CANNES AL VENTO - DOMANI LA PREMIAZIONE AL FESTIVAL MA IL CAPOLAVORO CHE METTESSE TUTTI D’ACCORDO, NON S’E’ VISTO - PREVALGONO I DRAMMI SULLE COMMEDIE: MIGRANTI DISPERATI, FAMIGLIE DISFUNZIONALI, ELITES INCAPACI DI GESTIRE LA LORO DECADENZA E MOLTA VIOLENZA - L’UNICA POLEMICA SCATENATA DAI DUE FILM NETFLIX (LA CONTEMPORANEITA', LA VERA MINACCIA)

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bella hadid a cannes bella hadid a cannes

Alberto Mattioli per www.lastampa.it

 

Vabbé, ci siamo. Domani è la domenica delle Palme, oggi si chiude il concorso e arriva, fuori, l’attesissimo Polanski. Il totopalma impazza ma in materia le «fonti sicure» dei giornalisti, accreditati e non, sono la cameriera dell’hôtel di Pedro Almodovar che l’ha sentito canticchiare la canzone di The Beguiled, Palma sicura per la Coppola, o l’autista cui Will Smith ha detto: «Niente male Haynes», cose così. 

 

In realtà il film che mette tutti d’accordo, il capolavoro subito riconosciuto, non si è visto. I film sono stati, come sempre, belli, brutti e così così, con prevalenza forse dei così così. Pare però che le mamme francesi d’ora in poi cambieranno la minaccia per i pargoli che non vogliono finire le loro escargot. Basta uomo nero: «Se non mangi ti faccio vedere l’ultimo Ozon».

 

IL MERCATO È SEMPRE QUI

CANNES CANNES

Apparentemente, il festival non perde un colpo. La capitale del cinema mondiale è ancora qui, il suo mercato principale anche (ma gli affari non sono andati benissimo, pare), le star sono arrivate in massa e fuori dal Palais ci sono dieci tizi con un cartello implorante «une invitation» per ogni biglietto effettivamente disponibile. Anche l’invadenza delle griffe del lusso è stata metabolizzata: nessuno più si lamenta per lesa cinefilia se sulla montée des marches accanto alla Kidman debotulinizzata si vede una Bella Hadid con addosso più gioielli che vestiti. 

bella hadid cannes 2017 bella hadid cannes 2017

 

CODE E RITARDI

L’organizzazione perde qualche colpo, vero, ed è capitato che delle proiezioni iniziassero in ritardo, inaudito. Non è solo colpa degli indispensabili ma indisponenti controlli di sicurezza, ma anche del fatto che le strutture del festival sono sempre quelle, la folla che devono assorbire sempre maggiore. Prima o poi, meglio prima che poi, bisognerà porvi rimedio.

 

L’unica vera polemica l’hanno scatenata i due film targati Netflix. Reazioni dure, da Almodóvar ai talebani che hanno sistematicamente buato il logo Netflix ogni volta che compariva sullo schermo. Così, è stato deciso che dall’anno prossimo a Cannes andranno solo i film che poi escono effettivamente nelle sale e non su Internet, perché vedere un film lì è tutta un’altra cosa, il vero cinema è questo, la comunità degli spettatori poi discute eccetera eccetera (ma non è meglio che un ragazzotto guardi un film sul cellulare piuttosto che nessuno?). Un analogo luddismo culturale, appena meno virulento, ha accolto la presenza nel sancta sanctorum di due serie tivù, anatema. 

bella hadid cannes 2016 bella hadid cannes 2016

 

In realtà, il discorso potrebbe essere esteso al teatro, all’opera, alla musica, insomma allo spettacolo «alto», istituzionalizzato (e finanziato dallo Stato) che vive sempre la contemporaneità come una minaccia e mai come un’opportunità. Sarà la bolla spazio-temporale in cui viviamo da due settimane («Manchester? Che è successo?»), ma l’impressione è di stare nel villaggio di Asterix circondato da un mondo alieno, misterioso ma in ogni caso ostile. E non solo per i francesi, sempre ben decisi a vender cara la pelle della loro «eccezione culturale».

 

bella hadid cannes 2017 bella hadid cannes 2017

Quest’impressione di pessimistica chiusura si rafforza considerando i temi dei film. Non è solo questione dell’enorme prevalenza del dramma sulla commedia (a Cannes quest’anno si è riso pochissimo, e quasi vergognandosene). E’ anche che il cinema, giustamente, riflette la realtà. E qui, come sappiamo, c’è davvero poco da ridere. 

 

Lo Zeitgeist è pessimo, il mood negativo, i presagi puntualmente infausti. Dunque, tanti migranti disperati. Famiglie disfunzionali con ragazzini sbalestrati. Elites incapaci di gestire la loro ineluttabile decadenza con un minimo di decoro. Molta violenza, visibile o sottotraccia. E ieri il film del turco tedesco che racconta l’elaborazione del lutto da parte di chi ha perso i familiari in un attentato terroristico. Più tragica attualità di così, appunto, si muore. 

 

GRAND HOTEL CANNES GRAND HOTEL CANNES

Certo, compito dell’arte è porre domande, non dare risposte. Ma vie d’uscita pare davvero che non ce ne siano. Con qualche rarissima eccezione, il pessimismo della ragione non è mai stato bilanciato, o almeno alleviato, dall’ottimismo della volontà, anzi. A questo Festival scintillante è mancato qualcosa di più del capolavoro: è mancata la speranza.  

 

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