i ragazzi egiziani accusati di stupro a catania

“MI SENTO SCONFITTO, QUI HA PERSO UN INTERO SISTEMA” – L’AMAREZZA DEL MEDIATORE CULTURALE  CHE SI OCCUPAVA DI ALCUNI DI SETTE EGIZIANI CHE HANNO STUPRATO LA 13ENNE A CATANIA: UN RAGAZZO ERA ARRIVATO IL 10 GENNAIO. UNO SI FACEVA LE FOTO DAVANTI ALLE MACCHINE DI LUSSO, UN ALTRO PUBBLICAVA LA MUSICA DEL TRAPPER “BABY GANG” – “L’ULTIMO ARRIVATO AVEVA LA PUZZA SOTTO IL NASO. NON GLI ANDAVA BENE CHE NELLA SUA STANZA CI FOSSERO TUNISINI. DICEVA CHE ERANO SPORCHI E CHE FACEVANO PUZZA…”

1 - LA COPPIA SEGUITA E FILMATA, POI GLI ABUSI SULLA 13ENNE

Estratto dell’articolo di Lara Sirignano per il “Corriere della Sera”

 

i ragazzi egiziani accusati di stupro a catania

Qualcuno giura di avere «solo» guardato, altri raccontano di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, tutti negano di aver violentato la giovane vittima. Ai giudici che devono decidere se lasciarli in cella rispondono in sei. Resta in silenzio solo un indagato che preferisce aspettare il deposito degli atti a disposizione degli inquirenti prima di rendere dichiarazioni.

La «risposta» del gip dei minori arriva in serata: carcere per tutti e tre i giovani egiziani accusati dello stupro di gruppo di una 13enne catanese […] l giudice distrettuale, invece, depositerà probabilmente stamattina il suo provvedimento di convalida del fermo e la decisione di eventuali misure cautelari nei confronti dei quattro maggiorenni coinvolti nell’inchiesta. Anche loro egiziani.

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[…] ai sette i pm contestano la violenza sessuale di gruppo aggravata e la violenza privata nei confronti del fidanzatino della vittima.

[…]

Le parole drammatiche della vittima, ora assistita da una psicologa, sono depositate agli atti e danno il senso dell’orrore subito.

L’adolescente viene seguita dai sette mentre raggiunge i bagni pubblici, filmata insieme al fidanzato, accerchiata e poi aggredita e stuprata. «Erano sette o dieci ci davano piccole spintarelle, mi spingevano verso il bagno e io ero spaventata perché avevo tutti davanti e non potevo uscire — ha detto a verbale —. Il primo vestito di scuro aveva capelli lunghi ma non ricordo se ricci, sono entrata io e poi lui e ha chiuso la porta con il gancio. Eravamo di fronte … io terrorizzata balbettavo dicendo “basta”’». «Ho provato a spingerlo — continua — ma non ci sono riuscita perché io ero con le spalle al muro e tremavo come una bambina».

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«Non riuscivo ad urlare, gli chiedevo di smetterla, gli dicevo che mi faceva male, ma lui continuava a rimanere in silenzio», prosegue. E mentre in due la violentano, gli altri osservano la scena. «Alzando la testa mi sono accorta che dal soffitto del bagno comunicante c’erano due che ci guardavano. Allora ho trovato la forza di spingere il ragazzo e di aprire la porta correndo fuori dove c’era il mio fidanzato che urlava. Abbiamo raggiunto di corsa l’uscita principale della Villa, e all’altezza della scalinata principale, per la paura mi sono buttata a terra a piangere, gridando tantissimo». I passanti a quel punto soccorrono la coppia. I carabinieri accorrono. Gli aggressori sono ancora in zona. Verranno identificati e, dopo le prime conferme, tutti fermati.

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2 - NEL CENTRO CHE ACCOGLIE GLI STUPRATORI DI CATANIA “CI SENTIAMO SCONFITTI MA NON DATECI OGNI COLPA”

Estratto dell’articolo di Alessandro Puglia, Salvo Palazzolo per “la Repubblica”

 

«Sono amareggiato, mi sento sconfitto, qui ha perso un intero sistema», ripete Abdelilah Mounsabi, da oltre trent’anni mediatore culturale in prima linea sul fronte delle migrazioni. «Uno di quei ragazzi arrestati lo seguivo io — sussurra — Era arrivato nella nostra comunità il 10 gennaio, gli avevo spiegato subito come avrebbe dovuto comportarsi. Ma la verità è che non basta il nostro impegno quotidiano, accompagnato da grande fatica. Ci vogliono più risorse e più mezzi per fare integrare davvero questi ragazzi».

 

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I sette giovani arrestati per lo stupro di gruppo, tutti egiziani, cinque maggiorenni e due minorenni, erano ospitati in quattro comunità di Catania e provincia.

 

Uno dei minorenni commentava le sue foto in città con la musica del trapper “Baby gang”, condannato per una sparatoria con una banda rivale. Un altro si mostrava davanti a un’auto di lusso, di chi era?

 

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Sono anche altre le domande in questa storia terribile. Com’è possibile che nelle comunità dove si insegna la legalità, e i ragazzi sembravano sempre rispettosi delle regole, sia cresciuta così velocemente una banda di stupratori pronti a sfidare un’intera città?

[…]

«Mi sento sconfitto, non abbiamo compreso», ripete Abdelilah Mounsabi, operatore della comunità Iride. «Mi sono chiesto insistentemente in questi giorni: chissà cosa pensano questi giovani di una donna».

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[…] Secondo il report del “Sistema accoglienza e integrazione”, la rete “Sai” del ministero dell’Interno, in Italia sono stati 37.947 i «posti attivi assegnati ai vari centri d’accoglienza »: sono gestiti da comuni, province, consorzi e cooperative.

 

Il peso maggiore ricade sulla Sicilia, dove al 31 dicembre sono stati assegnati 6.185 posti; segue la Campania, che gestisce spazi per 3.985 ospiti; la Puglia ne ha invece 3.704. I sette ragazzi egiziani finiti in manette facevano parte di questo circuito, per alcuni — già maggiorenni — era già scattato il trasferimento nei centri per adulti.

 

«Talvolta la convivenza è davvero difficile fra i minori migranti», dice un altro operatore, che chiede di resta re anonimo. «In una stessa realtà si trovano infatti giovani di diverse etnie e hanno spesso un atteggiamento conflittuale.

Altre volte, non sembrano bastare le attività che facciamo, a partire dai corsi di italiano: questi ragazzi sono spesso in giro per le strade delle nostre città in cerca di un momento di inserimento, che non c’è. Loro stessi si sentono chiusi dentro un ghetto».

 

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[…] Fra questi ragazzi egiziani c’era anche chi «aveva la puzza sotto al naso», dice Abdelilah Mounsabi: «Era l’ultimo arrivato, non gli andava bene che nella sua stanza ci fossero migranti tunisini. Diceva che erano sporchi e che facevano puzza. Una mentalità sconsiderata, che però va anche inserita in un disagio giovanile che è trasversale alle diverse culture». […]

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