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MIO MARITO, UNO SUGAR DADDY – NEGLI USA UNA DONNA SCOPRE CHE IL MARITO DA ANNI COMPRAVA OGGETTI DI LUSSO A GIOVANI RAGAZZE IN CAMBIO DI SESSO - "IN 20 ANNI DI MATRIMONIO NON MI SONO MAI ACCORTA DI NULLA"  - "SUL NOSTRO CONTO C’ERANO SPESE PER ALBERGHI A CINQUE STELLE E BORSE" - "QUANDO LO CHIAMAI PER AVERE SPIEGAZIONI, MI DISSE CHE ERA COLPA MIA…"

Louise Byerley per “www.huffingtonpost.com”

 

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Credevo di avere tutto: tre figli meravigliosi, un marito amministratore delegato che si prendeva cura di quei figli meravigliosi mentre io volavo in Africa per gestire una no-profit, una grande casa nella periferia ricca della Silicon Valley, una villetta sul lago per le vacanze. Ma non potevo immaginare quello che stava succedendo alle mie spalle né quanto drasticamente la mia vita sarebbe cambiata dopo aver scoperto il segreto di mio marito.

 

Il crollo della nostra relazione è cominciato circa tre anni fa. La terapia di coppia non stava dando i frutti sperati e i nostri litigi peggioravano sempre più – finché, un giorno, dopo più di vent'anni di matrimonio, mio marito mi disse che sarebbe andato via senza più fare ritorno.

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Ero devastata. Stordita. Stavo invecchiando, il mio corpo era cadente ed ero rimasta fuori dal mercato del lavoro tradizionale per più di venti anni. Inoltre, stavo combattendo contro ansia e depressione cronica e solo l'idea degli appuntamenti online mi terrorizzava. L'ultima volta che ero uscita per un appuntamento internet nemmeno esisteva. Riuscite a ricordarvi com'era la vita prima di internet? Io no di certo.

 

Raccogliere i cocci e andare avanti sembrava un'impresa impossibile, ma rannicchiarmi in posizione fetale e restarmene lì era fuori discussione.

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Io e mio marito non abbiamo mai seguito quelli che potrebbero essere considerati ruoli "tradizionali" nel nostro matrimonio. Lui cucinava, faceva il bucato e divideva con me le responsabilità legate all'educazione dei figli.

 

Ma, come una moglie d'altri tempi, io gli lasciavo gestire tutte le questioni economiche. Non conoscevo le password dei nostri conti in banca o il codice delle carte di credito. Ridicolo, lo so.

 

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Poco dopo l'abbandono di mio marito, mi resi conto che dovevo sedermi e stabilire un budget per me stessa. Ero pronta a partire da zero – non sapevo neanche quanto spendevamo di bollette al mese. Inaspettatamente – considerando quanto stavo per scoprire – mio marito mi fornì le password per il conto cointestato e i conti delle carte di credito.

 

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Dopo aver effettuato il log-in, iniziai a scorrere e notai un addebito ricorrente che non riconoscevo. Sembrava quello di un'azienda tecnologica, a non capivo perché fosse registrato sul nostro conto personale dato che tutte le spese di lavoro di mio marito erano addebitate sulla carta della società.

 

Cercai su Google l'intestazione sull'estratto conto e scoprii che era collegato a un sito chiamato seekingarrangement.com. "Che cavolo è seekingarrangement.com?" domandai ad alta voce.

 

Digitati l'indirizzo sul browser e quello che apparve sullo schermo mi gelò il sangue. Seeking Arrengement è, secondo la sezione "Chi siamo" del sito, il principale sito d'incontri per Sugar Daddy, dove più di 10 milioni di utenti instaurano relazioni vicendevolmente vantaggiose, alle loro condizioni". In poche parole, mette in contatto uomini facoltosi, o "sugar daddies", con donne, le "sugar babies", che accettano denaro o regali in cambio di compagnia e/o sesso.

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"Oddio, mio marito è un sugar daddy?" sussultai.

Una volta smaltito lo shock, abbastanza da muovere di nuovo le mani, iniziai a fare ricerche sul cosiddetto "sugar world". Lessi di studentesse del college che utilizzavano il sito per trovare uomini disposti a comprare loro vestiti costosi, regalare vacanze opulente e persino pagare loro il college.

 

Ma, un momento, pensai, abbiamo una figlia al college e stiamo sborsando bei quattrini per la retta della sua università privata. Mio marito stava pagando la retta di una perfetta sconosciuta – o di più sconosciute? Mio marito dava soldi – i nostri soldi – a quelle donne in cambio di sesso? Anche solo la remota possibilità mi dava la nausea.

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Chiusi il laptop e, ancora in pigiama, andai dritta a comprare raccoglitori per documenti, evidenziatori, risme di carta, graffette e tutti gli articoli da ufficio che pensavo potessero servirmi. Una volta tornata a casa, iniziai a passare al setaccio i nostri estratti conto alla ricerca di pagamenti sospetti.

 

Non mi staccai dal computer per le dodici ore successive. Mentre saltavano fuori pagamenti su pagamenti di stanze d'albergo e ristoranti esclusivi, mi parve di vivere la vita di qualcun altro.

 

Come avevo fatto a non accorgermi di niente? Una stanza a San Francisco la notte prima di partire per una vacanza di famiglia? Un conto di 1.500 dollari da Louis Vuitton giusto prima di Natale? Non ci avevo mai messo piede in quel negozio! Un'altra donna aveva ricevuto una di quelle borse costose per quel Natale, mentre a me era toccata... una borsa frigo!

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Gli addebiti risalivano a circa un anno prima. Entrai nel conto PayPal di mio marito (né io né lui eravamo particolarmente scaltri in queste cose, perciò lui aveva impostato la stessa password per tutto) e vi trovai i versamenti fatti a quelle donne.

 

"Goditi il tuo shopping compulsivo", aveva scritto in un messaggio. "Passa un bel weekend!", diceva ad un'altra. Ogni transazione ammontava almeno a mille dollari – e ne contai parecchie, di transazioni.

 

La mia incredulità lasciò il posto alle emozioni più svariate: rabbia, disgusto, vergogna. Telefonai a mio marito e gli dissi delle mie recenti scoperte. "Come hai potuto farlo?" domandai. "Come hai potuto portare un'altra in quell'albergo dove siamo stati insieme? E perché lo hai fatto?" Non rispose alle mie domande. Mi disse solo che era bello sentirsi apprezzato da quelle donne, sostenendo che me l'ero cercata. Poi rigirò il dito nella piaga con crudeltà, e aggiunse: "E l'ho portata lì perché è un hotel fantastico".

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Una volta finito di tracciare e registrare tutti gli addebiti legati alla sua infedeltà (erano vent'anni che non compilavo un foglio di lavoro, perciò non fu impresa facile), mi fu chiaro che non avrei mai ottenuto le risposte che volevo, di cui avevo bisogno.

 

Anzi, dopo aver consegnato tutta la documentazione ai miei avvocati, mi resi conto che dovevo darmi una scossa e fare tutto ciò che era in mio potere per riprendermi la dignità che mio marito mi aveva strappato.

 

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Da assidua praticante e insegnante di Yoga, conosco il valore dell'autoanalisi. Se esisteva un momento per "guardare dentro se stessi", come diciamo nel mondo yogico, era arrivato.

 

Compravo tutti i libri che riuscivo a scovare su come sopravvivere al divorzio, partecipavo a seminari e workshop sull'accettazione di sé, mi documentavo sui concetti di vergogna e resilienza, e iniziai a indossare un ciondolo che diceva "forza", per ricordarmi di quanto ero forte. Lentamente, ho iniziato a credere sul serio di poter sopravvivere a tutto quello, di poter riemergere dall'incubo e ritrovarmi in un posto migliore.

 

Per la prima volta in venti anni, ho preso il controllo delle mie finanze. Ho aperto conti in banca personali, comprato una casa tutta per me, imparato a gestire un budget mensile e, cosa più importante, ho creato un business plan per un nuovo lavoro.

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L'ho presentato, con successo, al preside di una scuola elementare, dove attualmente gestisco e insegno per un programma settimanale di yoga e consapevolezza a 300 studenti dalla prima alla quinta elementare. Ci sono giorni in cui questa ritrovata indipendenza mi sembra meravigliosa e altri in cui mi pare soverchiante, ma so di essere sulla strada giusta.

 

Mentre ricostruivo la mia vita, lo stesso messaggio mi si è ripresentato di continuo in ogni lettura, workshop, seduta di analisi e conversazione con gli amici più fidati: quello che aveva fatto mio marito riguardava solo lui, non aveva niente a che fare con me.

 

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Naturalmente, non dirò di non aver avuto nessun ruolo nel fallimento del nostro matrimonio – di sicuro ho fatto la mia parte e l'ho interpretata a dovere – ma ho capito che il mio compito era ammettere le mie responsabilità, perdonarmi, imparare da questa esperienza e andare avanti. Non ho spinto mio marito a tradirmi. È successo perché lui lo ha deciso.

 

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È passato quasi un anno dal giorno devastante in cui mi resi conto che la mia vita non era quella che pensavo. Mi capita ancora di arrabbiarmi e rattristarmi, ancora verso più lacrime di quante sia disposta ad ammettere. Ma ogni giorno mi sveglio e vado a lavoro, aggiusto un rubinetto che perde nella mia nuova casa o appendo un quadro dove mi pare, e capisco che starò bene.

 

Come il fiore di loto che mi sono tatuata sull'avambraccio poco dopo la separazione da mio marito, tocca a tutti noi strisciare nel fango perché ci venga dischiusa la bellezza della vita. Anche se in alcuni giorni non ci credo mi ripeto che sono abbastanza, che ho un futuro luminoso davanti a me e che quel futuro non è stato scalfito da mio marito e dalle scelte che ha fatto.

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