tim cook

TIM COOK, OSPITE DELL’OSSERVATORIO GIOVANI EDITORIA, INCONTRA GLI STUDENTI E SVELA: “QUANDO STEVE JOBS MI HA DETTO CHE VOLEVA DIVENTASSI CEO MANCAVANO 6 SETTIMANE ALLA SUA FINE. MI HA RACCONTATO COSA SUCCESSE ALLA MORTE DI WALT DISNEY: ALLA SUA SCOMPARSA CHI DOVEVA DECIDERE PASSAVA IL TEMPO A CHIEDERSI COSA AVREBBE FATTO WALT, E L’AZIENDA RIMASE PARALIZZATA. COSÌ MI HA DETTO DI…”

Bruno Ruffilli per www.lastampa.it

 

TIM COOK INCONTRA GLI STUDENTI A FIRENZE

«Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e rimasi zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare».

 

DAGO E TIM COOK

Tim Cook è consapevole che la citazione a memoria dal teologo Martin Niemöller non è proprio letterale. Non ricorda il nome dell’autore, e la attribuisce, come fanno molti, a «un poeta tedesco», intentendo forse Bertolt Brecht. Fa niente, agli studenti arrivati a Firenze da tutta Italia per incontrarlo il concetto arriva egualmente: la forza di una comunità si misura dal modo in cui si prende cura dei più deboli.

 

Il Ceo di Apple lo dice chiaramente: «I ragazzi devono superare oggi problemi che io non ho dovuto affrontare, ma è importante che tutti insieme difendiamo chi non è in grado di farlo da solo. Non c’è una lezione più importante di questa oggi, e riguarda ogni aspetto della nostra vita, in tutto il mondo: dal cyberbullismo alla bigotteria, dobbiamo tutelare le diversità, nelle persone, nell’abbigliamento, nella cultura, nella religione».

DAGO E TIM COOK

 

Ospite dell’Osservatorio Giovani Editori, Cook è accolto come una rockstar, con applausi, foto e tante richieste di selfie, alle quali non si sottrae. Riservato, composto, ma non freddo, per i ragazzi è uno zio di 57 anni che fa un lavoro interessante, più che un padre noioso. Con loro stringe immediatamente un rapporto empatico, senza far nulla per sembrare o essere più giovane. Stavolta non presenta un prodotto, ma comunica una visione del mondo, quella di Apple.

 

Che poi coincide con la sua: «Non eravamo una famiglia ricca, mio padre lavorava duro per mantenerci, ma il suo lavoro non gli piaceva. Così a sedici anni avevo un obiettivo semplice: trovare un lavoro che avrei amato».

 

tim cook

Cook è il volto di Apple, e quando un paio di anni fa ha rivelato di essere gay, ha sottolineato di averlo fatto consapevole del suo ruolo: «Se sapere che il Ceo di Apple è gay può aiutare qualcuno che ha difficoltà ad accettarsi per com’è, o portare un po’ di conforto o ispirare le persone a lottare per l’eguaglianza dei diritti, sarà valsa la pena di barattare tutto questo con la mia privacy», scrisse allora.

 

Oggi ricorda la sua infanzia così: «Ho sempre pensato di essere trascurato e diverso, volevo riscattarmi. Bisogna aver fede nel fatto che esistono altre persone come noi, e che prima o poi troveremo qualcosa da fare che amiamo. Volevo essere un musicista, ho provato col trombone ma ero il peggiore al mondo. Avrei voluto essere un atleta, ma non ero abbastanza atletico».

 

LA SUCCESSIONE 

tim cook a firenze

Tim Cook guida l’azienda di Cupertino dal 24 agosto 2011, scelto da Steve Jobs come suo successore. Così è inevitabile che alcune domande degli studenti siano sul fondatore di Apple: Roberto, del Liceo Classico di Mondovì, ad esempio, chiede com’era lavorare con lui. «Quando Steve mi ha detto che voleva diventassi Ceo mancavano solo sei settimane alla sua morte, lui sarebbe stato presidente, così avrebbe lavorato un po’ meno e avrebbe pensato alla strategia e ai prodotti. Pensavo sarebbe vissuto più a lungo, ma presto ci siamo resi conto che il nostro piano non si sarebbe mai realizzato. Allora mi ha raccontato cosa era successo alla morte di Walt Disney: alla sua scomparsa chi doveva decidere passava il tempo a chiedersi cosa avrebbe fatto Walt, e l’azienda rimase paralizzata. Così mi ha detto di non pensare mai a cosa avrebbe deciso lui, ma di fare solo quello che è giusto. Mi ha tolto un peso dalle spalle, è stato il regalo migliore mai avuto in vita mia. Ho seguito il suo consiglio, decido e sbaglio tutti i giorni, ma sbagliare non vuol dire la fine, gli errori si possono rimediare, anche le crisi peggiori passano».

tim cook a firenze 2

 

Cook è ottimista e pragmatico. Quando si oppone all’idea di Trump, che vuole un’America isolata e autosufficiente, difende una visione politica, veicola un’immagine aperta e progressista di Apple, e allo stesso tempo difende il valore dei suoi prodotti. Che sono globali perché nascono da un’azienda globale: «Da noi lavorano 250 Dreamers, bambini arrivati negli Usa con i genitori e ora adulti, che non hanno ancora la cittadinanza o il permesso di soggiorno, ma lavorano, pagano le tasse e contribuiscono alla collettività, sono americani come me. Gli Stati Uniti sono stati fondati dai migranti, tutti i nostri antenati a parte i pellerossa erano immigrati, quindi oggi facciamo sentire la nostra voce perché i Dreamers possano rimanere negli Stati Uniti».

 

E a chi gli chiede cosa serve studiare per lavorare ad Apple, il Ceo risponde: «Il Mac è stato creato da musicisti, artisti, ingegneri e specialisti informatici. Perciò cercate un’università che vi spinga al di là del campo che volete studiare, è la diversità che crea i migliori prodotti e i migliori servizi. Studiate tanto, e poi mandatemi il curriculum». Risate, applausi. In un tweet più tardi, Cook definirà «brillanti» i ragazzi, ed è vero, molte sono le domande puntuali, che toccano temi anche profondi.

tim cook a firenze

 

PRIVACY E TERRORISMO 

Uno studente di Fermo parla di Snowden, ad esempio, e Cook ne approfitta per spiegare il rapporto di Apple con l’intelligence e il suo concetto di privacy: «Alcuni anni fa Edward Snowden ha pubblicato su wikileaks dei dati riservati delle agenzie di intelligence: alcuni hanno pensato che fosse illecito, ma io credo che lo abbia fatto perché voleva che certe cose fossero note. A cosa deve aver accesso chi indaga? Se avete un iPhone (e spero lo abbiate), per proteggere le vostre informazioni i dati sono criptati.

 

Ma le agenzie di intelligence vorrebbero una chiave per entrare in ogni iPhone, anzi in ogni telefono. Se esistesse davvero sarebbe una delle cose più desiderate al mondo, e prima o poi finirebbe nelle mani sbagliate. Non è questo l’approccio giusto per tutelare la sicurezza delle persone, e non parlo solo privacy, ma proprio di sicurezza, pensate che con un cellulare si può sabotare una rete elettrica, potrebbero succedere tragedie inimmaginabili.

tim cook

 

E soprattutto, anche in un mondo criptato ci sono comunque molti dati disponibili per le agenzie di intelligence: se inviate un messaggio con un’app criptata, molto probabilmente all’altra persona non arriverà criptato e chi indaga potrà leggerlo. In tasca abbiamo un cellulare, quindi una macchina fotografica: la probabilità che se succede qualcosa esistano testimonianze in video o foto è altissima, lasciamo impronte digitali ovunque, e noi vogliamo che le agenzie di intelligence capiscano l’ampiezza dei dati che sono già disponibili ora».

 

No alla backdoor, dunque, confermando la posizione di Apple nella vicenda dell’iPhone del killer di San Bernardino, ma sì alla collaborazione con enti e governi per battere il terrorismo. Che non è solo quello dell’Isis: «Considero terrorismo quello che avvenuto a Las Vegas, l’unico elemento diverso è che si tratta di terrorismo domestico. E non credo che ci siano informazioni che il governo non può svelare».

 

ceccherini tim cook nardella

Su Trump e l’attuale situazione negli Stati uniti, il Ceo di Apple ha idee molto chiare: «Abbiamo vissuto tante tragedie come quella di Las Vegas e abbiamo il cuore spezzato ogni volta che succede. Ma esprimere tristezza per chi è stato colpito non basta, dobbiamo chiederci perché succede, è una questione di onestà intellettuale. Oggi in America c’è una situazione molto polarizzata, qualsiasi cosa viene politicizzata. Sono temi molto complessi, ma esistono persone ragionevoli che possono unirsi per cambiare la situazione, e so per certo che prima o poi succederà».

 

PENSARE CON LA PROPRIA TESTA 

cairo ceccherini tim cook

Al cinema Odeon si discute di fake news, un tema su cui l’Osservatorio lavora da anni: «Sono sempre esistite, ma oggi fanno più danni, perciò bisogna imparare a ragionare con la propria testa, e ascoltare le argomentazioni di entrambe le parti». E si parla di tasse: «Come mai un iPhone in Italia costa molto più che in America?», chiede Martina, del Liceo Vittoria di Torino. Cook non si scompone: «Negli Usa le tasse variano da Stato a Stato, quindi il prezzo non comprende l’Iva. In Europa invece è inclusa, e in certi Paesi c’è anche un costo diverso per la distribuzione. Ma il motivo principale sono le differenze fiscali:noi vorremmo un prezzo unico, sarebbe tutto più semplice».

 

Rispondendo a una domanda della giornalista Maria Latella, Cook lascia intendere che Apple è disposta a discutere le attuali leggi fiscali («antiquate», le definisce). Non si scende nel dettaglio, naturalmente, e non c’è spazio né per il compenso alla Siae per la copia privata, né per i 318 milioni di euro versati da Apple alla fine di un lungo contenzioso col fisco italiano, ma altri spunti interessanti non mancano.

 

TIM COOK

«La tecnologia di per sé non è buona né cattiva. È neutra, fa quello che le chiede chi la usa», osserva ad esempio Cook. Che ha una visione positiva dell’intelligenza artificiale: «Ci aiuterà a combattere le malattie, ci lascerà più tempo per coltivare le nostre passioni. Ma il compito di aziende hi tech come la nostra è introdurre il fattore umano nell’intelligenza artificiale, perché diventi uno strumento per aumentare le nostre capacità».

 

IL FUTURO E LA RESPONSABILITÀ 

Ma il futuro più prossimo è la realtà aumentata, arrivata con l’ultimo aggiornamento del sistema operativo per iPhone e iPad: «Una tecnologia fantastica, perché permette di fondere il mondo reale col mondo digitale, non isola come la realtà virtuale, ma amplifica la nostra discussione, è capace di portarci indietro nella storia, o in un altro posto. Siamo solo agli inizi di quello che potrà succedere, la realtà aumentata cambierà l’istruzione, gli affari, il giornalismo, la sanità. È come quando abbiamo lanciato l’app store nel 2008: allora era considerata una cosa inutile, oggi potete immaginare la vita senza app?».

 

andrea ceccherini tim cook

Dalle app è nata un’economia, e con le app migliaia di persone si sono inventate un lavoro, hanno cambiato la loro vita e quella degli altri. Una mutazione in cui Apple è stata ed è in primo piano, e anche per questo Cook oggi si trova in una posizione che gli dà un grande potere ma anche una grande responsabilità.

 

«Il potere - spiega rispondendo a un’altra domanda - è la capacità di influenzare altre persone. Tutti abbiamo il nostro potere, e ognuno di noi può muovere una piccola onda nello stagno. Possiamo scegliere se fare del bene per aiutare gli altri o fare qualcosa solo per noi stessi. Con i prodotti Apple vogliamo dare alle persone degli strumenti con cui realizzare grandi cose, e sappiamo anche di dover dare l’esempio quando si tratta di energia rinnovabile, istruzione, privacy dei clienti. E crediamo che ogni generazione abbia la responsabilità di allargare la definizione di diritti dell’uomo e ci adoperiamo perché questo succeda. Vogliamo che tutti siano trattati con dignità e rispetto, perché solo così il mondo potrà diventare migliore».

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