A MONTECITORIO REGNA L’”INTESA” - COME HA FATTO IL BANCO DI NAPOLI, ACQUISITO DA INTESA, LA BANCA DA CUI PROVIENE PASSERA E IL SUO VICE MARIO CIACCIA, AD AGGIUDICARSI L’APPALTO PER ESSERE LA BANCA UFFICIALE DEI DEPUTATI? - SE L’È CHIESTO RITA BERNARDINI, DEI RADICALI, CHE PERÒ NON HA TROVATO ALCUN BANDO DI GARA - LA BANCA PARTENOPEA È A MONTECITORIO DAL 1871 E NESSUNO È MAI RIUSCITA A SPODESTARLA…

1 - A MONTECITORIO REGNA L'"INTESA"
Brano tratto da "Partiti Spa" di Paolo Bracalini (ed. Ponte alle Grazie, pagg. 350, euro 14)

A margine dei Partiti Spa, c'è una vicenda che incrocia Intesa San Paolo e il finanziamento dei movimenti politici. "Il Banco di Napoli ce l'ha fatta: rimarrà la banca ufficiale dei deputati, essendosi riaggiudicato la convenzione in atto dal 1926. A conclusione di una ricerca di mercato avviata dall'amministrazione di Montecitorio nel dicembre 1995 sulle modalità e sull'esecuzione del servizio bancario interno alla Camera, il Banco di Napoli ha ottenuto il rinnovo della convenzione già in essere".

Questo scrive "L'Opinione" nel aprile del 1996 , dando notizia del rinnovo della convenzione firmata da Mauro Zampini, segretario generale della Camera, e da Federico Pepe, direttore generale del Banco di Napoli. "Il Banco di Napoli, tramite i due sportelli di Palazzo Montecitorio e di Palazzo San Macuto, continuerà quindi a fornire tutti i servizi di banca a parlamentari, dipendenti, gruppi parlamentari e giornalisti accreditati. L'istituto di credito partenopeo aveva cominciato l'attività all'interno della Camera dei Deputati dopo il 1926, quando cessò di essere istituto di emissione".

Da allora il Banco di Napoli continua a fornire i servizi bancari alla Tesoreria della Camera dei deputati, il che significa sul Banco di Napoli si appoggiano i conti correnti dei deputati - sui quali vengono accreditati ogni mese indennità, diaria e rimborsi spese a forfait - e i movimenti di milioni di euro di Montecitorio, che rimborsa i gruppi parlamentari (70 milioni l'anno) e i partiti politici (200milioni l'anno in media). Nel frattempo però (nel 2002) il Banco di Napoli è stato acquisito da Intesa San Paolo, la banca da cui proviene il ministro Corrado Passera e il suo vice alle Infrastrutture, Mario Ciaccia.

LA GARA PER L'APPALTO
Ma con quale bando di gara il Banco di Napoli si è aggiudicato questo goloso appalto? Se l'è chiesto Rita Bernardini, dei Radicali, e ha girato la domanda alla segreteria generale della Camera dei deputati, con una richiesta di accesso agli atti (datata 15 aprile 2010), in cui chiedeva di "poter accedere alla convenzione stipulata con il Banco di Napoli per la fornitura di servizi bancari all'interno e al bando di gara con cui si è aggiudicata la convenzione e le modalità del bando stesso".

La Camera ha risposto con un plico di documenti, che però non soddisfano la richiesta, e alla Bernardini è toccato riscrivere. "Egregio Segretario generale, la ringrazio per avermi fornito parte della documentazione richiesta, il plico consegnatomi contiene la lettera di accompagnamento, il promemoria sulla convenzione che ha avuto rinnovi per cinque anni aggiuntivi e la proroga al 31dicembre 2010, ma non ho trovato traccia del bando con il quale sotto la Pivetti si aggiudicò la gara. Mi sento di escludere che il banco di Napoli dal 1871 abbia ottenuto una succulenta concessione senza mai essere passati da una gara di appalto".

Insomma la Bernardini non ha trovato traccia di un bando di gara, anche se il collegio dei questori ha deliberato "una proroga al 31 dicembre del 2010 della convenzione, nonché l'esplicitamento di una procedura ad evidenza pubblica per il rinnovo della stessa". Quindi vuol dire che nel 2011 c'è stata una gara per il rinnovo della convenzione? E chi ha partecipato?

CONDIZIONI SUPER VANTAGGIOSE PER I DEPUTATI
Intanto, risulta ancora essere il Banco di Napoli il gestore dei movimenti bancari della Camera dei deputati, in base alla stessa convenzione valida per gli anni (anzi, i decenni) passati. Ma che condizioni offre poi il Banco di Napoli? "Sono supervantaggiose per i deputati - risponde la Bernardini -. Si pagano commissioni molto basse, tutti vantaggi che è molto difficile ottenga un cittadino normale".

A deputati e alla casta in generale conviene quindi tenere quella convenzione, e a Intesa anche, perché una piccola commissione su centinaia di milioni di euro in movimento, è pur sempre una bella cifra. "Ma proprio per la delicatezza del servizio dovrebbe essere una di quelle convenzioni che deve passare attraverso una gara".

Già nel 1995 si discusse di questa convenzione, e l'allora questore della Camera Balocchi (Lega nord) suggerì una procedura sotto vigilanza della Banca d'Italia per la scelta migliore. Il deputato di An Ugo Martinat parlò di "esigenze di sicurezza" di "importanza di un rapporto fiduciario" con la banca che, avendo quella convenzione, saprebbe tutto dei conti dei partiti politici. "Gestiscono il credito ai partiti - riassume la Bernardini - possono anticipare il finanziamento pubblico perché quelli sono soldi sicuri e abbondanti".

2 - "IL BANCO DI NAPOLI? TROPPO SUDISTA. ANZI NO, ADESSO È VENUTO AL NORD"
Alberto Custodero per "la Repubblica"

Dalle carte del processo di Verona emerge una vicenda sconcertante. L'istituto partenopeo era concessionario (dal 1871) degli sportelli interni al Parlamento. Con la Pivetti presidente a Montecitorio, i leghisti volevano cacciarlo. Ma invertirono rapidamente rotta quando si seppe che la Bipop stava per acquistarlo. E anche oggi...

Una banca "meridionale" (il Banco di Napoli), all'interno del Parlamento non piaceva ai leghisti che volevano cacciarla. Ma gli uomini del Carroccio cambiarono idea quando quegli sportelli bancari "meridionali" per deputati furono acquistati da un istituto bancario settentrionale, il Banco Popolare di Brescia, nel 2007 entrato nel gruppo Ubi. A rivelare questo giallo sulla mancata "espulsione" da Montecitorio del Banco di Napoli è stata l'ex presidente leghista della Camera, Irene Pivetti, in un interrogatorio reso al procuratore di Verona Guido Papalia e al sostituto Antonino Condorelli.

"Durante il mio periodo di presidenza - racconta ai pm la Pivetti - si è verificata una vicenda abbastanza sconcertante riguardante il Banco di Napoli". "Ricordo - aggiunge - che io avevo intenzione di ridiscutere la questione relativa alla concessione ad un istituto di credito dell'agenzia bancaria all'interno della Camera dei deputati, concessione che dal 1871 è stata da sempre riconosciuta al Banco di Napoli".

"Per questo motivo - dice ancora l'ex presidente della Camera - ho predisposto una gara di appalto e ricordo che dopo l'apertura delle buste il Banco di Napoli è risultato tra gli ultimi istituti partecipanti. Nonostante ciò l'istituto partenopeo ha fatto pressione su tutti i componenti l'ufficio di presidenza per ottenere la riammissione nella rosa ristretta dei primi aventi diritto a partecipare alla gara definitiva".

"Ricordo - spiega la Pivetti - che protestai duramente per questa procedura esternando le mie proteste a tutti i componenti della presidenza e primi fra tutti Balocchi". Maurizio Balocchi era il segretario amministrativo della Lega, nonché questore della Camera. "Notai allora con mia grande sorpresa - continua l'interrogatorio - che Balocchi, che in un primo tempo s'era dimostrato particolarmente ostile al Banco di Napoli, aveva cambiato opinione mostrando di voler accogliere le richieste di quella banca. Quel suo cambiamento fu decisivo per l'ammissione in gara della concessione al Banco di Napoli in quanto i voti leghisti allora erano determinanti".

Ma cos'era successo in quel periodo alla Camera? Perché il voltafaccia dei Lumbard che prima volevano far fuori dalla Camera il Banco di Napoli, e poi addirittura votarono per riammetterlo quando non aveva più i titoli per partecipare al bando?. Il finire degli anni Novanta fu un periodo di grande confusione del mondo bancario tra acquisizioni, fusioni, incorporamenti e cessione di sportelli tra un gruppo finanziario e l'altro per aggirare trust e per consolidare i mercati. Operazioni in qualche caso finite in clamorosi crac. Bipop dopo svariate traversie alla fine del Duemila sarebbe poi confluita in Unicredit, mentre il Banco di Napoli (compresa il tanto "discusso" sportello della Camera), in Intesa San Paolo.

Il retroscena di questa strana manovra politico-finanziaria tutta in casa Carroccio è svelato dalle carte giudiziarie del processo di Verona. Il motivo del cambio di rotta leghista sta con ogni probabilità nell'acquisizione dell'istituto napoletano da parte di un istituto settentrionale, per questo più gradito agli uomini di Bossi.

Il procuratore di Verona su quella operazione avviò un'indagine giudiziaria, incaricando il professor Franco Della Sega e il dottor Maurizio Grassano di "accertare il prezzo, le modalità dell'acquisizione e del pagamento". E stando alla perizia contabile disposta dalla procura, la Banca Popolare di Brescia acquistò tra il '96 e il '97 - e dunque proprio nel periodo delle manovre leghista antipartenopee a Montecitorio - le 50 filiali del Banco di Napoli.

I ct accertarono che il prezzo di acquisto fu di duecentonovanta miliardi di vecchie lire pagati dalla Bipop in due tranche, una di 247 il 28 ottobre '96, l'altra di 42 il 20 marzo '97. Alla fine della complessa operazione, l'istituto creditizio bresciano accumulò una situazione debitoria complessiva di circa mille miliardi, procurandosi le risorse necessarie all'acquisto sia tramite il ricorso al mercato interbancario, sia (per ovviare a un conseguente deficit patrimoniale), tramite l'emissione di un prestito obbligazionario Bipop per circa 250 miliardi quotato prima alla Borsa Valori lussemburghese.

E solo in un secondo tempo in quella italiana. Il procuratore veronese a tal riguardo aveva chiesto ai suoi consulenti anche di trovare "i sottoscrittori di quelle obbligazioni", individuati in "banche d'affari, istituti di credito e fondi comuni di investimento".

Il passaggio di proprietà da Napoli alla più padana Brescia, ecco spiegato il voltafaccia della Lega alla Camera. Ma c'è di più. Il maresciallo Carlo Alesci della polizia giudiziaria veronese accertò nel '98 che, una volta passato nelle mani dei banchieri settentrionali, "il Banco di Napoli aveva svolto articolate trattative con la Lega per concederle un mutuo necessario all'acquisto della sede del Carroccio a Milano in via Bellerio". Trattative che, però, osserva il maresciallo, non andarono a buon fine.

Il Banco di Napoli "bresciano" torna, anche se marginalmente, nelle "relazioni" della polizia giudiziaria relative alle indagini sull'acquisto da parte della Lega dei gazebo usati per il referendum secessionista del 1997. Ebbene, tutti quei gazebo furono pagati per circa 750 milioni di vecchie lire con assegni firmati da Balocchi ed "emessi dall'agenzia numero uno del Banco di Napoli, sportello interno a Montecitorio, dal conto corrente intestato alla Lega Nord, Italia Federale".

Il Banco di Napoli della Camera pare non avere pace. Dopo la Pivetti negli anni Novanta, ad occuparsene, nel Duemila, è il deputato radicale Rita Bernardini che da anni ha messo sotto la lente d'ingrandimento i conti della Camera. Il 29 settembre del 2009 ci fu una delibera dei Questori di Montecitorio con la quale s'è disposta la proroga della convenzione col Banco di Napoli fino al 31 dicembre 2010. Contestualmente s'è deliberato l'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento della nuova convenzione.

Anche oggi, però, pare che ci sia un giallo. Lo conferma la stessa Bernardini: "Nonostante le mie richieste di informazioni - dichiara la deputata radicale - dell'attuazione della delibera dei Questori di un anno fa non ho saputo più nulla. Né si trova nulla, sotto la voce gare pubblicche, sul sito www.camera.it". Che siano intervenuti anche questa volta misteriosi protettori del "lombardo" Banco di Napoli?

 

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