vittorio feltri oriana fallaci

“ORIANA FALLACI ODIAVA TUTTI. E AVEVA RAGIONE, VISTI GLI ATTACCHI CHE RICEVEVA” – VITTORIO FELTRI RACCONTA A “NOVELLA “2000” IL SUO RAPPORTO CON LA GRANDE GIORNALISTA: “AL TELEFONO PARLAVAMO SOLO DI LAVORO. ‘HAI LETTO LA CAZZATA CHE HA SCRITTO QUELLO?’, ‘E L’IDIOZIA CHE HA DETTO QUELL’ALTRO?’. CONCLUDEVA SEMPRE LA CONVERSAZIONE CON: ‘MI SON ROTTA I ‘OGLIONI, ORA ME NE VO A LETTO!’” –  “CON DUE CANCRI CHE LE DAVANO IL TORMENTO, DECISE DI TORNARE A MILANO PER SISTEMARE I CONTI CON LA RIZZOLI. LA OSPITAI NEL MIO APPARTAMENTO, DOVE FUMAVA MILIARDI DI SIGARETTE, CHE SPEGNEVA SUL DIVANO…”

Estratto dell’articolo di Fabrizio Barbuto per “Novella 2000” del 21 febbraio 2025

 

VITTORIO FELTRI E ORIANA FALLACI

C’è chi lo chiama “direttorissimo”, qualcuno “maestro”, altri semplicemente papà. Vittorio Feltri è questo: professionista del giornalismo tra i più apprezzati e uomo di famiglia. Non fa mistero di vestire entrambi i ruoli con eccentricità e non gli importa dell’assenso altrui. […]

 

Non sorprende che, in oltre 60 anni di onorata carriera, tra gli altri abbia lavorato anche con Oriana Fallaci, che deve averlo contaminato con la sua fermezza e assertività. È proprio della leggendaria scrittrice che Feltri ha accettato di parlarci, lui che, in tempi non sospetti, ne soffrì il rigore maniacale ma ne ammirò il talento. Furono amici fino alla fine, quando la scrittrice si spense per le complicanze di un tumore. Era il 2006.

 

oriana fallaci vietnam

Rai 1 ha da poco reso omaggio a Oriana Fallaci con la miniserie Miss Fallaci, che ha visto Miriam Leone vestire i panni della giornalista emblema di coraggio e capacità di superare le difficoltà. Cosa penserà Feltri di quest’opera? Lo abbiamo chiesto a lui, che ha risposto: «Non l’ho ancora vista, ma mi sono giunte recensioni di una Miriam Leone in grande spolvero, fedele al personaggio di Oriana».

 

Come vi conosceste con Oriana Fallaci?

«Al Corriere della Sera, dove io ero capo del servizio politico. Scrivendo per la testata e non fidandosi di nessuno, Oriana veniva spesso in sede per seguire l’impaginazione dei pezzi che mandava. Il suo arrivo seminava il panico. “Oddio, c’è la Fallaci”, si sentiva echeggiare. Stava lì per delle ore a revisionare virgole, punti, spazi. Setacciava le bozze, cambiava i titoli, stravolgeva i testi. Insomma, faceva un gran casino. Una perfezionista ai confini con la maniacalità».

 

Il primo contatto?

VITTORIO FELTRI E ORIANA FALLACI

«Una sera in cui eravamo in redazione, con la sua inconfondibile cadenza toscana, mi si avvicinò così: “Senti, bel giovane, non è che avresti delle sigarette, che ho finito le mie?”. Dal cassetto tirai fuori un pacchetto di Muratti e glielo regalai. Lo finì in appena un’ora e tornò a fare rifornimento. Le diedi le ultime sette sigarette che mi restavano, e replicò: “Grazie, bel giovane!”. Benché all’epoca avessi più di quarant’anni, per lei ero “bel giovane”».

 

Diventaste subito amici?

«Non esattamente. Dopo alcuni anni fui nominato direttore dell’Europeo, giornale a cui Oriana era molto affezionata, avendo mosso lì i primi passi. Voleva conoscere il nuovo capo della testata e mi diede appuntamento nella hall di un famoso albergo. “Ma sei tu, il bel giovane delle sigarette!”, esclamò. “Spero ‘he tu abbia ‘ambiato marca, perché le Muratti non mi piacciono” (ride).

 

Da quel momento, tra noi si instaurò una grande amicizia. Ci telefonavamo tre o quattro volte alla settimana. Per me, quando fondai Libero, scrisse addirittura gratis. La prima volta in cui superammo le 100mila copie fu grazie a un suo articolo».

 

 

oriana fallaci susanna agnelli new york 1975

Com’era una telefonata tra due leggende del giornalismo italiano?

«Si parlava solo di lavoro. “Hai letto la cazzata che ha scritto quello?”, “e l’idiozia che ha detto quell’altro?”. Odiava tutti. E aveva ragione, visti gli attacchi che riceveva. Concludeva sempre la conversazione con: “Mi son rotta i ‘oglioni, ora me ne vo a letto!”».

 

 

 

Mai che si lasciasse andare a qualche confidenza sulla sua vita sentimentale?

 

«Di certo ne avrà avuta una, avendomi ogni tanto parlato di un paio di amori. Non ho mai voluto approfondire, perché i dettagli piccanti non mi interessano. Sotto le lenzuola, ognuno faccia il cazzo che gli pare. Inclusa Oriana Fallaci».

 

Come furono gli anni della malattia, per lei?

oriana fallaci sandro pertini funerali panagulis 5 maggio 1976

«Molto brutti. A un certo punto, con due cancri che le davano il tormento, decise di tornare a Milano per sistemare i conti con la Rizzoli, casa editrice con la quale era sotto contratto. Mi disse: “Vittorio, non voglio andare in albergo e farmi vedere dalla gente così conciata. Mi troveresti una ‘asa?”.

 

La ospitai nel mio appartamento in piazza Duse, dove fumava miliardi di sigarette, che spegneva sul divano. Non certo per noncuranza, bensì perché la malattia le aveva annebbiato il cervello. Non era più presente a se stessa, almeno non del tutto. A un certo punto decise di tornare a Firenze: “Devo andare a morire”, disse».

 

oriana fallaci paul newman

Non vi rivedeste più?

«Mai più. Poco dopo fui ricoverato per una prostatite. A casa mia, mentre ero in ospedale, arrivò una telefonata di Oriana. A mia moglie, disse: “Sto per morire, devo assolutamente parlare con Vittorio”. Se ne andò poco dopo. Non seppi mai cosa volesse dirmi».

 

Immagino che le derivi un grande rimpianto, da quella mancata conversazione…

«Rimpianto, curiosità… La definisca come preferisce. Qualche mese dopo, al meeting di Rimini, mi invitarono a parlare di Oriana. A conclusione dell’evento mi si avvicinò Monsignor Fisichella, che seguì la Fallaci fino alla morte, per consegnarmi un sacchetto: “Questo è per lei, da Oriana”.

 

oriana fallaci new york anni 90 ph toscani

Quando lo aprii scoppiai a ridere. Dentro c’erano un bicchierino di vetro e un cucchiaino che, tornando a Firenze da Milano, Oriana prelevò da casa mia, per sciogliere le medicine durante il viaggio. Che personaggio (ride). Rimase “la Fallaci” fino alla morte e perfino oltre». [...]

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