ivan zazzaroni

"SONO PRESENTUOSO, VANITOSO E NARCISO COME GRAN PARTE DI COLORO CHE FANNO QUESTO MESTIERE. MA HO ANCHE LAVORATO TANTO” - IVAN ZAZZARONI APRE LE VALVOLE DELL'EGO: "QUALCUNO HA DETTO CHE HO SAPUTO COSTRUIRE IL MIO BRAND. MOURINHO GUARDAVA 'BALLANDO' DALLA TURCHIA. VEDEVA ANCHE 'DON MATTEO'” – “IL GIORNALISMO? OGGI È FORSE PIÙ DIFFICILE TROVARE FUORICLASSE DI UN TEMPO: PIÙ CHE FORMARE GIOVANI, LA NOSTRA GENERAZIONE HA PENSATO SOPRATTUTTO A OCCUPARE POSTI E A DIFENDERLI" - "DA STUDENTE SCRISSI A ITALO CUCCI CHE NON MI RISPOSE. QUANDO LO INCONTRAI ALLO STADIO MI DISSE: 'NON TI HO MAI RISPOSTO PERCHE' PENSAVO FOSSI UN PLAYBOY"

Filippo Maria Battaglia per la Stampa - Estratti

 

ivan zazzaroni

«Sulla carta o sul sito? ». Sulla carta e sul sito. «Bene, mi raccomando: scegliete una bella foto, perché sono presuntuoso, vanitoso e narciso». Ivan Zazzaroni scrive di sport da più di quarant'anni, da oltre venti chi accende la tv lo conosce innanzitutto per le sue ospitate: Quelli che il calcio, La domenica sportiva, Pressing. E soprattutto Ballando con le stelle: da giurato, da concorrente, poi di nuovo da giurato.

 

«Presuntuoso» e «narciso», dunque.

«Come gran parte di coloro che fanno questo mestiere. Ma ho anche lavorato tanto, riciclandomi e ripartendo nei momenti difficili. Qualcuno ha detto che ho saputo costruire il mio brand. Ecco: io, però, non lo sapevo».

 

Ha definito Ballando con le stelle «una bella parentesi».Sono quasi vent'anni: tanti, per una semplice parentesi.

«Per noi giudici sono quattro ore di diretta alla settimana, da settembre a dicembre. Certo, ci sono molti confronti, ma nulla di paragonabile rispetto al lavoro di Milly Carlucci e Giancarlo De Andreis».

 

Su Google una delle ricerche più frequenti su di lei è legata proprio a Ballando: «Perché Zazzaroni sta sempre in piedi? », ci si chiede.

«Nei primi anni arrivavo da Milano a Roma: ore e ore di treno, non riuscivo a stare seduto su quegli sgabelli antipaticissimi. Poi, pian piano, è diventata una sorta di scaramanzia: ormai non riesco più a sedermi».

 

Ma è vero che anche Mourinho vi guarda?

ivan zazzaroni mourinho

«Sì. Quando era al Fenerbahçe scherzava via WhatsApp su alcuni momenti delle puntate».

 

Da Istanbul vedeva la Rai?

«Noi e Don Matteo. Evidentemente la tv turca non doveva essere il massimo».

 

È uno dei pochi giornalisti che Mou segue su Instagram.

«L'unico. Quello con José è stato il più bell'incontro della mia vita professionale. Un grande allenatore: intelligente, motivatore, e un uomo lealissimo».

 

Lei si professa anche «un allegriano della prima ora».

«Mi piacciono i vincenti. Max è un tecnico di straordinarie intuizioni. È un po' pigro, ma capisce il calcio come pochi».

 

Di Tudor invece ha detto: «Ha confermato di possedere il Dna bianconero».

«Riassume i valori della Juve. Poi un conto è averli, un altro è esprimerli sul campo: quello è più difficile, dipende molto dai giocatori».

 

Conte?

«Un fuoriclasse della didattica: Davide Astori, che lo ebbe come ct in Nazionale, mi disse: "Ho imparato più in 5 minuti con lui che in tanti anni con gli altri"».

 

Di solito Conte viene raccontato innanzitutto come motivatore.

«Sbagliano: non è solo questo. Secondo lei Sergio Leone era un grande motivatore? No, era un grande regista, che faceva crescere grandi attori».

ivan zazzaroni

 

Dal 2018 dirige il «Corriere dello Sport-Stadio»: anche quel mestiere si misura con la crescita del talento?

«Sì. Oggi, però, è forse più difficile trovare fuoriclasse di un tempo: più che formare giovani, la nostra generazione ha pensato soprattutto a occupare posti e a difenderli».

 

È un'autocritica?

«Io per tanti anni non ho diretto nulla. Quando sono tornato, però, mi sono attorniato di giovani e ne sono felice».

 

Ha detto che il rimorso più grande della sua vita professionale è stato aver pubblicato, nel 2019, la notizia del ritiro di Mihajlovic per motivi di salute il giorno prima della sua conferenza stampa.

«Decisi di non scrivere della malattia, gli feci solo gli auguri. Quel rimorso si è dissolto comunque nel giro di poco tempo, dopo il chiarimento con Sinisa e attraverso l'affetto della moglie Arianna e dei figli. Che ancora oggi si rinnova costantemente».

 

Racconta lo sport da quasi cinquant'anni. La prima intervista?

«A Sócrates, il grande centrocampista brasiliano, nell'anno in cui dal Botafogo era passato al Corinthians».

 

Che ci faceva in Brasile?

cesare cremonini ivan zazzaroni

«Dopo il liceo linguistico mi chiamarono per fare l'interprete ad un congresso in Sudamerica. Lo incontravo spesso a Ribeirão Preto, dove vivevo, in una birreria. Entrammo in confidenza, mi concesse l'intervista, ma non avevo foto né macchina fotografica, così chiesi a un mio amico – un giornalista brasiliano – di regalarmi un suo scatto con lui e Sócrates. E mandai tutto a "Stadio", il quotidiano di Bologna».

 

La pubblicarono?

«Sì, e anche la foto. La didascalia era: "Sócrates durante l'intervista". Ma c'era il mio amico, non io. Leggendolo, avranno pensato che avessi più o meno cinquant'anni».

 

Ne aveva 19. Dopo quel debutto, iniziò a scrivere su «La Gazzetta dello Sport».

«Da bolognese, però, per me il giornale sportivo era "Stadio", l'idea di andare a Milano non mi sfiorava. Mi chiamarono per occuparmi di motori ad "Autosprint", qui a Bologna, risposi: "L'unico esame dove mi hanno bocciato è alla guida". Accettai».

italo cucci ivan zazzaroni

 

Quando tornò a occuparsi di calcio?

«Poco dopo, grazie a Italo Cucci: un mito. Da studente gli avevo scritto una lettera, quando lo incrociai allo stadio Dall'Ara mi disse: "Non ti ho mai risposto perché pensavo fossi un playboy". Ero sempre in giacca e cravatta».

 

«Non lo sappiamo nemmeno noi: siamo disorientati, ci hanno tolto l'esclusiva del racconto. Adesso lo fanno tutti, anche chi non ha capacità e preparazione. Coi social c'è una concorrenza sleale, la tecnologia ha ucciso i media. L'obiettivo è reinventarsi, il problema è come».

 

Come?

«Non mi riguarda. Ho lavorato tanto e ho rinunciato a molto, forse a troppo, ma mi sono talmente divertito in questi 45 anni che ringrazio il cielo tutti i giorni».

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