di Lenin, convinto che sotto la maschera del dittatore sovietico si nasconda l'archetipo di ogni nomenklatura: un funzionario Rai.

Ancora nessuna reazione ufficiale da parte dei due Oni. Ma attraverso i consueti canali diplomatici (Natasha Stefanenko), Berlusconi avrebbe già proposto a Putin uno scambio alla pari fra la mummia di Lenin e Bondi vivo e vegeto. Quanto a Veltroni, per festeggiare la recente fusione cattocomunista sarebbe persino disposto a prendersi Lenin in segreteria, se solo gli venisse concesso di tumulare nella Piazza Rossa don Milani e il cardinal D'Alema, pacatamente.

2 - VELTRONI L'ANTICOMUNISTA (MA A ROMA C'È VIA LENIN).
Ernesto Galli Della Loggia per "Il Corriere della Sera"



Adesso sappiamo definitivamente che a Walter Veltroni il comunismo fa orrore. L'ha detto a chiare lettere l'altro giorno, paragonando il comunismo al nazismo e denunciando in entrambi "la riduzione della libertà, la soppressione della possibilità di vivere la propria vita manifestando le proprie idee e avendo la propria religione". Benissimo. Ma perché allora si ostina a conservare a Roma, nella città che amministra da anni, una via e un largo Lenin? Non è un controsenso? A me sembra proprio di sì. Ad altri meno, invece. Affermare con alate parole nobili principi, suscitare nell'uditorio profonde emozioni positive, affermare l'obbligo di osservare le norme della rettitudine e della coerenza, ma poi agire alquanto diversamente: e cioè stare attento a non esporsi, costruire dure macchine politiche, parlare molto e agire poco, badare solo all'immagine: sono sempre di più, non so come mai, quelli che sostengono, specie sussurrando, che in realtà il vero Veltroni è questo.

3 - CAMICIE ROSSE 2007
Sebastiano Messina per "la Repubblica"

Che i leghisti insultassero Giuseppe Garibaldi liquidandolo come «truffatore» e «ladro di bestiame», era scontato: l´eroe dei due mondi si sarebbe offeso del contrario. Fa riflettere, invece, il giudizio di Fausto Bertinotti su Garibaldi: ricordandone i grandi meriti, il presidente della Camera ha criticato le sue «tentazioni autoritarie», il suo «anticlericalismo di maniera» e la sua «personalizzazione dei rapporti politici».

Certo, se Garibaldi fosse stato il leader democratico di una coalizione come l´Unione, la Storia sarebbe stata un´altra. Giordano, Diliberto e Mussi avrebbero fermato con un corteo pacifista la spedizione dei Mille. Di Pietro e Dini avrebbero bocciato le camicie rosse, troppo comuniste. Rutelli si sarebbe opposto alla Repubblica Romana, considerandola un´ingerenza nella vita della Chiesa. Pecoraro Scanio avrebbe posto il veto sulla battaglia del Volturno, pericoloso disturbo per la fauna fluviale. E alla fine Mastella avrebbe acconsentito all´incontro di Teano solo a patto che avvenisse a Ceppaloni. Ma Garibaldi era un dittatore. Per fortuna


Dagospia 07 Novembre 2007