PASSATA LA SFIDA SILVIO-WALTER, IL DUELLO DE BORTOLI-VERDELLI PER IL CORRIERE
MARCHETTI ALLA BOCCONI, ARRIVA CALABI, LASCIA PERRICONE, MIELI PRESIDENTE RCS
GERONZI A BAZOLI: ASSEMBLEA DI APRILE E INCONTRO BOLLORÈ PER IL DOPO-BERNHEIM

Nemmeno i giornalisti più incalliti sono in grado di rivelare il contenuto dell'incontro che è avvenuto ieri a Palazzo Grazioli tra Cesarone Geronzi e Silvio Berlusconi.
L'evento si carica comunque di un significato politico perché il presidente di Mediobanca ha lasciato il suo ufficio al secondo piano di piazza di Spagna capovolgendo lo schema che negli anni precedenti aveva visto il Cavaliere entrare spesso nelle stanze del banchiere romano.

Così avveniva negli anni '90 quando la Fininvest aveva sulle spalle una massa di debiti imponente e fu proprio Geronzi a liberarlo dalle angosce. Da allora il rapporto tra i due si è cementato e anche quando Berlusconi arrivò per la prima volta a Palazzo Chigi furono numerose le occasioni in cui attraversò via del Corso, insieme a Gianni Letta, per pranzare nella foresteria di Capitalia. Non a caso il leader del centrodestra ha avuto occasione di manifestare la sua simpatia per Geronzi quando nei momenti più caldi del risiko bancario ha sostenuto che "l'unica banca non di sinistra" è quella governata dal banchiere di Marino.

Il silenzio sull'incontro di ieri non impedisce comunque di immaginare che quello di Geronzi non sia stato il semplice omaggio di un vassallo. Entrambi hanno un profondo culto della propria statua interiore e sanno di rappresentare una formidabile corazzata di potere con la quale tutti devono fare i conti. È molto probabile che il dialogo abbia toccato alcuni temi caldi che stanno a cuore ad entrambi. Tra questi, ha più rilievo di altri il futuro delle Generali e del "Corriere della Sera", due roccaforti sulle quali si chiacchiera da tempo e che dopo le elezioni dovranno essere in qualche modo assestate.

Sul primo tema, le Generali, l'aria di tempesta sollevata dagli attacchi dei fondi stranieri (Algebris e Templeton) è per il momento rientrata. Ad aprile si terrà l'Assemblea nella quale si dovrà decidere la sorte dell'ottuagenario Bernheim, una partita che non può essere risolta senza il consenso dei francesi rappresentati da Vincent Bollorè (il finanziere bretone che fa scarrozzare l'amico Sarkozy senza spendere un euro).

Ieri Bollorè è tornato a difendere l'attuale gestione delle Generali e ha detto in difesa di Bernheim che "un albero va giudicato dai suoi frutti". Ciò non significa che da qui ad aprile non succeda qualcosa, perché se è vera la voce che circola a Milano in questi giorni, Geronzi avrebbe incontrato ai primi di febbraio il suo amico-nemico Abramo-Bazoli di BancaIntesa per parlare delle Generali e per dirgli che dopo la buriana elettorale si farà promotore di un incontro con Bollorè in modo da decidere il nuovo presidente del Leone di Trieste. Chi mette in giro queste voci (tutte da verificare) sostiene che i due Grandi Vecchi di Mediobanca e IntesaSanPaolo abbiano convenuto che le candidature di Claudio Costamagna e di Paoletto Scaroni sono improbabili e improponibili.

Nei saloni vellutati di Palazzo Grazioli forse si è parlato anche della sorte del "Corriere della Sera", la vera spina nel fianco di Berlusconi che non si fida minimamente del direttore-stratega Paolino Mieli. Agli occhi del candidato premier del centrodestra le ultime piroette cerchiobottiste di Paolino non rappresentano una polizza assicurativa. Lui sa bene che il cuore freddo e la mente cinica del 59enne giornalista sono in sintonia con quell'asse politico che parte da WalterEgo Veltroni, tocca il triangolo Montezemolo-Della Valle-Tronchetti e arriva a lambire Mario Draghi.

È in questo quadrilatero che Mieli, nonostante l'editoriale piuttosto confuso )e para-guru) scritto di suo pugno qualche giorno fa sul "Corriere", vuole costruire una strategia di "rottura" con il sistema gerontocratico e sprecone della casta politica. E Berlusconi sa anche che tra i 17 azionisti del "Corriere" ci sono fratture e schieramenti contrapposti. Da una parte si ritrovano gli amici come Ligresti e Geronzi, dall'altra ci sono i Montezemolo e i Della Valle che fanno un loro gioco ambiguo.

Sul destino del "Corriere" e del suo direttore-stratega, Geronzi potrebbe aver detto la sua nell'incontro di ieri a Palazzo Grazioli. E qui salta fuori ancora una volta la voce dell'incontro milanese che il presidente di Mediobanca avrebbe avuto all'inizio di febbraio con un Bazoli desideroso di tirare la volata a Flebuccio De Bortoli, il direttore del "Sole 24 Ore" che nel maggio 1997 prese il posto di Mieli alla direzione del "Corriere della Sera".

Sul nome di De Bortoli il consenso del trio Berlusconi, Geronzi e Bazoli sembra essere piuttosto robusto. D'altra parte non è un mistero che il giornalista milanese si sia ritagliato negli ultimi mesi uno spazio di manovra che lo ha portato molte volte a smarcarsi rispetto alla proprietà del giornale, cioè a Confindustria, e al management di via Monte Rosa. Così è avvenuto sulla quotazione della testata in Borsa e sulle ultime e modeste performance della Fiat che hanno profondamente irritato il presidente della Casa editrice Giancarlo Cerutti e Luchino di Montezemolo.



E ad accentuare la voce di una dialettica sempre più vivace, si aggiunge la notizia che in questi giorni De Bortoli abbia rifiutato l'invito pervenutogli dalla Luiss (l'università di Confindustria), di partecipare a un panel sulla nuova classe dirigente motivando la sua assenza con banali impegni di lavoro.

La svolta al "Corriere" non avverrà comunque prima dell'estate. In mezzo ci sono le elezioni e la nomina del successore di Luchino in Confindustria dove i giochi sono scontati per la moretta di Mantova dalle gambe corte, Emma Marcegaglia. Sarà lei, insieme al nuovo vertice di viale dell'Astronomia, a scegliere il direttore del "Sole 24 Ore" e a rimettere eventualmente in riga un giornale che si prende troppa libertà di giudizio. (Candidati per il "Sole": l'inviato in Usa del Corriere, Massimo Gaggi, già vice di De Bortoli direttore di via Solferino; e il candidato "interno", attuale direttore di Radiocor, l'ottimo Fabio Tamburini).

L'eventuale ritorno di De Bortoli alla guida del "Corrierone" potrebbe coincidere anche con il ricambio dell'attuale amministratore delegato della Casa editrice, Antonello Perricone, il manager siciliano nominato nel settembre 2006, con la benedizione determinante di Romano Prodi. Questa ipotesi non sembra scandalizzare Geronzi e Bazoli (ai quali piace il profilo di Claudio Calabi, attuale amministratore delegato del "Sole 24 Ore"), ma rischia di rendere troppo complicata l'operazione più importante che riguarda soprattutto la direzione giornalistica del "Corriere".

Il tourbillon di voci e di chiacchiere non lascia indifferenti Paolino Mieli e PierGaetano Marchetti, il notaio dalla cravatta rossa che presiede il Patto di sindacato del gruppo editoriale milanese. Per Marchetti si dà scontata la rimozione dalla sua poltrona e la nomina alla presidenza dell'università Bocconi dove già insegna.

Il giurista sente puzza di bruciato, ma anche se sta cercando un posto di lavoro per la sua segretaria alla quale è affezionato dai molti anni di lavoro, cerca di difendersi con le unghie e con i denti. Una mano gliela dà lo stesso Mieli che domenica 3 febbraio ha dedicato un'intera pagina a un convegno sul sistema dualistico e la governance bancaria che si è svolto a Napoli con la partecipazione del notaio dalla cravatta rossa.

Da parte sua Paolino Mieli registra con freddezza i rumors che attraversano le stanze romane e quelle di via Solferino, e continua a sostenere che l'uomo giusto per la sua successione è Carlo Verdelli, l'attuale direttore della "Gazzetta dello Sport" che assunse nel 1994, e che a suo dire avrebbe le carte in regola per dirigere il quotidiano milanese.

Il 2 aprile l'ottimo Verdelli presenterà la nuova veste della "Gazzetta dello Sport" in una kermesse pubblica che dovrebbe consacrare la sua bravura, ma prima di allora Mieli dovrà fare un grande sforzo per far conoscere questo giornalista nei palazzi romani dove il suo nome dice ben poco ai politici che contano. E un "giro delle sette chiese romane" per Verdelli è nei piani di Mieli.

In pratica, la tattica di Mieli assomiglia a quella di Montezemolo che vuole coprirsi le spalle in Confindustria con la modesta Marcegaglia, mentre Paolino si sentirebbe "sempre direttore" lasciando lo scettro al giornalista sportivo del quotidiano rosa.

Le grandi manovre sono appena cominciate e sussurrate. Dalle finestre di Palazzo Grazioli ieri pomeriggio non è uscita una parola, ma una cosa è sicura: il Cavaliere di Arcore e il superbanchiere romano (trapiantato a Milano) non si sono raccontati barzellette. E nemmeno le voci raccolte da Dagospia hanno il sapore dell'umorismo.


Dagospia 15 Febbraio 2008