antonio di pietro elio lannutti

TUTTI CONTRO LANNUTTI - DI MAIO RASSICURA IL PD: NON SOSTERRÀ LANNUTTI COME PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE D’INCHIESTA SULLE BANCHE - IL SENATORE NON VUOLE FARE UN PASSO INDIETRO E VEDE BEPPE GRILLO CHE FORMALMENTE LO SOSTIENE, MA NON PUÒ IMPORRE IL SUO NOME SENZA SCASSARE LA MAGGIORANZA - AD ACCOMPAGNARLO C'ERA ANTONIO DI PIETRO NELLE VESTI DI SUO LEGALE CONTRO LE ACCUSE DI ANTISEMITISMO...

Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

ANTONIO DI PIETRO ELIO LANNUTTI

Luigi Di Maio è il primo a pensare quello che ancora non può dire: che Elio Lannutti non sarà mai il presidente della commissione d' inchiesta sulle banche. Non lo sarà per un semplice motivo che il capo politico del M5S lascia filtrare nella formula delle fonti anonime: «Il nome del presidente della commissione sarà frutto di un accordo di maggioranza». E siccome in maggioranza ci sono Pd, Italia Viva e Leu, tutti e tre contrari alla nomina di Lannutti, l'aritmetica della politica vuole che il senatore del M5S non siederà sullo scranno bicamerale che nella scorsa legislatura era occupato da Pier Ferdinando Casini.

 

lannutti

Decisione che era attesa per domani e che è stata prudentemente rinviata. Se dovesse spuntarla, ottenendo 21 voti necessari tra i membri della commissione, tra i quali quelli della Lega che si è detta disponibile a votarlo, vorrebbe dire mettere la parola fine alla coalizione tra M5S e centrosinistra.

 

Di Maio non vuole correre questo rischio. Ecco perché, alla luce dell'intervista rilasciata ieri alla Stampa da Lannutti, in cui il grillino chiama in causa il capo politico e annuncia che non si ritirerà dalla corsa per la presidenza, il leader è costretto a placare la rivolta degli alleati e a rassicurarli.

 

LANNUTTI E IL TWEET BUFALARO SUI SAVI DI SION

Dal suo staff confermano che non ci sarà nessuna difesa a oltranza del senatore da parte di Di Maio, pur nel rispetto dell' autonoma decisione del gruppo parlamentare, quei colleghi della commissione Finanze di Palazzo Madama che lo avevano scelto all'unanimità e che ancora ieri lo hanno difeso con una nota . Una difesa che è stata rinforzata dalle parole del ministro Stefano Patuanelli: «È il più adatto a guidare la commissione».

 

E Patuanelli è l'autore con il leghista Massimiliano Romeo della legge di riforma di Bankitalia, a cui dedica un riferimento certo non tenero: «È evidente che nella vigilanza la Banca non esercita fino in fondo la sua funzione», e questo «è costato il fallimento di molte banche». A nulla è servita la questione di inopportunità fatta emergere dai parlamentari Pd sul noto tweet antisemita che riprendeva il falso storico dei Savi di Sion.

LUIGI DI MAIO STEFANO PATUANELLI

 

Né che sia emerso che il figlio di Lannutti lavori proprio in una sede romana della Banca Popolare di Bari, l'istituto appena commissariato che ha costretto il governo a un intervento d'emergenza da un miliardo di euro. «Mi auguro che abbia la sensibilità di togliere la maggioranza da questo gigantesco imbarazzo» chiede la sottosegretaria dem Alessia Morani. «C'è evidentemente un conflitto di interessi, ci sono figure più efficaci» è il commento, tra gli altri, di Nicola Fratoianni, leader di Si.

 

BEPPE GRILLO

Lannutti si trincera dietro una reazione rabbiosa: «Mio figlio è un semplice dipendente, non c'è alcun conflitto di interessi, è macchina del fango». Lo fa all'uscita dell' Hotel Forum di Roma, dove era andato a incontrare Beppe Grillo accompagnato da Antonio Di Pietro. Da quello che si è ricostruito, il comico genovese avrebbe dato solidarietà e sostegno al senatore, specificando però di non poter fare molto, perché «deciderà la maggioranza in Parlamento». L'ex pm ed ex leader di Italia dei Valori entra invece in questa storia nel nuovo ruolo di avvocato, ma anche un po', dice, da «vecchio zio del M5S». «Mi ha chiamato lui - ci spiegava Lannutti lunedì sera - e ha detto "Elio ma perché non quereli quelli che dicono che sei antisemita?". Da giornalista non mi pareva carino querelare i colleghi. Però ora basta».

 

luigi di maio con patuanelli e d'uva

Sono trascorsi sette anni da quando Lannutti ruppe con Di Pietro con una lettera che cominciava così: «Caro Antonio, io con te ho chiuso; non condivido i tuoi attacchi al Pd, alle istituzioni e primo tra tutti al presidente Napolitano; vuoi scavalcare a destra Grillo». Era il 2012. Curioso che i destini di tutti e tre tornino a incrociarsi con un capovolgimento dei ruoli.

 

Grillo, che ha messo da parte il bazooka al vetriolo usato contro Napolitano e Pd, spinge Di Maio verso sinistra; Lannutti, diventato senatore di Grillo paga i tweet contro il filantropo ebreo Soros e le Ong con affermazioni degne di un certo sovranismo di destra. Di Pietro fa quello che gli riesce meglio: mescola il lavoro della giustizia alla politica: «Difendo l' onore di Lannutti. Piuttosto che fare al più presto questa commissione hanno paura della sua preparazione professionale».

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…