TOTTI CHI? SLIDING DOORS GIALLOROSSO - LA STORIA DI 3 ‘QUASI CAMPIONI’ IN UN DOCU-FILM SEMI-CLANDESTINO - USCITO 2 ANNI FA, HA VINTO DIVERSI PREMI, PIACE ANCHE ALL’ESTERO, MA NON E’ ANCORA ARRIVATO IN SALA

1.‘ZERO A ZERO' - OFFICIAL TRAILER
Da ‘youtube.com'


2. SLIDING DOORS GIALLOROSSO
Francesco Persili per ‘Dagospia'

Chi ha sbagliato? Daniele giocava con Totti, solo che il numero 10 lo portava lui, e se lo ricorda ancora quel gol al torneo di Parigi «nello stadio di ‘Fuga per la Vittoria'». Marco ancora ci pensa a quelle prime partite dell'Europeo Under 16 quando Buffon era la sua riserva. Andrea non riesce a togliersi dagli occhi «le luci e il terreno perfetto» del Santiago Bernabeu la notte della partita d'addio di Butragueño.

Tre destini che si uniscono per poi spezzarsi insieme quelli di Daniele Rossi, Marco Caterini, Andrea Giulii Capponi, i tre ‘quasi campioni' della Roma che ad un passo dalla serie A sono stati sgambettati dalla vita e non hanno trovato più la loro favola. Li ritroviamo 20 anni dopo, in una notte di pioggia, vino rosso e amarcord, confusi in mezzo ad un centinaio di persone nella saletta del Piccolo Apollo di Roma.

La loro storia è diventata un docu-film, ‘Zero a Zero', scritto e diretto da Paolo Geremei, uscito 2 anni fa e non ancora distribuito nelle sale. Una pellicola semi-clandestina in Italia ma che ha vinto diversi premi. Un racconto che rinuncia all'epica di ‘Sfide' e senza essere ‘Febbre a 90°' è piaciuto anche agli inglesi che l'hanno voluto presentare al Jewish museum di Londra.

Il calcio diventa metafora della vita, o forse è il contrario, ma che importanza ha, tanto il calcio è carogna ma la vita lo è sempre un po' di più. Scordatevi la retorica del merito. La regola aurea dello sport: basta essere bravi. Questa è la prova che, invece, no, non basta. Cosa avrebbero dovuto fare di più questi 3 ragazzi della leva calcistica del '77 che nel ‘93 avevano vinto un campionato Allievi con Totti?

I giornaloni sportivi scrivevano della «Roma dei teen-agers». Il futuro giallorosso sembrava passare dai loro piedi, e dalle loro mani. Sognavano la serie A, c'erano quasi. Poi, ad un certo punto, l'incantesimo si rompe. Marco tampona il giorno prima dell'incontro con Bruno Conti, Daniele si fa male al ginocchio, Andrea viene beccato da Mazzone in una stradina a parlare con una ragazza («Ma tu vuoi fare il viveur o il calciatore?») e da lì niente è più come prima. Sliding doors, le porte del paradiso si chiudono, il treno per la gloria riparte. Ma senza di loro.

«E mo' che faccio?», Rossi bracca i fantasmi e il buio della depressione prima di andare in Francia per farsi operare al ginocchio, Caterini, che all'epoca aveva lo stesso procuratore di Totti (Zavaglia) non riesce a spiegarsi perché gli propongano di andare a giocare a Guidonia a 300 mila lire al mese o a Tricase e inizia a inseguire un riscatto che non arriva nemmeno quando para un rigore in amichevole Paulo Sergio, ma è troppo tardi, e lui ormai gioca col Fiumicino. Capponi riparte dall'Eccellenza, campi in pozzolana, docce che non funzionano, e tutto il resto non si vede più. Il grande calcio lo dimentica, chi non si scorda di lui è Geremei che lo riconosce molti anni dopo a un semaforo dalle parti di Donna Olimpia, a Roma.

Da quell'incontro nasce l'idea di raccontare questa storia, la loro storia. «Una storia che non è romano-centrica ma universale», come spiega il regista, quando sui titoli di coda le luci si riaccendono: «Non vale solo per i calciatori ma per chiunque abbia una vocazione e arrivi ad un passo dal suo sogno. Arrivi vicino all'obiettivo, lo sfiori, poi fai altro. Vale nel calcio e in qualsiasi altro settore». La vita è fare a meno. Inutile aspettare ancora, meglio fare i conti con il passato, e trovare il coraggio di tirare una linea, come fa Capponi: «Forse dovevo arrivare fin qui».

Hai voglia a dire che «ciò che non uccide, rende più forte» quando «ti è sfuggita dalle mani la grande occasione». E fa male ogni volta ripercorrere i ‘magic moments' di quello che avrebbe potuto essere. Ognuno reagisce a modo suo. A Marco Caterini ribolle dentro la rabbia di chi stava davanti a Storari e Buffon e, poi, finish. Ma perché? Chi ha sbagliato? La sfiga, i procuratori, qualche giro strano. «Si fanno delle scelte», già, come dice Bruno Conti, attuale responsabile del settore giovanile giallorosso. Ma la seconda possibilità non arriva più. Quando esci fuori dal calcio che conta, è finita. Senza dimenticare che il mercato non era stato ancora sconvolto dalla sentenza Bosman. «Allora non c'era neppure la speranza di un'offerta da parte di un club straniero», sospira Capponi, «una squadra inglese, magari, sarebbe stata la salvezza».

Ma tanto, si sa, tra un uomo e il suo destino non c'è mai partita di ritorno. E qui non c'è nemmeno ‘Boulevard of broken dreams' come colonna sonora, ti devi accontentare al massimo di un campaccio alla periferia del calcio per ritrovare vecchi compagni di (s)ventura e del racconto di quella volta che Caterini rivide Giulii Capponi. No, non era come l'avevano immaginata 10 anni prima, era Acilia-Pisoniano. La partita finì zero a zero, i migliori in campo, nemmeno a dirlo, sempre loro due: i numeri 1 mancati della Roma.

Chissà, magari, ha ragione Ezio Sella, ex allenatore delle giovanili della società giallorossa, oggi secondo di Malesani a Sassuolo, quando dice: «Anche se si fa parte di un collettivo, nel calcio, alla fine sei da solo». Daniele, Marco e Andrea l'hanno sperimentato sulla loro pelle. Oggi uno fa il cameriere, l'altro il geometra, il terzo lavora in un negozio e ancora rimpiange il fatto di non essere riuscito negli anni a crearsi un'alternativa.

Tutti e tre continuano a vivere di calcio e provano a spiegare ai bambini come si sta in campo. Come ci si comporta fuori. Trasmettono amore nei confronti di quello che a loro è stato negato, e a modo loro sono da esempio per i giovani calciatori. Oggi tra sponsor personali e lusinghe varie e avariate, i pischelli delle giovanili rischiano di andare presto fuori di testa. Sono tempi diversi da quelli in cui Capponi veniva cazziato per essersi fatto una lampada.

Gli errori si pagano, certo, ma per fortuna restano le emozioni, la passione, che è sempre la stessa ad ogni latitudine calcistica. A San Siro come in un torneo di calcio a 8. Ci pensa il presidente del ‘Pizza Boom', la squadra in cui giocano Caterini e Rossi, a restituire un po' del clima da spogliatoio di cui non riescono a fare a meno Marco e Daniele, che d'estate allena i ragazzini del Milan junior camp ma che i colori giallorossi ce li ha tatuati sull'anima: «Un gol al derby continuo a sognarmelo tutte le notti, nonostante tutto, resto tifoso della Roma, seppellitemi a Trigoria».

C'è ancora tempo, il regista rivela che il docu-film avrebbe dovuto chiamarsi «17 anni a giugno» e forse sarebbe stato anche meglio perché se nel calcio zero a zero è il risultato perfetto (Annibale Frossi dixit), la vita non finisce quasi mai in pareggio. E questo film può aiutare genitori, figli, allenatori e ragazzi ad aprire gli occhi. Può capitare a chiunque quello è successo a quei tre pischelli a cui a 17 anni hanno chiesto di essere subito uomini.

E loro, all'improvviso, si sono ritrovati ‘quasi campioni' con un grande futuro dietro le spalle e tutta la vita davanti per raccontare quello che avrebbe potuto essere, e, in parte, è stato. Perché lo capisci solo se ci sei passato: lo spogliatoio, l'odore di olio canforato, la partenza per una trasferta, gli allenamenti in notturna, l'Olimpico che si avvicina, il cortocircuito del destino, e la vita che non è più quella che sognavi da bambino, anche se a quel pallone nessuno, nonostante tutto, vuole rinunciare. Anche se hai scoperto che non basta essere bravi, anche se lo sgambetto del destino ti ha negato il boato dell'Olimpico. Anche se qualcuno ha sbagliato, ma che ci vuoi fare, alla fine, è andata così.

 

 

 

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