
L’AUTOGOL DI XI SULLE TERRE RARE – NELL’ESCALATION DELLA GUERRA COMMERCIALE CON GLI USA, LA CINA HA IMPOSTO RIGIDI CONTROLLI SULLE LICENZE DI VENDITA PER I METALLI CRUCIALI PER LO SVILUPPO TECNOLOGICO. QUESTO HA PORTATO A UN’ACCELERAZIONE DEI RIVALI DEL DRAGONE NEI PROGETTI PER SVILUPPARE RIFORNIMENTI ALTERNATIVI A QUELLI CINESI – IL PENTAGONO È DIVENTATO IL PRIMO AZIONISTA DI “MP MATERIALS”, SOCIETÀ CHE CONTROLLA L’UNICA MINIERA DI TERRE RARE DEGLI USA, A MOUNTAIN PASS, IN CALIFORNIA – GLI INVESTIMENTI DELL’EUROPA DOPO I “RICATTI” DI PECHINO…
Estratti dell’articolo di Sissi Bellomo per “Il Sole 24 Ore”
xi jinping visita il centro di trasformazione delle terre rare di ganzhou
La stretta sulle terre rare potrebbe rivelarsi un autogol per la Cina, per quanto non sufficiente a ribaltare il risultato di una partita che la vede saldamente in vantaggio sul resto del mondo.
Non sono ancora trascorsi quattro mesi da quando Pechino – nell’escalation della guerra commerciale con gli Usa – ha imposto rigidi controlli sulle licenze di vendita per un gruppo di questi metalli: una decisione drastica, che ha fatto crollare ovunque le forniture, costringendo a fermarsi alcune fabbriche nel settore dell’automotive e ponendo seri rischi all’industria della difesa.
Ma un tempo così breve è bastato per imprimere un’accelerazione ai progetti per sviluppare rifornimenti alternativi a quelli cinesi, in particolare nella filiera in cui la Repubblica popolare esercita un predominio quasi assoluto, con una quota di mercato superiore al 90%, ossia quella dei supermagneti, per cui servono impianti capaci di raffinare alcune terre rare tra le meno disponibili e le più ricercate, come neodimio e praseodimio.
L’evento più significativo, la settimana scorsa, è l’ingresso del Pentagono nel capitale di MP Materials, con una partecipazione del 15% che lo rende il primo azionista e che metterà il turbo alla crescita della società che controlla l’unica miniera di terre rare degli Stati Uniti, quella di Mountain Pass, in California, permettendole di espandersi in tutti gli anelli della catena produttiva: dall’estrazione di concentrati, alla raffinazione, fino per l’appunto ai magneti.
Anche in altre regioni del mondo ci sono progetti ambiziosi – qualcuno anche in Europa, in particolare in Francia e in Estonia – che dopo i ricatti di Pechino hanno guadagnato urgenza e che ora potrebbero ricevere un ulteriore impulso grazie all’accordo siglato da MP. E non solo perché questo potrebbe essere replicato, con altre società ed eventualmente in altri Paesi.
xi jinping e donald trump - illustrazione the economist
Un aspetto cruciale dell’intesa con MP è l’impegno del Governo Usa ad assorbire la futura produzione di ossidi di neodimio-praseodimio della società garantendole un compenso minimo di 110 dollari al chilogrammo: circa il doppio dell’attuale prezzo di mercato, che risente fortemente dell’influenza (e talvolta forse anche di manipolazioni) della Cina, quasi monopolista nella produzione e al tempo stesso primo acquirente di terre rare, con circa metà dei consumi globali.
«Questo benchmark diventa il nuovo centro di gravità nell’industria e tirerà su i prezzi», anche a vantaggio di altri produttori e non solo negli Usa, prevede Ryan Castilloux, managing director di Adamas Intelligence. […]
Tra i potenziali beneficiari del nuovo clima favorevole Castilloux cita espressamente Solvay, che sta cercando di rivitalizzare l’attività di raffinazione di terre rare nel Nord della Francia, nell’impianto di La Rochelle, fino agli anni 90 tra i maggiori al mondo (anche se i consumi di questi metalli all’epoca erano molto ridotti).
Il gruppo belga ad aprile, poco dopo la stretta cinese, si era detto pronto ad espandere il progetto – che in teoria potrebbe soddisfare il 30% del fabbisogno europeo di ossidi entro il 2030 – a patto però di avere prospettive di una sufficiente remuneratività.
Sempre in Francia c’è Caremag, che Carester sta costruendo a Lacq, in Nuova Aquitania, in partnership con investitori giapponesi che hanno elargito fondi in cambio di parte della produzione. L’avvio dell’impianto, che produrrà ossidi di terre rare dal riciclo di magneti, è previsto nel 2026 e c’è già chi immagina un “raddoppio”.
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Naturalmente saranno gli Stati Uniti i maggiori beneficiari dell’inedita strategia che l’amministrazione Trump ha adottato con MP Materials, per una volta priva dell’ingrediente dei dazi e tutt’altro che autolesionista.
Grazie al sostegno pubblico MP potrà potenziare l’impianto di raffinazione di terre rare e produzione di magneti già avviato a Fort Worth in Texas – che martedì si è aggiudicato da Apple una commessa da 500 milioni di dollari – e inoltre costruirne un secondo, in località da definire, battezzato “10X” perché con questo moltiplica per dieci l’obiettivo di capacità produttiva: da mille a 10mila tonnellate di magneti di terre rare entro il 2028.
I volumi attesi corrispondono al fabbisogno degli Usa nel 2024, anche se questo in futuro è destinato a crescere. Inoltre MP dovrà comunque acquistare parte dei concentrati da altri, perché a Mountain Pass non estrae tutte le terre rare di cui ha bisogno.
Negli Stati Uniti ci sono comunque ulteriori progetti nel settore, anche per attività estrattive. Ed è probabile che almeno una parte di questi sarà realizzata, anche se tra gli operatori inizia a circolare qualche apprensione, visto che il Governo ha scelto di puntare così tanto su un solo “cavallo”, quello di MP.
Tra quanti hanno già ricevuto finanziamenti – e spera ora di ottenere ulteriori fondi – c’è l’australiana Lynas Rare Earths, che punta a produrre ossidi a Seadrift in Texas. La società – che estrae terre rare a Mount Weld in Western Australia – è gia attiva nella raffinazione sia in patria che in Malaysia, dove a maggio è stata la prima al mondo a produrre ossidi di terre rare pesanti fuori dalla Cina: nello specifico disprosio, cui ha poi affiancato anche il terbio.
L’Australia è tra i Paesi più impegnati nel settore, sia sul fronte estrattivo che nella raffinazione: accanto a Lynas spiccano Arafura Rare Earths, Iluka Resources e Northern Minerals. Anche il Canada è in prima linea. Oltre alla già citata NPM, c’è Saskatchewan Research Council (SRC), che ha già avviato un impianto commerciale […]