SILVIO ZITTISCE I SUOI: E' IL PD LO “SCUDO UMANO” - UNA CONDANNA FAREBBE ESPLODERE IL PARTITO DI EPIFANI

Ugo Magri per "La Stampa"

Berlusconi ha provato per un attimo a calarsi nei panni dei magistrati che tra 18 giorni decideranno il suo destino. E si è chiesto: se fossi al posto loro, come reagirei alla mole di recriminazioni, di minacce e di insulti che piovono dal Pdl? Per darsi una risposta, il Cavaliere non ha avuto bisogno di consultare i suoi legali.

Ha ben chiaro che tutta questa gazzarra politica e mediatica non lo aiuta. Indispettisce i giudici, laddove la sua residua chance di scamparla è affidata a un atteggiamento di particolare clemenza della Corte, che in pochi giorni dovrà soppesare le quasi 400 pagine del ricorso presentato da Coppi e da Ghedini. Insomma, Berlusconi s'è reso conto da subito che l'eccessiva solidarietà del partito in realtà lo condanna. E forse addirittura c'è chi esagera apposta nello sdegno per fare di Silvio un martire, e raccoglierne l'eredità politica...

Di qui la brusca frenata. «Grazie, grazie, mi avete tutti quanti profondamente commosso», ha ripetuto ieri infinite volte l'ex premier prima e dopo la perlustrazione della futura sede a San Lorenzo in Lucina (trasloco ai primi di settembre, come il ritorno alla vecchia insegna di Forza Italia): «Vi sono riconoscente ma io spero fino all'ultimo, sono convinto che la Cassazione mi darà ragione». Zuccherino al collegio giudicante: «Lo compongono magistrati di rango che leggeranno le carte», altro che «Banditi di Stato» come li ha qualificati il giornale di famiglia.

E comunque, quei signori in ermellino non hanno nulla in comune con le «toghe rosse» le quali, nella versione del Cavaliere, sono «un'associazione segreta di cui non si conoscono gli aderenti». Se il partito vuole mostrare i muscoli sulla giustizia, concede Silvio, fa non bene: di più. Però meglio, in questo frangente, evitare forme di protesta sconsiderate, tipo il blocco delle autostrade che pare sia stato proposto dalla Santanchè. Meglio mobilitarsi per i referendum sulla giustizia, dice espressamente Berlusconi, e allestire banchetti per dare una mano ai Radicali nella raccolte di firme.

Idem sul governo. Neanche il tempo di accomodarsi nel «parlamentino» al piano terra di palazzo Grazioli, che Berlusconi ha chiarito: Letta non si tocca. «La situazione del Paese è tale che rende necessario il sostegno. Per questo, se abbiamo delle valutazioni negative, ce le teniamo per noi». Pausa oratoria. Sguardo sui presenti. Nessuno dei cosiddetti «falchi» ha avuto il coraggio di contraddirlo.

Sollievo dei ministri, Alfano in testa, che hanno vissuto giorni di grande magone e sono usciti dall'ufficio di presidenza Pdl corroborati. L'unico accenno berlusconiano passibile di polemiche, è stato smentito da Bonaiuti quasi in tempo reale. Ma va riferito ugualmente, perché aiuta a capire: «L'accelerazione dei processi negli ultimi due mesi non può non essere legata al fatto che una parte della maggioranza non vuole un governo di pacificazione...», avrebbe detto il Cavaliere.

Mai parlato di maggioranza, è stata la precisazione. Anzi, aggiungono nel suo staff, «la maggioranza è un bersaglio di oscure manovre, esattamente quanto lo è Berlusconi. Colpiscono lui per affondare Letta. Vogliono condannare il leader del Pdl per far crollare le larghe intese...».

Sarà vero? Nessuno può dirlo. L'unica certezza è che una condanna renderebbe impossibile la convivenza Pd-Pdl. Schifani lo dice papale papale, «impossibile rimanere nel governo con chi è pronto a votare la decadenza di Berlusconi».

Qualcuno, nel gruppo dirigente Pdl, la mette in modo addirittura più drammatico: «Perfino nel caso che Berlusconi controllasse i nervi, e decidesse di tenere in vita il governo, sarebbe il Pd ad alzarsi e ad andarsene, perché non vorrebbe più nulla a che spartire con un leader marchiato dalla condanna». In un caso o nell'altro, la sentenza di fine mese farà da spartiacque.

 

FRANCO COPPI FRANCO COPPI GHEDINI NICCOLO GHEDINI GHEDINI Letta e Berlusconi SILVIO BERLUSCONI ENRICO LETTA

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