LA GERMANIA ORMAI SI PERMETTE DI TUTTO IN ITALIA, ANCHE DI NON PAGARE LE TASSE - LA MULTINAZIONALE TEDESCA BOSCH HA ACCUMULATO UN DEBITO CON IL FISCO ITALIANO DI 1,4 MLD € - E L’AGENZIA DELLE ENTRATE COSA FA? TRAMITE UN‘ACCERTAMENTO PER ADESIONE’ SI ACCONTENTA DI 300 MLN € PUR DI AVERE I SOLDI TUTTI, MALEDETTI E SUBITO - PER I TEDESCHI SANZIONI AMMINISTRATIVE RIDOTTE A UN TERZO DEL MINIMO PREVISTO E SANZIONI PENALI DIMEZZATE…

Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"

È l'incontro tra due fortissimi deboli, la tedesca Bosch GmbH e l'Agenzia delle Entrate italiana, ad aver prodotto a ridosso di Natale, e sotto riserbo che entrambi i contraenti hanno cercato di mantenere per ragioni opposte, l'accordo-record di «accertamento per adesione»: 300 milioni di euro pagati dalla multinazionale teutonica al fisco italiano che ne voleva 1.400.

Trecento milioni di euro sono in assoluto una montagna di soldi, specie per chi come Bosch si è rassegnata a sborsarli: basti pensare a quanti asili o strade ci si possono fare, o al fatto che la cifra equivale da sola a un decimo di tutte le nuove tasse sulla prima casa. Ma 300 milioni possono per paradosso anche essere relativamente pochi, sin quasi al limite della «svendita» di fine stagione o del «saldo» natalizio, per chi come l'Agenzia delle Entrate all'inizio aveva presentato un ben più «salato» conto di 1 miliardo e 400 milioni di euro alla maggior produttrice mondiale di componenti per autovetture ed elettrodomestici, presente in Italia come in altri 150 Paesi.

Senza che si fosse sinora mai saputo, Agenzia delle Entrate, Bosch e Procura di Milano erano da molti mesi i vertici di un triangolo che, fra il tributario e il penale, via via assumeva dimensioni economiche degne di un robusto segmento di «manovra» finanziaria.

L'Agenzia, infatti, nel mettere sotto la propria lente l'attività di un ufficio torinese che testa i prototipi dei prodotti poi commercializzati ovunque, riteneva che Bosch non avesse pagato in Italia dal 1997 a oggi una quantità di tasse che, sommate e sanzioni e interessi, avrebbe totalizzato appunto 1 miliardo e mezzo di euro.

Bosch per un verso contestava la lettura dell'Agenzia delle Entrate, inquadrando quell'ufficio di Torino alla stregua solo di una società di consulenza, e per un altro verso rimarcava come tecnicamente non fosse comunque un problema di frode fiscale, ma una questione di interpretazione di dove dovessero essere pagate le imposte, se in Italia o Germania. E sosteneva d'aver comunque pagato il dovuto appunto in Germania, in quanto il regime di tassazione sarebbe stato omogeneo, intorno al 30%.

Per parte sua, nella Procura di Milano il dipartimento guidato da Francesco Greco aveva aperto un fascicolo sui possibili riverberi penali della vicenda, studiati dal pm Carlo Nocerino e inesistenti invece per la difesa degli avvocati Domenico Aiello, Giuseppe Bana e Fabio Cagnola.

Ma il primo segno che nessuno in partenza avesse tutta la ragione o l'intero torto sta proprio nel fatto che la Procura formalmente non avesse ancora neppure formulato un'imputazione precisa, per quanto embrionale, evidentemente non avendo ancora deciso se il grimaldello della «stabile organizzazione materiale/personale» potesse fondare una adeguata architettura giuridica.

Tuttavia anche Bosch GmbH (cioè la casa madre tedesca come soggetto giuridico, non l'italiana Bosch SpA), sul piano fiscale assistita da Antonio Tomassini, deve aver soppesato il rischio che la propria condotta, pur rivendicata corretta, potesse per alcuni aspetti prestare il fianco alla giustizia tributaria e penale, esponendola a estenuanti contenziosi.

Così è stata esplorata la possibilità di un compromesso: l'«accertamento con adesione» che permette al contribuente di evitare la lite tributaria e vedersi ridurre le sanzioni amministrative a un terzo del minimo previsto dalla legge; e sebbene non inibisca una eventuale azione penale, il pagamento costituisce una circostanza attenuante che può dimezzare le sanzioni penali e immunizza dall'applicazione delle sanzioni accessorie.

La multinazionale tedesca, che ora punta a farsi rimborsare in Germania le tasse lì pagate, ha dunque accettato prima di Natale di versare 300 milioni all'Agenzia delle Entrate, che per parte sua ha rinunciato a 1.100 dei 1.400 milioni inizialmente pretesi, preferendo incassare molto meno ma subito: un po' come già fatto ad esempio in altro ambito (gli arbitraggi fiscali 2005-2009 di molte banche) con i 270 milioni transati da Intesa San Paolo, i 260 da Monte dei Paschi di Siena, i 170 da Banca Popolare di Milano, i 99 da Unicredit (che però ha un altro versante aperto con il pool milanese non del pm Greco ma del pm Robledo) e i 53 dal Credito Emiliano.

 

 

Agenzia entratetasseBOSCHFrancesco Greco procuratore a Milano esperto in reati funzionari

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”