LA CERTEZZA DI ESSERE FULVIO ABBATE - L’AUTOBIOGRAFIA DI UN BAMBINO PALERMITANO CHE SOGNA LA FRANCIA E SI RITROVA HITLER COME IMBIANCHINO

Estratto dal libro di Fulvio Abbate, "Intanto anche dicembre è passato" (Baldini & Castoldi)

Durante i giorni della nostra permanenza a Parigi, la Francia tutta era un rosario, sia pure laico e repubblicano, di incidenti automobilistici mortali. A Gemma sarebbe piaciuto, una volta lì, incontrare Albert Camus, il pensatore, lo scrittore, il drammaturgo, anche se Camus, a dire il vero, sosteneva che se vuoi essere sul serio filosofo devi scrivere romanzi. Di lui, mamma possedeva molti libri che sovente citava, da Caligula a L'Homme revolté, tutti nelle edizioni Gallimard, il marchio NRF sulla copertina sobria.

Peccato però che Camus fosse nel frattempo spirato, anche lui in un incidente automobilistico. Non vorrei adesso dire inesattezze, credo però che lo stesso Albert sostenesse che nulla è più assurdo della morte dei bambini e ancora dell'andarsene in un incidente, appunto, automobilistico. Gemma, grazie alle sue infinite capacità di fantasticare, sarebbe tuttavia stata in grado di tornare a Palermo raccontando di avere comunque incontrato Camus, di averlo visto vivo, lei si sarebbe messa a spiegare per filo e per segno perfino i dettagli della loro conversazione, dunque...

Gemma, pensandoci bene, avrebbe detto che Camus si trovava in Provenza, a Lourmarin, dove possedeva una casa caratteristica del luogo, con giardino, perfetta per i suoi bambini, i gemelli Jean e Catherine, in un paesaggio che ricordava l'Algeria. Un posto tranquillo, abbastanza simile, volendo fare un raffronto con la provincia di Palermo, a Bolognetta o Baida, avrebbe aggiunto mamma, con i villini identici a quelli cresciuti sui crinali di Carini, luogo celebre per la leggenda della sua Baronessa, e dove Gino, suo fratello, fra l'altro autore di una foto scattata a Stromboli a Ingrid Bergman mentre l'attrice svedese consola una bambina, andava a villeggiare con famiglia negli anni Sessanta.

Prodigiosa mamma, nelle bugie gigantesca, una diva, di più: un'indossatrice di menzogne meravigliose, sì, e ben più naturale di una Capucine. A quel punto, l'altro, cercando di fermarla nel crescendo avrebbe detto: «Le credo, le credo, signora».

Si racconta che tra i passeggeri dell'auto dov'era a bordo Camus vi fosse anche un cane, mai ritrovato dopo lo schianto: né morto né vivo, un cane divorato dal Nulla, un tema che interessava molto il suo collega Sartre, autore appunto di un saggio filosofico intitolato L'essere e il nulla. Anche su questo, Gemma, sarebbe stata in grado di dire molte cose, fornendo dettagli, sostenendo che se Camus fosse uscito indenne dall'incidente avrebbe scritto un saggio di risposta a quello di Sartre prendendo spunto dalla sparizione, appunto nel Nulla, del cane dei Gallimard.

Per poi passare, sempre mamma, come via di fuga, alla descrizione del cane portato in casa dal cognato Franco, uno spitz di Pomerania, sbarcato a Palermo insieme a lui dal «Rosa M.» che una volta giunto in via Cesare Abba riceverà da Totò il nome di Jean, anzi, Jean de Lattre de Tassigny, in omaggio al generale francese, poi maresciallo, che aveva rappresentato la Francia alla firma dell'armistizio dell'8 maggio 1945 a Berlino. Lo stesso di cui mio padre aveva appreso l'esistenza durante la prigionia in Algeria.

O forse si erano proprio incrociati: «Come no», raccontava mia madre, «il generale Jean de Lattre de Tassigny si è fermato a parlare con tuo padre, gli perfino chiesto cosa pensasse di Mussolini e della sua politica d'aggressione, come fai non saperlo? Svegliati, Fulvio!»

Intendiamoci, Gemma sarebbe anche stata capace di raccontare d'averlo nuovamente visto dal vivo, sempre lui Camus, a un concerto.

Chi c'era quel giorno, eh, Gemma? E lei: «Aspetta, te lo dico subito: sì, c'erano Édith Piaf, Charles Trenet, Louis Aragon, c'era André Malraux... E poi? Bourvil, l'attore...» Tutto qui, mamma? «Infatti, non ho finito, ho riconosciuto anche Jean Vilar, Jacques Prévert, Serge Reggiani, Maurice Chevalier, Michèle Morgan, Aznavour, e secondo me c'era pure... Aspetta, fra poco te lo dico». Un istante dopo, puntuale come sempre: «C'erano pure "Les Frères Jacques" con i loro baffoni e la calzamaglia nera, sì, loro, i comici, i fantasisti vocali che cantavano La belle Arabelle...»

Grazie, mamma, e Camus invece? E Gemma: lui mi ha fatto un cenno con le spalle, come a dire ora sono impossibilitato, mi attende una discussione con André Breton e Gilbert Bécaud. Dirà pure, provo sempre a immaginare, dell'arrivo improvviso di De Gaulle, il generale, reduce dall'attentato del Petit-Clamart. Di che si tratta, mamma?
«L'attentato del Petit-Clamart, cioè "l'opération Charlotte Corday", era un progetto dell'OAS, per ammazzare il generale Charles De Gaulle a Clamart il 22 agosto del 1962.»

Ho capito, mamma, ma chi è questo generale e che vuol dire OAS?
A questo punto lei sembrava che stesse per aprire il tabellone di un gioco da tavolo invisibile tutto suo, assai meglio del Monopoli, intitolato «Gemma adesso ti racconta come sono andate le cose», dove c'era modo di vedere apparire, nell'ordine: una Citroën Ds nera, un furgone Renault Estafette, la carta geografica dell'Algeria, un giornale dove c'era su scritto «Accordi di Évian», e poi, come soldatini di carta da ritagliare e incollare su un supporto rigido, alcuni giovani ufficiali che complottavano contro lo Stato: un tenente colonnello dell'armée de l'air; un tenente d'artiglieria già disertore; un ex sergente di un reggimento fanteria della Légion già ferito a Dien Bien Phu in Vietnam, nonché combattente anticomunista durante l'insurrezione di Budapest; un ex legionario ancora. Il gioco di Gemma non fu mai commercializzato.

Di quel viaggio rimarranno, accanto alle inenarrabili parole di mia madre, alcuni souvenir assolutamente parigini rastrellati per me un po' dovunque non da lei, non da papà, bensì dagli zii, Gioconda e Franco: un cilindro-posacenere del «Lido» di plastica rigida nera, una paglietta altrettanto di plastica con sopra stampato il nome di Maurice Chevalier, un simulacro di autografo dorato, accessori da veglione, da agitare sopra la testa, come si stia facendo parte tutti di un ideale musical, al momento dell'arrivo della torta, e poi ancora un portachiavi con una coda di tigre della benzina Esso, un portachiavi bonbons Deve con il volto di Saint-Exupéry, peccato però che della do- tazione non facesse infine parte l'oggetto da me più desiderato, un chepì come quello dei militari di Francia.

Con Septembre, quel joli temps, la canzone-valzer di Barbara, il sipario veniva giù con il suo orlo.
«Grazie, mamma, non ci ho capito nulla, ma ti voglio bene.»

 

LIBRO FULVIO ABBATE E INTANTO ANCHE DICEMBRE E PASSATOFULVIO ABBATE DA BAMBINOFULVIO ABBATE DA BAMBINO CON LA MADREFulvio Abbate FULVIO ABBATE FULVIO ABBATEFulvio Abbate fulvio ABbATE - Foto Fulvia nuova FULVIO ABBATE - COPYRIGHT PIZZIFULVIO ABBATE - COPYRIGHT PIZZI

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…