patrice lumumba

UN DENTE D’ORO È TUTTO CIÒ CHE RESTA DELL’EX PREMIER DEL CONGO PATRICE LUMUMBA? - L’UOMO CHE EBBE IL CORAGGIO DI DIRE, DAVANTI AL RE DEL BELGIO, CHE IL SUO POPOLO ERA STATO SCHIACCIATO DA “UN’UMILIANTE SCHIAVITÙ”, DAI BELGI VENNE TORTURATO, UCCISO E SCIOLTO NELL’ACIDO. MA QUALCOSA DI LUI RIMASE. E OGGI TROVA SEPOLTURA

Gianluca Mercuri per corriere.it

 

 

patrice lumumba 2

«Un’umiliante schiavitù ci è stata imposta con la forza». Quando sentì pronunciare queste parole, Baldovino ebbe un sussulto. Il re dei belgi, quando era toccato parlare a lui, aveva usato tutt’altro tono. Aveva definito il suo antenato Leopoldo II «un civilizzatore». Leopoldo II non era un civilizzatore ma uno sterminatore. Tra il 1884 e il 1908 sfruttò il Congo in quanto suo dominio personale, beffardamente denominato «Stato libero del Congo». In quegli anni praticò il genocidio: milioni di congolesi schiavizzati nella produzione del caucciù, trattati brutalmente, mutilati quando non raggiungevano i quantitativi previsti. Morirono oltre dieci milioni di persone.

 

Ma il Belgio non era pronto a fare i conti col suo piccolo Hitler incoronato, e forse non lo sarà mai del tutto.

 

patrice lumumba 1

Chi era prontissimo a dire la verità, quel 30 giugno 1960, era il giovane primo ministro del Congo finalmente davvero libero, almeno in teoria.

 

Patrice Lumumba aveva 34 anni ed era stato eletto una settimana prima, negli ultimi giorni dell’amministrazione coloniale, perché dopo il 1908 il Congo era diventato una colonia belga, non più una proprietà privata del re.

 

Nel proclamare l’indipendenza aveva raccontato la vera storia di quella dominazione, interrotto più volte dagli applausi e salutato alla fine da una standing ovation.

 

patrice lumumba.

I belgi rimasero interdetti e con loro tutti gli europei, perché fino a quel giorno nessun africano aveva mai osato denunciare i crimini del colonialismo. Per questo Patrice Lumumba divenne un simbolo prima ancora di diventare uno statista, ruolo che non fece in tempo a perfezionare. Un simbolo della lotta per la libertà, della ribellione dei popoli schiavizzati dai bianchi, del terzomondismo.

 

Di tutte quelle cose, insomma, che oggi sono demodé, che nel discorso pubblico davvero imperante non si possono nemmeno menzionare perché sennò si passa per nemici dell’Occidente.

 

Lumumba fu il primo a criticare. Gli storici sono portati a pensare che quel giorno, con quelle parole, si autocondannò a morte.

 

patrice lumumba

Gliela giurarono tutti: i belgi, gli americani sospettosi dei suoi flirt con i sovietici, gli inglesi che nella storia deprecata da Lumumba vedevano la loro storia. E, certamente, altri africani, altri congolesi, perché nel momento stesso in cui finiva il colonialismo altri mali cominciavano a flagellare l’Africa, la corruzione, la lotta per accaparrarsi le risorse, il tribalismo, la tendenza all’eccidio feroce, la conflittualità endemica, l’instabilità perenne: mali seguenti al colonialismo, vai a capire quanto conseguenti o quanto da attribuire solo a quei popoli finalmente «indipendenti», loro senza più l’alibi del dominio straniero e noi senza più colpe.

 

Fatto sta che Lumumba rimase per quarant’anni il primo e unico leader democraticamente eletto del Congo; che il Belgio fomentò subito la secessione del Katanga (la regione più ricca di miniere); che Lumumba entrò subito in conflitto col presidente; che in dicembre, solo sei mesi dopo l’indipendenza, il generale golpista Mobutu lo fece arrestare; che in gennaio fu trasferito con due fedelissimi in Katanga; e che lì fu torturato e massacrato.

il dente di patrice lumumba

 

A massacrare Lumumba furono i belgi. Se il contributo del governo di Bruxelles fu tacito, furono sicuramente mani belghe a compiere lo scempio.

 

Quelle del commissario di polizia Gerard Soete e dei suoi sottoposti, come lui stesso ammise quattro decenni dopo dinanzi alla commissione parlamentare belga incaricata di fare luce sull’assassinio: «Avevamo fucilato Lumumba nel pomeriggio. Poi tornai nella notte con un altro soldato, perché le mani dei cadaveri spuntavano ancora dal terriccio. Prendemmo l’acido che si usa per le batterie delle automobili, dissotterrammo i corpi, li facemmo a pezzi con l’accetta; poi li sciogliemmo in un barile, facendo tutto di fretta, perché non ci vedesse nessuno».

 

Altre testimonianze parlano di uno spostamento del cadavere in una zona a 200 chilometri dal luogo della fucilazione, prima della riesumazione e della liquidazione. Di certo, nelle intenzioni degli assassini, di Lumumba non dovevano restare tracce. Ma ne restarono. Due dita e due denti, che Soete conservò — disse lui stesso in un documentario del 1999 — come «una specie di trofeo di caccia».

 

Aggiunse di essersene poi sbarazzato. Tranne di un pezzo. Un dente d’oro. Soete morì nel 2000 e del dente si riparlò solo nel 2016, quando la figlia ne ricordò l’esistenza durante un’intervista. C’è voluta una battaglia legale di quattro anni perché un tribunale ne disponesse la restituzione alla famiglia.

 

patrice lumumba

Nel frattempo la figlia di Lumumba, Juliana, che quando il padre fu ucciso aveva 5 anni, era stata costretta a scrivere una lettera aperta al re Filippo perché intervenisse.

 

Quel dente è l’unica cosa rimasta di Lumumba e il 20 giugno, in una cerimonia ufficiale al Palazzo di Egmont a Bruxelles, il Belgio l’ha restituito alla sua famiglia, rappresentata da Juliana.

 

 

La reliquia è stata esposta all’interno di una bara, dal 27 al 30 giugno, al Palais du Peuple, sede del Parlamento congolese.

 

Il 30 giugno, nel 62esimo anniversario della nascita della Repubblica Democratica del Congo, si terrà la cerimonia ufficiale di sepoltura di ciò che resta di Patrice Lumumba, in un mausoleo costruito per lui nella periferia orientale di Kinshasa.

 

Il Belgio, l’Occidente, noi, abbiamo fatto i conti con tutto questo? È un processo faticoso.

 

patrice lumumba

La commissione parlamentare, dopo due anni di lavoro, scrisse che all’epoca del massacro «le norme del pensiero internazionale politicamente corretto erano diverse», il che fa sobbalzare per un paio di motivi: per come ancora all’inizio di questo millennio si tendeva a ridimensionare la portata di un orrore come quello con una imbarazzata e imbarazzante contestualizzazione storica; ma anche per il riconoscimento di come il tanto deprecato «politicamente corretto» sia stato necessario, nella sua versione originaria, a ricostruire verità storiche rimosse o taciute per decenni o secoli.

 

Quanto alla matrice dell’assassinio, la commissione concluse che alcuni membri del governo belga erano «moralmente responsabili delle circostanze che portarono alla morte di Lumumba».

 

Un passo in più l’ha fatto all’inizio di giugno re Filippo, che è andato per la prima volta in Congo e ha definito il colonialismo belga «un regime caratterizzato da relazioni ineguali, di per sé ingiustificabili, segnate da paternalismo, discriminazione e razzismo», per poi aggiungere: «Qui, davanti al popolo congolese e a coloro che ancora oggi ne soffrono, desidero ribadire il mio più profondo rammarico per queste ferite del passato».

 

Un po’ poco forse.

E forse si potrebbero dire molte cose sulle lentezze e sulle reticenze dei belgi, e sulla tentazione di catalogarle come difetti cronici.

 

Ma sarebbe politicamente scorretto.

patrice lumumba patrice lumumbaPatrice Lumumba

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....