PROCESSI CHE DURANO UNA VITA (LA NOSTRA)

Nicoletta Appignani per "Lanotiziagiornale.it"

Ben 45 anni per ottenere una pensione di invalidità. Una "giustizia lumaca", che dura più della vita di un uomo, in questo caso quella di Vincenzo Carbone: uno dei tanti reduci della seconda guerra mondiale che dopo anni di sacrifici e prigionia chiedeva allo Stato un risarcimento.
Un uomo che è morto dopo quasi 20 anni dall'inizio della causa. Senza che ancora ci fosse una sentenza.

La storia
Carbone era un giovane bracciante di San Martino di Taurianova, un paese in provincia di Reggio Calabria. Un uomo, che come molti della sua epoca, ha combattuto nella seconda guerra mondiale. Nel 1941, dopo un periodo di prigionia, venne ricoverato in un ospedale militare ad Alessandria d'Egitto e fu lì che mostrò i primi segni di squilibrio: perdita della memoria, disorientamento, disturbi della percezione temporale.

Dopo essere stato internato in un campo di concentramento in Sud Africa, venne poi trasferito a Londra e ricoverato in un ospedale militare, il Western Hospital. Una lunga odissea che si concluse finalmente nel 1946, quando Carbone venne rimpatriato in Italia. Ma, al suo ritorno a casa, l'uomo è totalmente irriconoscibile: la guerra lo ha fatto impazzire.

Per anni i familiari cercano di dissimulare il suo stato e addirittura organizzano per il figlio un matrimonio con una ragazza del posto, sperando che questo possa essergli di conforto, che possa in qualche modo guarirlo. Ma Carbone non dorme più, non riesce neanche a lavorare. Vive nel terrore ed a volte è preda di attacchi di panico incontrollabili.
E così la famiglia è costretta ad affrontare la situazione. Sono gli anni Sessanta quando vengono avviate le pratiche per il riconoscimento della pensione di invalidità bellica. Ma è già tardi.

I tempi burocratici
Nel 1969 il Tribunale di Reggio Calabria ordina "l'ammissione" di Carbone in un manicomio. E a questa, in seguito alla chiusura della struttura, segue una lunga serie di ricoveri coatti in vari reparti psichiatrici.

Nel frattempo però i medici militari che visitano l'uomo, pur riconoscendolo "schizofrenico" e "affetto da nevrosi ansiosa", negano il legame tra il suo stato psicologico e i traumi della guerra. Non ci sono, infatti, documenti che attestino i suoi ricoveri in Africa e a Londra. Quei racconti potrebbero essere soltanto vaneggiamenti. Per questo la Direzione generale delle Pensioni di guerra rigetta le richieste di rimborso inoltrate della famiglia.

Così si arriva in Tribunale e alla fine, ma solo dopo anni, i figli di Carbone riescono a trovare alcuni documenti sanitari del periodo di prigionia dell'uomo. Pochi stralci delle cartelle cliniche che costituiscono la prova richiesta per accedere alla pensione di invalidità.
Ma anche qui i tempi burocratici sono troppo lenti perché Carbone possa trarne beneficio.

36 anni per una sentenza
La richiesta viene inoltrata al Tribunale nel 1968.
E la Corte dei Conti di Catanzaro emette la sentenza nel 2004. 36 anni dopo l'inizio della controversia e 19 anni dopo la morte di Vincenzo Carbone. L'amarezza, per la famiglia, è doppia: il trattamento pensionistico, infatti, non viene neanche riconosciuto. Ma Antonino Carbone, il figlio di Vincenzo, non si arrende.

Per questo, con i suoi fratelli, si rivolge allo studio dell'avvocato Claudio De Filippi, il quale deposita un ricorso alla Corte Europea di Strasburgo sia per i trattamenti disumani e degradanti a cui era stato sottoposto Vincenzo Carbone non ricevendo la pensione, sia per l'eccessiva durata del processo. Un punto, quest'ultimo, sul quale si basa anche un altro procedimento dinanzi alla Corte di Appello di Salerno.

La legge Pinto
Quello della lunghezza dei processi, è un tema che negli ultimi mesi sta facendo molto discutere a causa della riforma della legge Pinto, introdotta lo scorso giugno dal governo Monti.

Le modifiche apportate alla legge sono infatti volte a porre un freno alle richieste di risarcimento, sempre più frequenti in un paese in cui la giustizia lenta sembra ormai un difetto strutturale.
Basti pensare che il cosiddetto "debito Pinto", nel mese di ottobre 2012 ammontava ad oltre 300 milioni di euro.

"È incostituzionale - commenta il legale della famiglia Carbone - perché con la nuova riforma si chiede di concludere prima un giudizio per avere la possibilità di appellarsi. Quindi ci auguriamo che nel frattempo la Corte Europea di Strasburgo intervenga e faccia finalmente giustizia".

 

MARIO MONTI CON LE MANI ALZATE jpegtogheGIUSTIZIA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni - matteo salvini - meme by edoardo baraldi

DAGOREPORT - IL DIVORZIO TRA SALVINI E MELONI È SOLO QUESTIONE DI TEMPO: DOPO LE REGIONALI IN AUTUNNO, UNA VOLTA VARATA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, LA ZELIG DELLA GARBATELLA POTREBBE SFANCULARE LA LEGA DAL GOVERNO E COALIZZARSI SOLO CON FORZA ITALIA AL VOTO ANTICIPATO NELLA PRIMAVERA DEL 2026 – LIBERA DALLA ZAVORRA DEL CARROCCIO, MELONI SAREBBE FINALMENTE LIBERA DI AVVICINARSI AL PARTITO POPOLARE EUROPEO – DOPO TIRANA, RIDOTTA ALL'IRRILEVANZA CON I VOLENTEROSI AL TELEFONO CON TRUMP, LA DUCETTA HA CAPITO DI AVER SBAGLIATO E HA CAMBIATO COPIONE - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PERSO PERO' IL VIZIO, PER RITORNARE SULLA RIBALTA INTERNAZIONALE, DI ''STRUMENTALIZZARE'' PERFINO PAPA LEONE XIV CHE FIN DAL PRIMO GIORNO SI E' DETTO PRONTO AD OSPITARE IL NEGOZIATO TRA RUSSIA E UCRAINA (MA FINCHÉ NON PORTERÀ A CASA LA SUA "VITTORIA", PUTIN NON PUÒ FARE ALTRO CHE SABOTARE OGNI TENTATIVO DI PACE...)

giorgia meloni times musk sunak edi rama

COME AL SOLITO, I GIORNALISTI ITALIANI SI FERMANO AI TITOLI: L’ARTICOLONE DEL “TIMES” SUI LEADER INTERNAZIONALI “TUTTI PAZZI PER LA MELONI” NON È PROPRIO UNA CAREZZA SUL FACCINO DELLA SORA GIORGIA, COME CI VOGLIONO FAR CREDERE “CORRIERE”, “LIBERO” E GLI ALTRI MEGAFONI DELLA FIAMMA MAGICA. ANZI, È PIENO DI FRECCIATONE ALLA THATCHER DE’ NOANTRI, TIPO “L’UMILTÀ BEN PREPARATA” DI FRONTE AL PREMIER ALBANESE EDI RAMA. O LA CHIOSA SULL’INCONTRO CON JD VANCE: “IL FLIRT DELLA 48ENNE ERA SOLO NATURALMENTE SIMPATICO O SI È RESA CONTO CHE RIDENDO DELLE BATTUTE DEGLI UOMINI DI POTERE OTTERRÀ L'ACCORDO COMMERCIALE CHE DESIDERA?” – RICORDA I “THREESOME” E IL PACCO DI GIAMBRUNO, SMONTA LE ORIGINI PROLETARIE DELLA DUCETTA E CHIUDE CITANDO BERLUSCONI: “È UNA PERSONA CON CUI NON SI PUÒ ANDARE D'ACCORDO”. VI SEMBRANO COMPLIMENTI?

giampaolo rossi giorgia meloni silvia calandrelli felice ventura matteo salvini gianfranco zinzilli giancarlo giorgetti

C'È UN NUOVO CAPITOLO NELL'ETERNO SCAZZO MELONI-SALVINI E RIGUARDA LA RAI - NEL CDA DI DOMANI FELICE VENTURA, DIRETTORE DELLE RISORSE UMANE, SARÀ NOMINATO PRESIDENTE DI RAI PUBBLICITÀ - SULLA POLTRONA DELLA CASSAFORTE DEL SERVIZIO PUBBLICO SI È CONSUMATO L'ENNESIMO SCAZZO: L'AD, GIAMPAOLO ROSSI, VOLEVA ISSARE SILVIA CALANDRELLI (NONOSTANTE LA VICINANZA AL PD), OSTEGGIATA PERÒ DALLA LEGA CHE VOLEVA GIANFRANCO ZANZILLI - IL MINISTRO GIORGETTI HA CONVOCATO ROSSI AL MEF (AZIONISTA DELLA RAI) PER IMPORRE IL NOME, MA QUELLO, DI FRONTE AL DIKTAT, HA OPPOSTO UN "ME NE FREGO". E ALLA FINE È STATO TIRATO FUORI DAL CILINDRO IL NOME DI VENTURA...

giorgia meloni elly schlein

DAGOREPORT - LE MANOVRE DA "DOTTOR STRANAMORE" DI ELLY SCHLEIN: SFANGARLA AI REFERENDUM, VINCERE IN AUTUNNO IN TUTTE E 6 LE REGIONI CHE ANDRANNO AL VOTO, QUINDI ANDARE AL CONGRESSO ANTICIPATO DEL PD A GENNAIO 2026 PER POI FARSI INCORONARE LEADER DEL CENTROSINISTRA ALLE POLITICHE DEL 2027 (CONTE PERMETTENDO) – A FAVORE DI ELLY GIOCA IL FATTO CHE LA MINORANZA DEM E' FRANTUMATA CON BONACCINI E LO RUSSO TRATTATI DA TRADITORI DELLA CAUSA DEI RIFORMISTI E PICIERNO E GORI GIUDICATI TROPPO EX RENZIANI – NEL CENTRODESTRA GIRA GIÀ LA BATTUTA: “LUNGA VITA AD ELLY SCHLEIN”, CHE RESTA PER "LA STATISTA DELLA GARBATELLA" LA SUA MIGLIORE POLIZZA PER FARSI ALTRI 5 ANNI A PALAZZO CHIGI...

friedrich merz donald trump starmer macron meloni von der leyen jd vance

DAGOREPORT - L’INCONTRO DI GIORGIA MELONI CON VANCE E VON DER LEYEN È STATO SOLO ''ACCIDENTALE'': È STATO POSSIBILE IN VIRTU' DELL’INSEDIAMENTO DI PAPA LEONE XIV (NON È STATA LA DUCETTA A CONVOCARE I LEADER, BENSI' SANTA ROMANA CHIESA) – LA "COMPASSIONE" DI TRUMP, CHE HA COINVOLTO LAST MINUTE "COSETTA" MELONI NELLA CHIAMATA CON MACRON, STARMER E MERZ – LE FAKE NEWS DI PALAZZO CHIGI PROPALATE DALLA STAMPA E MEDIA DI DESTRA COL SUPPORTO DEL “CORRIERE DELLA SERA”:  ALL’ORIZZONTE NON C’È MAI STATO ALCUN INVIO DI TRUPPE EUROPEE AL FIANCO DI KIEV CONTRO MOSCA. SOLO DOPO LA FIRMA DI UNA TREGUA, GRAN BRETAGNA E FRANCIA SONO A FAVORE DI UN INVIO DI TRUPPE, MA UNICAMENTE AL FINE DELLA SALVAGUARDIA DEI CONFINI UCRAINI, E COL FONDAMENTALE SUPPORTO INTELLIGENCE DELLA CIA - ALTRA MINCHIATA DELLA PROPAGANDA ALLA FIAMMA: NON E' MAI ESISTITA LA VOLONTÀ DI ESCLUDERE L’ITALIA DAL GRUPPO DEI ''VOLENTEROSI''. È LA "GIORGIA DEI DUE MONDI" STESSA A ESSERSI CHIAMATA FUORI, IN PREDA ALL'AMBIZIONE SBAGLIATA DI DIVENTARE LA "PONTIERA'' TRA STATI UNITI ED EUROPA, E PER EVITARE GUAI IN CASA CON IL SUO NEMICO PIU' INTIMO, MATTEO SALVINI...

giuliano amato

AMOR CH’A NULLO AMATO – IL RITRATTONE BY PIROSO DEL DOTTOR SOTTILE: “UN TIPO COERENTE E TUTTO D’UN PEZZO, UN HOMBRE VERTICAL? O UN SUPER-VISSUTO ALLA VASCO ROSSI, ABILE A PASSARE INDENNE TRA LE TURBOLENZE DELLA PRIMA REPUBBLICA, UOMO-OMBRA DI CRAXI, MA ANCHE DELLA SECONDA?” – ALCUNI PASSAGGI STORICI DA PRECISARE: AMATO NON SI CANDIDÒ NEL 2001 A CAUSA DI ALCUNI SONDAGGI-PATACCA SVENTOLATIGLI DA VELTRONI, CHE DAVANO RUTELLI IN VANTAGGIO SU BERLUSCONI – A FERMARE LA CORSA AL QUIRINALE DEL 1999 FU MASSIMO D’ALEMA, CHE LO SCARICÒ PER IL “NEUTRO” CIAMPI  - IL MANCATO VIAGGIO AD HAMMAMET E IL RAPPORTO CON GIANNI DE GENNARO...