IL ‘POLLAIO’ DI WESTMINSTER SI INGINOCCHIA A NIGEL LA VOLPE - DOPO AVERLO BOLLATO COME ‘IMPRESENTABILE UBRIACONE’, CONSERVATORI E LABURISTI FANNO A GARA A SDOGANARE FARAGE - E CAMERON PENSA A UN PATTO CON L'UKIP IN VISTA DELLE ELEZIONI DELL’ANNO PROSSIMO

1. ORA LA LONDRA DEI POTENTI DEVE SORRIDERE A FARAGE
William Ward per ‘Il Giornale'

Terremoto o controrivoluzione? Per la prima volta da quasi un secolo, le elezioni nazionali in Gran Bretagna sono state vinte da un partito che non fosse o i Conservatori o i Laburisti, i due dioscuri dell'establishment politico britannico che si alternano a Downing St dai tempi della pace in seguito alla Prima guerra mondiale.

A differenza degli italiani, che dall'inizio della Seconda repubblica si sono abituati a votare per nuove forze nate nell'«anti-politica», per i vari popoli britannici è una novità straordinaria costatare le elezioni europee dominate da un partito fino a poco tempo fa considerato irrilevante e assurdo, capitanato da un leader maverick, Nigel Farage, che rifiuta quasi tutte le regole - scritte e implicite - dell'augusto agone politico del Regno Unito. E per quanto si trattasse di un risultato annunciato (almeno secondo i sondaggi), da alcuni mesi l'intero apparato politico-mediatico-culturale britannico si trova in uno stato di shock dal quale non accenna ancora riprendersi.

Per la controversa opinionista Melanie Phillips (ex femminista di sinistra che ora critica le sue ex compagne e compagni dalla destra «sociale», e per questo è odiatissima nei salotti «giusti» londinesi) sul Times si trattava più di una controrivoluzione da parte di un settore del popolo che da troppo tempo si sente ignorato e persino sbeffeggiato dai grandi partiti tradizionali (compreso la terza forza centrista gli alto borghesi radical chic Lib Dems), dalla Bbc e dagli altri media.

«In seguito alla caduta del Comunismo anche nel Regno Unito c'è stato un consenso non solo intorno ai grossi temi politici e economici, ma ormai su tutti i temi politically correct - femminismo, immigrazione, diritti delle minoranze di ogni genere - che ormai è traversale: chi crede ad esempio nei valori cristiani di una volta, nel matrimonio all'antica, o nel rispetto per la cultura nazionale tradizionale si sente etichettato come razzista, omofobo, misogino o reazionario e questo non gli sta bene».

Nelle ultime settimane sia il premier di centro-destra liberal David Cameron che il leader dell'opposizione di sinistra Ed Miliband - nonché il leader Lib Dem, il vice premier Nick Clegg - hanno cercato di modificare le loro vedute social liberal, a favore dell'immigrazione, e (con qualche variazione di enfasi) di consenso con l'Unione europea, per venire incontro a quegli elettori - ormai verso il 30% - che rivogliono l'Inghilterra di una volta.

Non solo i Tories temono un'emorragia del loro bacino social-conservative e anti-immigrazione, anti-Euro verso il partito di Nigel Farage (che solo un paio di anni fa lo stesso Cameron definì con una certa spocchia «formato da pazzoidi, paranoici e gente impresentabile»), ma anche i Laburisti, di cui la componente elettorale working class della vecchia generazione non vede di buon occhio tutte le riforme politically correct volute dai loro leader borghesi radical chic. Ben conscio degli umori neri della base Very Old Labour, il leader socialista Miliband ha persino sfidato i suoi sostenitori radical chic nel sentenziare che «Farage non è un razzista», come Cameron ha detto «Farage è comunque un democratico».

Oltre questo tiepido sdoganamento, c'è chi predica persino il patto elettorale: come insiste l'eurodeputato e fine intellettuale, il Tory Daniel Hannan, «se noi tories non ci mettiamo d'accordo con l'Ukip in vista delle elezioni generali di maggio prossimo, non ci sarà mai il referendum promesso da Cameron, e saremo in mano ai laburisti per sempre». Musica per le orecchie di Nigel Farage, che sta vivendo la sua «primavera araba sul Tamigi», in attesa che gli spocchiosi liberal vadano da lui in ginocchio: persino la Bbc, che per anni non l'ha mai voluto riconoscere come politico accettabile, ormai lo invita a tutti i dibattiti politici.

2. FARAGE COSTRINGERÀ CAMERON A FARE LE PULCI A BRUXELLES
Andrea Valdambrini per ‘Il Fatto Quotidiano'


Nel Regno Unito il partito euroscettico di Nigel Farage fa il pieno arriva primo a livello nazionale, guadagnando l'11% (11 seggi) e mandando a Strasburgo 24 deputati (ne aveva 14). Su i laburisti, fermi però al 25%, male i conservatori di Cameron, che perdono 4 punti e 7 seggi arrivando solo terzi e tracollo per i liberaldemocratici di Clegg - alleati di Cameron al governo - che dimezzano i voti e perdono 10 eurodeputati su 11. John Lloyd, editorialista del Financial Times, spiega cosa accadrà ora in Gran Bretagna e anche a Bruxelles

Un terremoto politico annunciato?
Sì, almeno nel senso che i britannici si sono allontanati sempre più dall'Europa nel corso di questi ultimi anni. Al tradizionale euroscetticismo britannico si sono però si sono uniti due nuovi fattori: la crisi economica e sociale europea e la progressiva crescita di potere della Germania. Lo Uk Independence Party (Ukip) ha fatto breccia giocando su questi elementi.

È anche una vittoria personale di Farage?
Certo, il leader Ukip ha vestito efficacemente i panni dell' uomo comune: va al pub a bere birra, parla in modo chiaro e diretto, mostra di dire quello che pensa. Inoltre in questo momento sembra davvero essere in sintonia con il sentire comune degli inglesi. Ha anche giocato bene la carta di poter parlare senza nascondersi dietro il politically correct degli altri leader di partito.

Ottimo comunicatore, insomma. Ma venendo ai contenuti, si può dire che Ukip è pericoloso per la democrazia?
Ci sono al suo interno degli elementi estremi, non c'è dubbio, contenuti razzisti e opinioni estreme sull'immigrazione. Non credo però che Ukip possa essere accostato al Fronte National di Marine Le Pen o peggio ancora a Alba Dorata. Quanto al metodo, si muove nel rispetto delle regole della democrazia parlamentare. Le teste calde, pur presenti nel partito, finora sono state espulse, il che dimostra almeno come Farage e il gruppo dirigente del partito non è formato da estremisti.

Entro un anno la Gran Bretagna torna al voto. Farage vincerà di nuovo?
Alle Europee si è votato con il proporzionale, ma per le politiche il sistema elettorale è diverso, e privilegia il bipartitismo e le formazioni politiche radicate. È però vero che Ukip potrebbe diventare qualcosa di più del terzo incomodo . Anche se probabilmente prenderà pochi seggi a Westminster (attualmente non ne ha nessuno, ndr), Farage potrebbe avere la forza di proporsi come alleato in coalizione con il partito che vince. Da qui a un anno tutto può succedere, in politica è così. Ma sembra finita la fase dell'autosufficienza di un singolo partito, che ha dominato la storia politica della Gran Bretagna nel dopoguerra.

Dopo questa batosta, il governo Cameron rischia di cadere?
È in grande difficoltà. La risposta sarà quella di mostrarsi più intransigente nei confronti di Bruxelles. D'altronde deve prendere atto di come i suoi alleati, i lib-dem di Clegg, hanno perso disastrosamente anche a causa di una campagna tutta pro-Europa. Cameron potrebbe cercare un asse con Matteo Renzi - sicuramente in posizione di grande forza - e con lui provare ad aprire un dialogo con Angela Merkel su una possibile riforma dell'Unione europea: meno poteri a Bruxelles, più ai singoli Stati.

I temi di Farage, in qualche modo. Londra sembra sempre più lontana da Bruxelles.
Direi di sì. Il referendum sull' uscita nell'Unione europea è sempre più probabile.
@andreavaldambri

 

 

Nigel farageNigel Farage e la moglie Kirsten ED MILIBAND GNAM THE INDEPENDENTDAVID CAMERON INCONTRA A CASA SUA ANGELA MERKEL nick clegg palazzo di Westminster - Houses of Parliament

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