1. S’INGROSSA LO SCANDALO EUR CHE STA TRAVOLGENDO QUEL CHE RESTA DI ALE-DANNO 2. LA SERA ANDAVAMO DA COLA. IL FACCENDIERE DI GUARGUAGLINI: MANCINI E ALEMANNO VENNERO A CASA MIA CON CERAUDO PER PARLARE DELLA TANGENTE DA 600MILA EURO 3. IL SINDACO SMENTISCE MA CI SAREBBERO DUE TESTIMONI: LA DOMESTICA INDIANA E LA BABY SITTER POLACCA. IL VERBALE DI COLA È DEL 2009: CI SONO VOLUTI QUATTRO ANNI! 4. IL DIRIGENTE DELLE COOP ROSSE TAGLIATO FUORI DA MANCINI: “DECIDEVA LUI SUGLI APPALTI DEI TRASPORTI, FACEVA IL SINDACO. DISSE CHE NON AVREMMO PIÙ AVUTO NIENTE”

1 - LA CENA DELLA TENGENTE: COLA DICE CHE C'ERA ANCHE ALEMANNO, IL SINDACO SMENTISCE. VERRANNO SENTITI DUE TESTIMONI
Fiorenza Sarzanini per "Il Corriere della Sera"


Il consulente di Finmeccanica contro il sindaco di Roma. Lorenzo Cola contro Gianni Alemanno. Nell'inchiesta sulle tangenti che sarebbero state pagate per l'assegnazione dell'appalto sui 45 filobus della «Breda Menarini» che ha fatto finire in carcere l'ex amministratore di «Eur spa» Riccardo Mancini, il testimone chiave adesso accusa direttamente il vertice del Campidoglio. La sua verità è in un verbale secretato sul quale il pubblico ministero Paolo Ielo ha disposto accertamenti affidati ai carabinieri del Ros e agli investigatori della Guardia di Finanza L'interrogatorio risale al 22 febbraio scorso. Cola entra nei dettagli di una circostanza che aveva già accennato un anno fa.

«Nella primavera del 2009 - dichiara - ci fu una cena a casa mia con l'amministratore delegato della Breda Roberto Ceraudo, con Mancini e con Alemanno. Si discusse della tangente da 600 mila euro che doveva essere versata per chiudere l'affare». Per avvalorare il racconto, il teste cita due persone che erano presenti nell'appartamento e che potrebbero confermare l'elenco degli ospiti: la domestica indiana e la baby sitter polacca. Il sindaco ha sempre negato di aver avuto un ruolo nella designazione della ditta che si è aggiudicata la commessa e ha categoricamente escluso di essere mai stato a casa di Cola: «È una falsità».

Adesso bisognerà dunque verificare la versione delle altre L'Inchiesta Le accuse del consulente Cola «Alemanno alla cena per gli appalti» Il sindaco smentisce persone citate da Cola. E soprattutto aspettare di sapere che cosa dirà Mancini al riguardo. Il manager è certamente molto vicino ad Alemanno, «un suo uomo che a lui risponde direttamente e nei confronti del quale è in totale soggezione», ha specificato il giudice che ne ha firmato l'arresto.

Per il momento Mancini ha deciso di non rispondere alle domande del giudice. «La sua scelta - hanno spiegato i difensori Luciano Moneta Caglio e Pierpaolo Dell'Anno - è una opzione tecnico-giuridica dovuta al fatto che noi difensori non abbiamo ancora avuto copia degli atti. Valuteremo nei prossimi giorni i passi da compiere». Durante la fase istruttoria il manager aveva ammesso di aver preso So mila euro da una persone che gli era stata mandata da Cola e da Marco Iannilli, il commercialista che ha confessato di aver emesso fatture false per creare una «provvista» da un milione e duecentomila euro da destinare alla «corruzione dei pubblici ufficiali per ottenere i lavori dal Comune di Roma».

Lo stesso ha fatto l'imprenditore Edoardo D'Incà Levis, anche lui coinvolto con le sue società estere per l'accantonamento dei «fondi neri» destinati alle mazzette. Secondo Cola le dazioni servivano per garantire a Finmeccanica l'ingresso nell'assegnazione dei lavori per la Metropolitana di Roma. Sarebbe stato lo stesso Mancini a porre questa condizione. Nell'ordinanza il giudice evidenzia la pericolosità del manager indagato e in particolare de modalità violente che hanno caratterizzato la sua storia personale, eloquentemente evidenziate nel certificato penale che segnala precedenti per porto illegale di armi e ricettazione».

2 - LE TESTIMONIANZE: SUGLI APPALTI MANCINI FACEVA IL SINDACO, DECIDEVA LUI
Fulvio Fiano per "Il Corriere della sera - Roma"

L'invito a cena con tangente raccontato dall'ex superconsulente di Finmeccanica, Lorenzo Cola, chiama in causa - se l'episodio troverà conferme - Gianni Alemanno nell'inchiesta che 48 ore fa ha portato all'arresto del suo fedelissimo, Riccardo Mancini. L'ex ad di Eur spa è accusato di aver intascato una mazzetta da 500 mila euro per l'appalto dei filobus sul corridoio Laurentina-Tor Pagnotta. Tangente ricevuta - secondo la Procura - come rappresentante della giunta capitolina e commissionata a Breda MenariniBus dalla società che la controlla, Finmeccanica appunto.

Non solo Mancini avrebbe trattato la tangente, ma in una occasione l'avrebbe affiancato Alemanno in persona, su invito di Cola nella sua abitazione. Episodio raccontato dal consulente, già arrestato in altre vicende di tangenti, nel suo interrogatorio al pm Paolo Ielo, e risalente alla primavera del 2009. L'entourage di Alemanno bolla le ricostruzioni del consulente come un regolamento di conti all'interno di Finmeccanica e il sindaco respinge le richieste di dimissioni arrivate ieri da Pd, Sel, Diritti e Libertà.

«Se non c'è neanche un avviso di garanzia è difficile pensare a un passo indietro. Se questa storia influirà sulle prossime comunali? Saranno gli elettori a deciderlo», ha commentato Alemanno. L'accelerazione che ha portato all'arresto di Mancini è arrivata all'inchiesta dalle dichiarazioni di Alessandro Filabozzi. Figura minore nelle indagini, sentito nelle scorse settimane dal pm come persona informata sui fatti, il manager ai vertici del Consorzio cooperative costruzioni (che partecipava al bando per i filobus) ha dato invece conferme decisive sul fedelissimo del sindaco.

Così il manager mette a verbale l'incontro avuto con lui: «Quando andai a presentarmi al neo assessore ai lavori pubblici, Mancini era in anticamera dove discuteva con gli imprenditori dei progetti dell'amministrazione comunale». Secondo il gip Stefano Aprile, che ha accolto la richiesta di misure cautelari della Procura, ce n'è abbastanza per sostenere il rischio di reiterazione del reato e inquinamento delle prove.

«Nel settore appalti perla mobilità Mancini era a tutti gli effetti il sindaco», è la sintesi di uno degli inquirenti. Assistito dagli avvocati Pierpaolo Dell'Anno e Luciano Moneta Caglio, il manager accusato di concussione e corruzione, si è avvalso della facoltà di non rispondere nell'interrogatorio di garanzia, ieri in carcere. «La scelta è dovuta solo al fatto non abbiamo ancora avuto copia degli atti», hanno riferito i suoi legali. Già pronto il ricorso al Riesame. Al vaglio degli investigatori c'è ora la documentazione acquisita durante le perquisizioni di lunedì nella sede della Fondazione «Nuova Italia», presieduta dal sindaco.

3 - «QUANDO MANCINI MI DISSE: QUEL LAVORO NON LO AVRETE»
Dal "Corriere della Sera - Roma"


La Procura indaga le modalità con cui l'appalto sui filobus è stato assegnato alla associazione di imprese guidata dalla De Santis. Il Consorzio coop costruzioni aveva vinto il bando prima dell'insediamento della giunta Alemanno. Questo il racconto ai pm di Alessandro Filabozzi, della Ccc: «Mancini si presentò come espressione della nuova amministrazione comunale; disse che tenuto conto del nuovo orientamento di maggioranza un appalto di tale portata non poteva essere aggiudicato al Ccc, disse che se avessimo fatto ricorso al Tar ci avrebbe impedito la materiale esecuzione del lavoro e avrebbe escuso il nostro gruppo da ogni successivo lavoro sul territorio comunale. Il manager spiega poi che decise di presentare ricorso: «Dopo il deposito di tale atto, mi venne immediatamente disdetto l'appuntamento per discutere dei lavori sul prolungamento della metropolitana. Mi resi conto che Mancini avrebbe potuto portare a segno le sue minacce e quindi decisi di recedere». (f. fia.)

4 - CAPITALE CORROTTA E STAMPA DISTRATTA
Oliviero Beha per "Il Fatto Quotidiano"


L'arresto di un signore come Riccardo Mancini non ha goduto ieri sui media dell'attenzione che meritava. Con l'eccezione di pochi (questo giornale meritoriamente gli ha dedicato la prima pagina...) al caso è stata negata l'evidenza. Distrazione, sottovalutazione, "maiora premunt", la disabitudine a distinguere, la nolontà a collegare, la saturazione da scandalo, il fastidio a rimettere in discussione l'intiera casta o chissà quali altre cazzate... Un vero peccato, per una serie di motivi.

Per l'importanza nell'intreccio tra politica e affari dell'arrestato nella Capitale e non solo, per la sua contiguità (è poco, a giudicare dalle intercettazioni: chiamiamola piuttosto subordinazione integrale) con il sindaco Alemanno, per il ruolo che Mancini ha giocato nella sua campagna elettorale di cinque anni fa, un autentico "capobastone" come ce ne sono sempre meno... Lo indagavano, magari lo sapeva, eppure continuava a parlare a modo suo come stigmatizza Alemanno nelle telefonate in cui il sindaco si dice "incazzatissimo, uno vi aiuta e...", come se niente fosse, o meglio come se tutto dovesse continuare come ha funzionato a Roma, destra, sinistra e centro. Una greppia. Fin qui saremmo nel solco di prima.

E invece sta cambiando tutto nel rapporto tra la politica e il denaro. Alemanno ha un bel presentare liste civiche, senza la benedizione del Patron del centrodestra che deve aver capito qualcosa più di lui. Si pensi che recentemente il sindaco aveva aperto le braccia al Pd per "fare fronte comune contro Grillo" dopo gli esiti elettorali. Qui c'è la prima grossa novità.

L'affaire Mancini/mazzette, comunque si concluda (con l'ovvia presunzione di innocenza) per Alemanno che mi dicono "assai provato", non metterà in crisi solo il centrodestra ma appunto tutta la partitocrazia capitolina, Pd quindi compreso. Verranno ficcati nello stesso fascio dagli elettori come figure della "casta" cui dal basso, dalla strada, dalla strada virtuale si oppone il M5S, qualificato o abborracciato che sia. L'immaginario, grazie agli scandali e alla crisi travolgente, procede così.

Ma c'è almeno un secondo punto che rimarca la novità della situazione e mi fa dolere della sospetta e deprecabile "censura" o sottocensura mediatica, che suggerisce il caso-Mancini. Grillo, il M5S e i suoi milioni di elettori hanno lavorato sul tempo e senza soldi, dimostrando che si può fare politica senza per forza contemplare rischiosi e ricattatori finanziamenti.

Nessun altro lo ha fatto in Italia, né tra i partiti "castali" né tra le formazioni neonate anti-casta, cfr. Ingroia e soci dalla campagna dispendiosa e perdente. Grillo non costa e vince. Esattamente il contrario delle filiere alla Mancini, che hanno rovinato questo Paese e tengono in scacco e in stallo ancora oggi una situazione politica da paura. Se una volta valeva "cherchez la femme", oggi la pista onnicomprensiva è quella del denaro. Capitale corrotta, dunque, Nazione infetta, stampa correa ed effetto-Grillo devastante in chiave di sistema per aver separato la politica dai soldi... Come mai nessuno ne parla?

 

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