VOI PRENDETE PER I FONDELLI BORGHI, MA C’È CHI L’ORO NON LO RESTITUISCE AGLI STATI LEGITTIMI PROPRIETARI - LA FOLLE STORIA DEL VENEZUELA, CHE HA CHIESTO ‘CON URGENZA’ LA RESTITUZIONE DI 14 TONNELLATE DI LINGOTTI CUSTODITI DALLA BANK OF ENGLAND. GLI INGLESI SE NE SONO SBATTUTI: NEL CONTRATTO DI CUSTODIA C’È UNA PICCOLA CLAUSOLA. ‘LA BANCA SI RISERVA IL DIRITTO DI NON RESTITUIRLO E DI IMPEDIRNE ANCHE LA VISIONE’. L’ITALIA HA 300 TONNELLATE DI SUO ORO NEI FORZIERI INGLESI…

 

Alessandro Plateroti per www.ilsole24ore.com

 

«Bank of England, Threadneedle St, London

 

lingotti

All’attenzione del Governatore Mark Carney

 

Con la presente, il Banco Central de Venezuela, per conto del Governo della Repubblica del Venezuela, chiede la restituzione di 14 tonnellate di lingotti d'oro custoditi presso la vostra pregiata istituzione. La richiesta ha carattere d'urgenza». Era fine agosto 2018. A tre mesi di distanza, un'eternità sul mercato dell'oro, né la banca centrale di Caracas, né il dittatore venezuelano Nicolas Maduro, hanno riportato in patria un solo grammo delle 1,4 tonnellate di cui chiedevano «la riconsegna urgente». Ben sigillati nelle loro casse di legno, i 112 lingotti da 12,4 chili ciascuno resteranno a Londra finché la Bank of England non deciderà altrimenti.

 

In pratica, il 10% delle riserve auree venezuelane è sotto sequestro inglese senza alcuna ragione apparente. E senza alcuna base legale. Salvo una, davvero sorprendente: sul contratto di custodia dell’oro, la Banca d’Inghilterra ha scritto in piccoli caratteri una clausola che parla da sé: «La Bank of England si riserva il diritto di non restituire l’oro sovrano in custodia e di impedirne anche la visione».

lingotti d'oro

 

Che dire? O forse, che cosa non dire: perché se anche il Governo italiano ha davvero fretta di riportare in patria le sue 300 tonnellate d’oro prese in consegna nel dopoguerra dal governo inglese (altre 300 tonnellate sono in custodia alla Federal Reserve di New York), farebbe bene a non spedire a Londra raccomandate con «carattere d’urgenza».

 

Questo, come ha capito il Venezuela (e non solo) non è certamente il periodo migliore per mettere pressione agli inglesi, soprattutto sui depositi di oro sovrano: tra le ansie per la Brexit, la paura di un crollo dei bond e delle Borse e la miriade di incertezze valutarie e geopolitiche globali, l’oro sovrano è tornato ad occupare un ruolo chiave per Stati e mercati. Sia come riserva di valore in caso di crisi valutaria o sistemica, sia come garanzia collaterale per gli investimenti speculativi o per il bilanciamento dei rischi di portafoglio.

 

BANK OF ENGLAND

Ma su questo punto, è bene fare attenzione: la segretezza che circonda la gestione delle riserve auree straniere è talmente alta e protetta da aver creato forti sospetti su un loro utilizzo improprio per operazioni di mercato tra le due grandi banche centrali e i loro interlocutori del sistema finanziario: in sintesi, lingotti di altre nazioni verrebbero dati in prestito (a loro insaputa) a banche ed hedge fund, o cartolarizzati in Gold Certificates, dietro l’impegno delle parti a non reclamare mai la proprietà dei lingotti alla scadenza dell’operazione.

 

Tutto deve chiudersi in dollari o sterline. Una pratica chiaramente vietata, ma resa possibile proprio dal controllo esclusivo e insindacabile esercitato dai due grandi «Goldbusters» dell’oro sovrano degli altri Paesi. Sempre che qualcosa non vada storto sul mercato, o che a mandare il gioco in crisi sia un’ondata imprevista di richieste di rimpatrio di oro straniero.

 

Mark Carney gov Bank of England

È forse questa la ragione dello stop inglese al rimpatrio dell’oro venezuelano? O dietro il blocco delle riserve di Caracas c’è un’operazione di carattere politico contro un altro stato sovrano, un fatto senza precedenti per una banca centrale europea? Oppure, come molti sospettano, dietro la “stangata” ai venezuelani c’è un messaggio in codice per le altre 70 nazioni che potrebbero chiedere indietro agli inglesi il proprio tesoro nazionale? Per ora ci sono solo ipotesi, ma la paura di una sovranità limitata sull’oro sovrano è una spinta potente e pericolosa all’aumento delle richieste di rimpatrio di centinaia di tonnellate di riserve auree. Per il Venezuela e per una decina di altri Paesi che non riescono a riprendersi il proprio oro da Londra (e da New York), la sensazione è proprio quella. Ed è una brutta sensazione, non solo per loro.

 

NICOLAS MADURO

Perché oltre al tesoro di Caracas e a quello della Banca d’Italia, la Bank of England tiene sotto chiave altri 200mila lingotti d’oro sovrano di proprietà dei governi di oltre 70 nazioni: sono 1.500 quintali di metallo giallo purissimo su uno stock totale di 3.210 quintali d’oro “sepolti” ufficialmente sotto il letto del Tamigi. Per quasi un secolo, nessuno ha messo in dubbio la sicurezza delle riserve auree europee recuperate dagli alleati dopo la guerra e prese in custodia dalla Bank of England e dalla Federal Reserve. Gli stock hanno avuto negli anni fluttuazioni marcate, registrando un fortissimo esodo soprattutto nel decennio post-Lehman e della grande crisi finanziaria mondiale, ma secondo i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali di Ginevra, quasi la metà dei 1.360 miliardi di dollari delle riserve auree mondiali è ancora nelle mani dei due grandi guardiani della finanza internazionale. Ma riprendersele non è più tanto facile.

 

 

maduro da salt bae

Poco prima del blitz inglese sull’oro del Venezuela, era stata infatti la Fed di New York a bloccare inspiegabilmente il rimpatrio a Francoforte di 130 tonnellate d’oro sovrano appartenenti alla Repubblica federale tedesca: solo nel 2017, dopo oltre un anno di trattative infruttuose con i vertici della Fed, Berlino minacciò l’apertura di una crisi diplomatica e riuscì così a riprendersi l’oro.

 

Ma la Germania non è il Venezuela, e Maduro non è di certo la Merkel: per Caracas, la speranza di rientrare in possesso di quei 600 milioni di dollari in lingotti d’oro purissimo appare molto remota. Londra è irremovibile. E Maduro è isolato: nessun Paese europeo - Unione Europea compresa - ha chiesto pubblicamente spiegazioni a Londra sul merito finanziario o politico di questa vicenda. Quando c’è di mezzo la sicurezza dell’oro della “patria”, litigare con il cassiere non conviene a nessuno.

 

ORO NELLA FEDERAL RESERVE BANK DI NEW YORK

Lo sa bene il Venezuela, e lo aveva già capito prima la Germania: nel nuovo disordine globale, non è più la fiducia tra banche centrali a garantire la certezza sull’oro delle riserve nazionali. Non è un caso, del resto, se nell’arco di tre anni la corsa mondiale ai rimpatri di riserve auree abbia tolto dal controllo della Bank of England oltre 400 tonnellate d’oro massiccio: dai forzieri della Fed di New York, sono uscite addirittura quasi 7mila tonnellate di lingotti d’oro sovrano tra il 2009 e il 2017, un record di rimpatri senza precedenti nella storia.

 

A New York, dove la Fed aveva 10 anni fa in custodia fiduciaria oltre 12.500 tonnellate d’oro straniere, ne sono rimaste ora solo 5mila tonnellate. Troppe per le esigenze strategiche inglesi a americane? L’ipotesi è sul tavolo, visto che lo stop al rimpatrio dell’oro venezuelano è arrivato dopo mesi e mesi di analoghe richiesta provenienti dall’Europa centrale e dall’Asia.

Ultimi Dagoreport

gaza giorgia meloni donald trumpm benjamin netanyahu

QUANTO A LUNGO PUÒ ANDARE AVANTI IL TRASFORMISMO CHIAGNE E FOTTI DI GIORGIA MELONI DECLINATO IN SALSA ISRAELO-PALESTINESE? - L’ITALIA HA DATO IL SUO VOTO FAVOREVOLE AL RICONOSCIMENTO DI "DUE POPOLI, DUE STATI" ALL'ASSEMBLEA DELL'ONU DEL 22 SETTEMBRE - MA, FRA UNA SETTIMANA, SU INIZIATIVA DI FRANCIA E ARABIA SAUDITA, IL CONSIGLIO DELL'ONU E' CHIAMATO A VOTARE IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE: CHE FARA' LA "GIORGIA DEI DUE MONDI"? - FRANCIA, AUSTRALIA, BELGIO, CANADA, FINLANDIA, MALTA, PORTOGALLO E REGNO UNITO ENTRERANNO A FAR PARTE DEI 147 STATI DEI 193 MEMBRI DELL’ONU CHE RICONOSCONO LA PALESTINA - DIMENTICANDO PER UN MOMENTO LE STRAGI DI GAZA, LA PREMIER VOTERA' CONTRO O SI ASTERRA' PER COMPIACERE TRUMP E L’AMICO NETANYAHU? TROVERA' IL CORAGGIO DI UNIRSI AL RESTO DEL MONDO, VATICANO COMPRESO? AH, SAPERLO...

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...