1- CONCLUSO IN QUALCHE MODO QUESTO NUOVO ACCROCCHIO FINANZIARIO UNIPOL-FONSAI (METTERE INSIEME DUE CAVALLI ZOPPI PER TIRARNE FUORI UNO SANO), PARTE LA RESA DEI CONTI A PIAZZETTA CUCCIA: TRA NAGEL E PAGLIARO, CHI LASCERÀ IL CAMPO? 2- IL NOME PIÙ GETTONATO È QUELLO DI PAGLIARO. ANZI, NAGEL STAREBBE GIÀ LAVORANDO A UN POSSIBILE SOSTITUTO E IN PRIMA LINEA CI SAREBBE IL SUPERCONSULENTE TEDESCO ROLAND BERGER, VICE PRESIDENTE DEL GRUPPO RIZZOLI-CORRIERE 3- MA LA PARTITA PERÒ È MOLTO PIÙ COMPLESSA DI QUANTO SEMBRI, ANCHE PERCHÉ QUESTA VOLTA GLI AZIONISTI DI MEDIOBANCA FARANNO SENTIRE IL LORO PESO. A PARTIRE DAL FRONTE VARIO E AVARIATO CHE VA DA DELLA VALLE AI GERONZOFILI COME BOLLORE’

Albus Silente per Lettera43.it

La crisi del sistema bancario mondiale può far sparire per sempre quella credibilità che è stata alla base della sua crescita negli ultimi cent'anni. Sono 20 anni che il mondo creditizio - alla ricerca continua di nuovi profitti per massimizzare dividendi e arricchire i top manager - ha finito per smarrire la fiducia della clientela costruita nel tempo con una politica gestionale attenta all'economia e poco incline alle speculazioni finanziarie.

TERREMOTO AI PIANI ALTI. Così i vertici delle aziende di credito traballano: molti altissimi dirigenti perdono il posto, altri rischiano, altri ancora ne approfittano per regolare vecchi conti.
La storia che stiamo per raccontare, e che riguarda Mediobanca, ne è un esempio. Ma i casi si sprecano.
L'affaire Libor, per esempio, non ha mandato solo in frantumi la reputazione di un colosso della City londinese, la Barclays, ma anche quella della classe politica inglese, troppo disattenta sulle spericolate manovre delle banche britanniche.

ISTITUTI DA RIDIMENSIONARE. Ormai molti osservatori sostengono che bisognerebbe nazionalizzare le banche o ridimensionare i maggiori istituti per favorire il ritorno a una sana competizione.

Queste soluzioni drastiche certamente non verranno approvate, mentre è più probabile che verrà reintrodotto qualcosa di simile al Glass-Steagall Act, la legge americana che dopo la grande depressione ha separato le attività di investimento da quelle commerciali.

PIÚ FINANZA VUOL DIRE CRESCITA? A loro difesa i sostenitori dell'attuale modello bancario pensano che una maggior attenzione alla finanza (leggi derivati), con la conseguente riduzione del costo del denaro, abbia favorito la globalizzazione mondiale e la crescita dell'economia.

Una giustificazione valida sulla carta, che perde però consistenza quando si esaminano le nefaste conseguenze di una speculazione che ha portato il mondo occidentale a una sorta di terza guerra mondiale.

Lasciando stare la teoria, come si dividono i banchieri italiani su questo tema? Stilare una lista sarebbe sbagliato, meglio quindi affrontare un caso singolo e per molti versi emblematico: Mediobanca e i suoi due simboli, il riservato presidente Renato Pagliaro e il rampante numero uno operativo Alberto Nagel.

FONSAI-UNIPOL, IL BANCO DI PROVA. L'istituto di piazzetta Cuccia sta giocando tutta la sua credibilità sulla fusione FondiariaSai-Unipol. Un'operazione di sistema che eviterà pericolosi fallimenti nel mondo assicurativo, ma che ha il demerito di mettere insieme due cavalli zoppi per tirarne fuori uno sano.
L'aggregazione quasi certamente si farà, ma nei prossimi mesi se ne vedranno delle belle e l'integrazione sarà molto difficile.

I problemi però non finiscono qui. Questo nuovo accrocchio finanziario rischia di avere conseguenze anche sulla vita stessa di Mediobanca.
I rapporti tra Pagliaro e Nagel sono tesi. Il presidente, custode dell'eredità Cuccia-Maranghi, ha sempre sostenuto la necessità di un comportamento più duro nei confronti della famiglia Ligresti. Mentre il ceo, più attento alle esigenze del mercato e alle strette logiche di potere, ha mostrato una condotta più accondiscendente.

LA FREDDEZZA TRA I DUE AL VERTICE. Questa diversità di vedute ha contribuito a far rallentare l'operazione. Ma potrebbe risultare irrilevante se non trovasse terreno fertile nei dissidi precedenti (la finanza ha sempre la memoria lunga).
In particolare, un episodio è cruciale. Quando Vincenzo Maranghi venne cacciato dall'istituto milanese, Pagliaro era pronto a dimettersi pur di salvare l'amministratore.

Nagel, all'epoca vicino ad Alessandro Profumo, non ci pensò nemmeno un istante a far sapere che lui invece sarebbe rimasto.
Le minacciate dimissioni di entrambi avrebbero fatto riflettere molti azionisti di Mediobanca e Maranghi sarebbe rimasto al suo posto.

Come andò a finire è noto. Lo sgarbo - o meglio l'ingratitudine - di Nagel non lasciò indifferente la famiglia Maranghi, sapendo che proprio il brillante manager era stato l'enfant prodige dell'allievo prediletto di Cuccia. Per questo Nagel non fu ammesso al funerale del suo vecchio maestro.

L'OMBRA DI ROLAND BERGER. Adesso, comunque, i rapporti tra presidente e amministratore sono tornati molto difficili. A gettare sale sulle ferite ci sta pensano la Banca d'Italia. L'istituto di via Nazionale manda infatti chiari messaggi di disappunto per come è stata gestita l'operazione FondiariaSai-Unipol e cerca un capro espiatorio.

Che cosa accadrà? Difficile dirlo. E' però probabile che i contrasti (in stile Impregilo: leggi Salini-Gavio) tra il "vecchio" Pagliaro e il "nuovo" Nagel conoscano un'escalation. Fino a un clamoroso divorzio.

Ma chi lascerà piazzetta Cuccia? Il nome più gettonato è quello di Pagliaro. Anzi, Nagel starebbe già lavorando a un possibile sostituto e in prima linea ci sarebbe il superconsulente tedesco Roland Berger, vice presidente del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera.
La partita però è molto più complessa di quanto sembri, anche perché questa volta gli azionisti di Mediobanca faranno sentire il loro peso.

 

 

LA SEDE DI MEDIOBANCA BARCLAYS ALBERTO NAGEL E SIGNORA ALBERTO NAGEL alessandro-profumoALBERTO NAGEL E RENATO PAGLIAROPIERO MARANGHI enrico cuccia02 lap

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